Il Premio Nobel ad Abiy e la confusione dei giornalisti italiani
di Daniel Wedi Korbaria
Il Premio Nobel sarebbe dovuto arrivare nel Corno d’Africa già quattro anni fa quando Kristian Berg Harpiken, direttore dell’Istituto di ricerca internazionale di pace di Oslo, ebbe la pessima idea di candidare Don Mussie Zerai al Premio Nobel per la Pace 2015.
Si, per quelle che si dicono le assurdità della vita, veniva candidato al Nobel per la Pace proprio un ex spacciatore di droga1 definito dai mainstream media italiani “l’angelo dei profughi” mentre finiva sotto indagine della procura di Trapani per “favoreggiamento all’immigrazione clandestina”.
Diversamente, in questi mesi, tutti noi eritrei abbiamo tifato per il Primo Ministro etiopico Abiy Ahmed Ali e vederlo oggi premiato con il Premio Nobel della Pace ci ha davvero rallegrato il cuore. Infatti i nostri auguri più sinceri e le nostre testimonianze di apprezzamento corrono nei social media, twitter in primis.
E sebbene consapevoli che non si possa applaudire con una mano sola, anche il nostro Presidente Isaias Afwerki avrebbe meritato congiuntamente ad Abiy il Premio Nobel, lo stesso sentiamo come nostra quest’onorificenza. Lo ritiene anche il Comitato per il Nobel norvegese che scrive nel suo annuncio: “La pace non deriva dalle azioni di una sola parte. Quando il primo ministro Abiy allungò la mano, il presidente Afwerki la afferrò e lo aiutò a formalizzare il processo di pace tra i due paesi.”2
Abiy ha avuto il coraggio di allungare in segno di pace la sua mano che ha incontrato quella del Presidente eritreo che l’ha stretta calorosamente. Il 20 giugno 2018, giornata della commemorazione dei Martiri Eritrei, il Presidente Isaias Afwerki nel suo discorso alla Nazione annunciò che l'Eritrea aveva accolto con favore l’iniziativa del Primo Ministro etiopico. Notizia che ci aveva commosso e colmato il cuore di gioia.
Anche il predecessore di Abiy, Desalegn Hailemariam, nel 2012 aveva tentato un approccio dichiarando ad Al Jazeera3 di voler andare ad Asmara per negoziare con Isaias Afwerki. Il suo tentativo però non andò in porto poiché il Governo eritreo sosteneva che l’Etiopia dovesse prima rispettare incondizionatamente il verdetto EEBC (Commissione confini delle Nazioni Unite) che nell’aprile del 2002 aveva stabilito l’appartenenza dei territori contesi all’Eritrea compresa la città di Badme, casus belli di quell’assurda guerra di confine tra il 1998 e il 2000 che fece circa 100.000 vittime da entrambe le parti. Inizialmente l’Etiopia aveva accettato4 credendo che Badme le fosse stata assegnata ma quando scoprì che invece si trovava sul lato eritreo a circa 1.7 km dal confine rifiutò di accettare l’inappellabile verdetto e per ben 16 anni occupò militarmente i territori eritrei.
Nel 2018, al contrario di Hailemariam Desalegn, l’appena eletto Abiy Ahmed dichiarò al suo Parlamento che avrebbe accettato il verdetto dell'arbitrato internazionale senza precondizioni restituendo così a noi eritrei l’agognata speranza della rappacificazione dopo vent’anni di no guerra no pace. E così, come fosse un neonato, la pace ha iniziato da subito a gattonare e, piano piano, ad ergersi e a camminare su due gambe fino ad arrivare a quello storico mese di giugno in cui è sbocciata come un fiore estivo.
Ad Asmara e ad Addis Abeba i due leaders furono accolti da una folla festante in giubilo. Di seguito furono aperte le rispettive ambasciate e l’Ethiopian Airlines iniziò a volare carica di turisti di entrambi i paesi facendo la spola tra le due capitali. Furono riaperte anche le frontiere per alimentare anche l’andirivieni del commercio su ruote. E fin qui tutto bene.
Ma c’è un problema. Un problema serio che minaccia la pace e che i media mainstream italiani non riescono ad identificare.
L’Avvenire, il Giornale, la Stampa, il Messaggero e una decina di piccoli giornali copiano e incollano senza minimamente verificare, sbagliando a scrivere persino il nome del Presidente Isaias, la notizia pubblicata dall’agenzia di stampa Adnkrons: “L'abbraccio con il presidente eritreo Isais Afewerki e le visite reciproche nelle due capitali, la ripresa dei rapporti diplomatici e dei voli aerei fra Addis Abeba e l'Asmara hanno sollevato grandi entusiasmi, anche se la dittatura in Eritrea ha poi richiuso i confini, lasciando a metà il processo.”
Riscopro così che la malattia dei cosiddetti giornalisti “copia & incolla” ha preso il sopravvento ed è diventata endemica come il tifo o il colera. Ma cosa voleva dire Adnkronos con quel “la dittatura in Eritrea ha poi richiuso i confini, lasciando a metà il processo”? Perché mai accusa il Governo eritreo di aver interrotto la pace? Che senso ha assegnare il Premio Nobel ad uno dei protagonisti quando la pace nel Corno d’Africa è stata interrotta?
Ovviamente nulla di più falso. La pace è viva e vegeta e continua a fare i suoi passi da gigante. Fra i due paesi cresce la cooperazione per recuperare il tempo perduto. In Eritrea, per esempio, c’è un bel fermento. Si stanno costruendo nuove strade che collegheranno il porto di Massaua e di Assab con Addis Abeba attraverso la frontiera tra Bure e Debay Sima, nel frattempo i porti si stanno modernizzando per ospitare grandi navi commerciali.
Bisognerebbe fare una lectio magistralis a tutti questi signori che si improvvisano di geopolitica e disinformano gli italiani copiando in toto notizie farlocche e superficiali.
La situazione attuale in Etiopia è molto difficile perché 27 anni di politica basata sul dividi et impera e un federalismo in stile americano hanno frammentato la società etiopica confinandola in “Kilil” (zone) dove l’integrazione di altre etnie è pressoché impossibile. Purtroppo, quasi quotidianamente, ci sono notizie di morti e rifugiati all’interno del Paese e tutto quell’odio etnico non si potrà cancellare con la bacchetta magica di Abiy e la sua filosofia del “Medemer”, ossia dell’Unione. Ci vorrà del tempo per farla attecchire e non sarà un processo immediato. Lo stesso Primo Ministro finora ha subito vari attentati e alcuni membri del suo governo sono stati assassinati.
Ma chi sono gli autori di questo disordine?
Ecco, a nessun giornalista viene da chiedersi: “Che fine hanno fatto i Woyane, ossia i tigrini del fu Presidente Melles Zenawi che dopo essere stati al potere per ben 27 anni sono stati spodestati da Abiy Ahmed?” Che si siano dissolti nel nulla? Certo che no. I Woyane si sono rinchiusi nel loro Tigray, una regione confinante con l’Eritrea, e da quando hanno perso il potere continuano a destabilizzare questa pace e i due Paesi così come hanno sempre fatto negli ultimi vent’anni. E, dopo quasi un anno e mezzo dalla firma della pace, si ostinano ad occupare militarmente la città di Badmè e gli altri territori eritrei e non intendono restituirli al loro legittimo proprietario nonostante il Governo di Addis Abeba abbia accettato il verdetto EEBC. Praticamente “Tigray kilil” sta disobbedendo al suo Primo Ministro rifiutandosi addirittura di collaborare con il Governo federale e consegnare alcuni personaggi dell’ex regime accusati di crimini e violazioni dei diritti umani come il famoso torturatore Getachew Assefa, ex capo dell’intelligence del TPLF ora nascosto nella città di Mekelle, capoluogo del Tigray.
Abiy è prudente e aspetta i risultati delle elezioni del 2020 per decidere il da farsi visto che i Woyane sono armati fino ai denti e una qualsiasi iniziativa potrebbe far precipitare il Paese in una guerra civile. Nel frattempo anche gli Amhara, così come avevano fatto gli Oromo del Kero prima dell’ascesa di Abiy, bloccano il commercio chiudendo le strade ai camion diretti in Tigray.
“Poco tempo dopo la riapertura delle frontiere, sul versante eritreo sono ripresi controlli e condizioni imposte ai cittadini etiopi in transito, in maniera arbitraria e senza spiegazioni. Ed è solo uno dei segni della mancanza di buona volontà del regime eritreo.”5 scrive il Fatto Quotidiano senza neppure uno straccio di analisi, come se la democratica Europa non ci avesse abituati a situazioni del genere quando ci sono
problemi legati alla sicurezza. Due pesi e due misure!
È ovvio che l’Eritrea, in accordo con l’Etiopia, abbia dovuto chiudere la frontiera, prima quella tra Zalambesa e Serha nel Tigray e successivamente quella tra Humera e Omahajer. E ne ha ben donde. In quest’ultimo anno i Woyane hanno tentato di infiltrare in territorio eritreo i loro agenti armati per fare attentati. E se non bastasse, per creare ulteriore disordine online è stato creato il “Digital Woyane” un numeroso gruppo di attivisti dei social network che usano falsi profili eritrei allo scopo di spargere quotidianamente fake news sull’Eritrea. Questa organizzazione molto ben finanziata gode all’estero della collaborazione di qualche giornalista occidentale se non di un’intera redazione. L’esempio più eclatante è la BBC Tigrigna, dove si demonizza l’Eritrea in lingua tigrigna.
In tempi non sospetti, nel gennaio 2018, a tre mesi dall’elezione di Abiy Ahmed, come se avesse già previsto tutto, il Presidente eritreo Isaias Afwerki durante un’intervista alla televisione di Stato ERTV6 aveva detto: “Woyane Game over!” una frase diventata virale in tutto il Corno d’Africa.
Che piaccia o no, questo processo di pace tra Etiopia ed Eritrea è inarrestabile ed irreversibile, non si potrà più tornare indietro. E a nessuno sarà permesso di mettere i bastoni tra le ruote, come lo stesso Presidente eritreo aveva dichiarato nel Millenium Hall di Addis Abeba, un discorso tenuto agli etiopici per la prima volta in amarico: “Non permetteremo a nessuno di rovinare e distruggere il nostro amore e il nostro accordo, di terrorizzare e attaccare la nostra armonia, di rallentare e ostacolare il nostro sviluppo e il nostro progresso.”
Le prossime elezioni in Etiopia molto probabilmente vedranno la vittoria di Abiy Ahmed e quindi questo premio Nobel è il benvenuto poiché potrà dare ulteriore legittimità e forza al Primo Ministro per portare avanti la stabilità dell’Etiopia e a tutti noi la speranza di vivere un futuro di pace e prosperità in tutto il Corno d’Africa, nonostante i Woyane.
Daniel Wedi Korbaria scrittore eritreo, ha pubblicato numerosi articoli in italiano poi tradotti in diverse lingue. Ad aprile 2018 ha pubblicato il suo primo romanzo “Mother Eritrea”.
1 Migranti: ecco gli attivisti eritrei che si occupano dell'accoglienza - Fausto Biloslavo https://www.panorama.it/news/cronaca/migranti-attivisti-eritrei/
2 The Nobel Peace Prize for 2019 https://www.nobelprize.org/prizes/peace/2019/press-release/
3 Ethiopia PM willing to talk to Eritrea https://www.aljazeera.com/news/africa/2012/12/2012125145129652231.html
4 Announcement of the Hague verdict on Bademe https://www.youtube.com/watch?time_continue=47&v=tnifvXGdV0s
5 Nobel per la Pace, premio ad Abiy Ahmed è un messaggio ai regimi africani. Eritrea in primis https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/10/11/nobel-per-la-pace-premio-ad-abiy-ahmed-e-un-messaggio-ai-regimi-africani-eritrea-in-primis/5510126/
6 ERi-TV: Local Media Interview With President Isaias Afwerki, January 14, 2018 https://www.youtube.com/watch?time_continue=77&v=iHSuYgzEW48