In Bolivia è stato golpe: il New York Times ci arriva sempre un mese dopo

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Piccole Note
 

Il New York Times del 9 dicembre, in un pesante editoriale, stigmatizza con fermezza il colpo di Stato avvenuto recentemente in Bolivia, che rischia di precipitare i Paese nelle tenebre di una dittatura sudamericana in stile anni ’70.


Nonostante la nuova presidente Jeanine Añez, mandata al potere dai militari, abbia rassicurato il mondo parlando di un ritorno alla democrazia dopo la lunga presidenza del “socialista” Evo Morales, la situazione preoccupa.


Infatti, scrive NYT, il nuovo presidente della Bolivia, contrariamente alle rassicurazioni di cui sopra, “ha intrapreso un percorso palesemente revanchista, spietato, affollando il suo gabinetto di conservatori religiosi ferocemente contrari al movimento socialista di Morales, rompendo i legami con i governi di sinistra di Cuba e Venezuela” e riallacciando i legami con Washington, “per la prima volta dopo 11 anni”.


Il golpe in Bolivia


Un cambiamento repentino, che lascia pochi dubbi su chi siano gli ispiratori del golpe. Non solo, la Añez “ha promulgato un decreto che esonera le forze di polizia” da eventuali conseguenze penali nell’esercizio delle loro funzioni: così già “il giorno seguente il decreto, otto persone sono state uccise in una repressione spietata, mentre altri sono stati uccisi dopo”.


A Morales, pur stigmatizzando la sua decisione di voler essere eletto presidente per un altro mandato, con apparente violazione della Costituzione da lui stesso sostenuta, il Nyt riconosce comunque il merito di aver posto fine “al monopolio del potere da parte di una esigua élite di origine europea”. E, ancora a suo merito, sottolinea come egli abbia “ridotto drasticamente il tasso di povertà, sviluppato l’economia e favorito l’introduzione di una nuova e più equa Costituzione”.


Quindi il Nyt ripercorre le ultime vicende della Bolivia, quando, a seguito delle elezioni del 20 ottobre, l’Osa (Organizzazione degli Stati americani) ha accusato il presidente di brogli alimentando le proteste di piazza che “hanno fornito una copertura ai militari per ‘suggerire’ a Morales di lasciare l’incarico”.


L’accordo per portare il Paese al voto 


Dopo un lungo e sanguinoso braccio di ferro seguito al golpe, le parti hanno finalmente trovato un accordo per portare il Paese a nuove elezioni. Morales ha accettato di non candidarsi, lasciando il posto ad altri per evitare al Paese nuovi e più terribili lutti, anche se resta a capo dell’organizzazione della campagna elettorale.


Questo sbocco elettorale, scrive il Nyt, dovrebbe essere guardato con favore sia dagli Stati Uniti che dagli altri Paesi sudamericani. Ma dovrebbe essere favorito anzitutto dal governo boliviano.


“La signora Añez”, scrive infatti il Nyt, “può così chiarire che il suo dubbio salto nel buio non è stato un Colpo di stato, come sostengono i suoi avversari, e che sta abbandonando le politica repressiva per mantenere la promessa di organizzare un’elezione libera ed equa”.


“Nulla di meno significherebbe una triste ricaduta nell’era dei colpi di stato seriali e dei contraccolpi che devastarono la Bolivia, spesso con la partecipazione clandestina della Cia”.


Il NYT e l’ala radicale del partito democratico


Quello del Nyt risulta, dunque, un durissimo atto di accusa sulle malefatte pregresse dell’intelligence Usa in Sud America, che peraltro appartengono alla storia, e una ferma richiesta di non ripetere gli errori-orrori del passato. Qualcosa che non immaginavamo di leggere su un giornale americano.


Subito dopo il golpe, Bernie Sanders, candidato alla Casa Bianca per il partito democratico, aveva espresso il suo sdegno per quanto avvenuto e aveva speso parole di elogio per Morales (Newsweek).


L’articolo del Nyt riflette quella posizione e indica che nel partito democratico sta prendendo forza l’ala cosiddetta radicale, che in realtà ha idee simili a quelle della tradizionale sinistra europea.


Tale ascesa è dimostrata dal fatto che nei sondaggi Sanders è sempre stabile nelle prime posizioni, anzi ultimamente ha scalzato Elizabeth Warren dal secondo posto nel gradimento degli elettori.


Aria nuova, che indica anche un’erosione dell’establishement del partito, consegnato alle élite liberal – clintoniane, come denota l’acredine con cui tale ambito registra tale cambio di passo (The Hill).


Una novità importante in vista della nomination del frontrunner democratico, che nelle precedenti presidenziali fu falsata in favore della Clinton, usando di quei brogli elettorali che tanto establishement americano ed europeo ha rimproverato a Morales come scusa per estrometterlo dal potere…

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