Ilva e privatizzazioni. Prodi e cordardi

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Ilva e privatizzazioni. Prodi e cordardi



Il Simplicissimus
 

A sentirli parlare sembrano i comandanti di un campo di concentramento: io non sono responsabile, ho solo eseguito gli ordini. Di fronte alla vicenda amara dell’Ilva quelli che per decenni sono stati i megafoni dei poteri neoliberisti, ammaliati dal disegno di un mercato padrone e tiranno, ora fanno marcia indietro e in faccia alla telecamera si proclamano semplici gregari. Adesso Romano Prodi dice : “Erano obblighi europei! Scusi, a me che ero stato a costruire l’Iri, a risanarla, a metterla a posto, mi è stato dato il compito da Ciampi che privatizzare era un compito obbligatorio per tutti i nostri riferimenti europei. Bisognava farlo per rispondere alle regole generali di un mercato in cui noi eravamo. E questo non era sempre un compito gradevole, ma l’abbiamo fatto come bisognava farlo”. Il tentativo di dissociazione in extremis si scontra tuttavia con l’evidenza di una vita: Prodi, così come anche Draghi sono stati tra i fautori più irremovibili  del neoliberismo e della sua triste incarnazione europea, entrambi sono stati i banditori dalla svendita del patrimonio industriale italiano e ne hanno tratto grandi vantaggi, in termini personali come Draghi o politici come il suo compagno di merende, entrambi sono stati i massimi promotori dell’euro e sono stati ricompensati l’uno, Prodi, con la presidenza della commissione europea dal 1999 al 2004 ovvero nel periodo dell’introduzione della moneta unica e del suo rodaggio come valuta circolante, l’altro con la poltrona della Bce.


Non sono stati degli esecutori, sono stati i mandanti, gli ideologi e gli agit-prop  della moneta unica, hanno fatto carte false pur di entrarvi e ora di fronte all’incombente disastro cui hanno mandato il Paese dovrebbero almeno riconoscere di avere sbagliato, fare ammenda. Sbagliare è umano, ma loro hanno perseverato fino all’ultimo e continuano a farlo, salvo scaricare le responsabilità per i loro errori. Del resto se Prodi non era d’accordo con lo smantellamento dell’industria di Stato poteva anche non accettare il compito, declinare questa responsabilità perché mica glielo aveva ordinato il dottore: ma ha accettato perché proprio lui, dopo la caduta del muro di Berlino era accecato dal faro neoliberista e dalla fine della storia. La cosa che fa maggior rabbia è che nei trent’anni passati da allora la Cina non ha superato l’Europa, l’ha letteralmente surclassata, con una struttura produttiva somigliante per certi versi a quella che aveva l’Italia, ovvero grandi industrie pubbliche che guidano l’innovazione trainando la piccola e micro impresa priva dei mezzi per inseguire il mercato se non attraverso la svalutazione competitiva che poi, con la moneta unica si è trasformata in precarietà e salari da fame. Vorrei fucilare quegli idioti che ripetevano a pappagallo piccolo è bello per disarmare lo Stivale della sua potenza industriale.


Tuttavia dopo il primo momento di rabbia per questo atto di prode codardia, sono riuscito a consolarmi: se il gran commis dell’Unione europea arriva a difendersi, mettendo da parte l’albagia neo liberista e il breviario dei buoni parroci della  disuguaglianza dicendo “me l’hanno ordinato” significa  che qualcosa si sta spezzando dentro il meccanismo di acritico consenso, che alcuni deleteri effetti non sono più giustificabili con le fasi di passaggio e in vista dell’immancabile futuro migliore. Sull’orizzonte comincia a stagliarsi un’evidenza chiara come il sole:  che il passaggio tra la Cee e l’Ue – euro sia stato un catastrofico errore che non ha risolto nessuno dei problemi per i quali ci si era incatenati alla cattività di Bruxelles, alias Berlino,  e ne ha creato invece dei nuovi capaci di disaggregare il Paese e la sua società, di impoverire tutti non solo economicamente. Non va dimenticato che Prodi era quello che nel 1999 aveva detto ” Con l’euro lavoreremo un giorno di meno guadagnando come se lavorassimo un giorno di più“ profezia che si è avverata al contrario, ma moltiplicata per la disoccupazione e il precariato.  Del resto Jacques Attali per qualche anno mentore della neo sinistra della resa, dunque dello stesso Prodi, aveva fatto chiarezza riguardo alla questione: “E cosa credeva la plebaglia europea, che l’Euro fosse stato fatto per la loro felicità?” Infatti come ha sostenuto Paul Krugman “Adottando l’Euro, l’Italia si è ridotta allo stato di una nazione del Terzo Mondo che deve prendere in prestito una moneta straniera, con tutti i danni che ciò implica”. Ma adesso di fronte alle rovine dell’Ilva  che sono la sintesi del disastro italiano, sappiamo che Prodi obbediva soltanto agli ordini, era un semplice ufficiale d’intendenza. Pensavamo che fosse il leader di un Paese normale contrapposto al Paese anomalo di Berlusconi, ma non sapevamo cosa egli intendesse davvero per normalità e meno che mai si poteva immaginare che fosse questa schifezza qui.  

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