Joker e l'inconscio americano che il conscio non ha voluto ascoltare

Joker e l'inconscio americano che il conscio non ha voluto ascoltare

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Di Pierluigi Fagan

L’INCONSCIO SA CIO’ CHE IL CONSCIO NON VUOL SAPERE. Pur essendo stato, da giovane, un discreto cinefilo, da anni non mi dedico più con costanza al rito della sala buia. Sono tornato al cinema l’altro anno, per vedere Joker. Certo, se ne sentiva parlare tanto ed anche qui su facebook molti sentivano il bisogno di trasformarsi in recensori cinematografici. Ma non mi sarei certo mosso per questo. Quello che mi incuriosiva, al punto da muovermi, quindi mi incuriosiva evidentemente tanto, era seguire la classifica degli incassi americani. 

Joker infatti, registrava incassi stupefacenti, sin dall’inizio, e solo per il “bocca a bocca” in quanto le prime critiche uscirono tardi e non furono particolarmente esaltanti, anche il numero delle sale era limitato e quindi tanto incasso, da subito, per poche sale, faceva “fenomeno popolare” di per sé. Oltre a ciò, si notava nella classifica un fenomeno curioso, poi confermato dalla chiusura 2019. Joker, oltretutto classificato R ovvero vietato ai minori di 17 anni non accompagnati (e registrando tra l’altro il primato d’incasso di tutti i tempi per un film R-rated) e stante che sin dall’inizio non era certo nelle intenzioni della produzione fare un blockbuster, si è infine classificato 8° in USA su poco meno di 800 titoli. Il fatto curioso è che i 7 film che lo precedono ed i sei che lo seguono o sono cartoni o sono film di fantascienza-super eroi. Ed essendo uscito ai primi di ottobre ha avuto solo tre mesi di cumulo d’incassi. Certo, Joker in teoria è uno spin off da Batman ma chi ha visto il film sa che non c’è alcuna cifra fantasy nel film, nessun effetto speciale, Joker non ha super-poteri. Addirittura si potrebbe contestare proprio l’utilizzo del personaggio Joker per descrivere una umanissima discesa negli inferi psico-sociali che fa del film, un film sociale, categoria rara nella cinematografia contemporanea, viepiù americana.

Oltretutto, giudizio del tutto personale, il film non mi è parso poi così straordinario, la scena finale sembra girata neanche a Cinecittà ma agli stabilimenti De Paolis (per i non romani, degli studios periferici sulla Tiburtina). 

Insomma, Joker, al pari di tanti altri film prodotti dagli studios americani, è una anticipazione. Sono decine e decine i film che solo dopo ci si accorge che anticipavano fatti ai tempi ai più sconosciuti. E’ che gli sceneggiatori di una industria che produce poco meno di 800 titoli l’anno, sono sempre alla ricerca di soggetti e li trovano scandagliando notizie di tutti i tipi, di tutti gli ambiti, di ogni dimensione. Per certi versi, se non fossero poi condizionati dalle strettoie delle esigenze di business delle major che finanziano le produzioni, lo si potrebbe ritenere il miglior servizio di informazione sullo stato dell'inconscio sociale. 

La scena del film che più mi ha colpito è innocua, apparentemente. Il personaggio, un individuo borderline al limite del crollo psicotico, frequenta un servizio sociale comunale dove una nera ascolta ma poi neanche tanto il suo malessere e gli dà pillole. Ad una ultima seduta, il personaggio sembra ribellarsi perché non si sente compreso, al che l’assistente sociale gli comunica di esser stata licenziata per riduzione dei budget sociali e quindi ora il servizio chiudeva e lei era una disoccupata come lui e più nulla poteva più far per lui. Lui era solo. 

Gli Stati Uniti sono una società fratturata, in cui non c’è nemmeno la “rappresentazione” di una simulacro di “società”. Qui in Europa, spagnoli, britannici, francesi, tedeschi, italiani, hanno tutti vissuto sino ad oggi la perturbazione Covid-19 come società. Magari finta in quanto sappiamo che non c’è alcuna effettiva eguaglianza delle condizioni, ma almeno nella “rappresentazione” non si era soli. Negli Stati Uniti, non c’è alcuna rappresentazione della società, solo degli individui. 

Questa sordità delle élite verso il malessere sociale, è ciò che nel film trasforma una psicotico in un eroe, un “caso umano” in un simbolo, lo scoppio esagerato del disagio individuale in una chiamata alla ribellione violenta senza alcun altro fine che la vendetta. “Sociale” solo perché condotta da individui in gruppo, non “sociale” in quanto sistema di solidarietà degli oppressi contro il sistema degli oppressori. 

Non il film in quanto tale, ma il suo “fenomeno” di condivisione in un panorama cinematografico nei grandi numeri tutto sognante e fantastico, indicava quella increspatura dell’inconscio americano che il conscio non ha voluto ascoltare. I Pochi che governano i Molti, queste sordità nevrotiche, le pagano.

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