La guerra del 1973, il "fascicolo Vinogradov" inedito e il Medio Oriente di oggi
Quello che sta accadendo in Siria oggi assomiglia agli esiti della guerra arabo israeliana del 1973: ritorno di quasi tutto il Medio Oriente al dominio degli Usa, grazie anche all’intermediazione israeliana. Oggi c’è anche la Turchia che pretende una parte cospicua del bottino. Quanto si sta svolgendo sotto i nostri occhi sembra preordinato ma anche, nonostante la versione ufficiale, gli eventi del 1973 lo erano. Ciò non esclude che il corso degli eventi sia stato del tutto controllato e previsto.
di Alessandra Ciattini* - Futurasocietà
Gli sconvolgenti avvenimenti che hanno travolto in pochi giorni la Siria, mentre segue l’efferato genocidio dei palestinesi, debbono essere inseriti in un più ampio quadro storico per essere compresi a fondo, benché molti aspetti di questa tragica evoluzione della guerra in Medio Oriente siano ancora ignoti, e non sia facile valutare la natura ambigua dei numerosissimi gruppi islamisti, eterogenei, in conflitto tra loro e privi di una vera organizzazione centralizzata. Tuttavia, possiamo affermare che tutti questi si sono guardati bene dal colpire Israele, che sta occupando parti della Siria, distruggendo massicciamente insieme agli Usa infrastrutture, e che alcuni di loro stanno facendo strage delle élite culturali e intellettuali di questo Paese laico e multireligioso (insegnanti, scienziati, ingegneri etc.) e anche di militari, allo stesso tempo uccidono sciiti alawiti. Giustamente, quindi, dobbiamo preoccuparci per la sorte della popolazione siriana, già devastata da anni di illegittime sanzioni e da una guerra persistente definita “civile”, ma in realtà voluta e condotta dai Paesi imperialisti.
Credo che per fare quello che propongo occorra tornare indietro, almeno alla morte di Abdel Gamal Nasser e alla sconfitta del panarabismo, ispirato dal socialismo e sostenuto dall’Unione Sovietica, di cui qualche piccola traccia restava nella Repubblica araba di Siria, fino a qualche settimana fa sostenuta dalla Russia.
Nel febbraio del 2012 un ex militare israeliano, Israel Shamir, residente a Mosca, ha pubblicato un articolo sul sito indipendente di sinistra «CounterPunch», intitolato “Cosa è realmente accaduto nella guerra dello Yom Kippur?”, la festa dell’espiazione, nota così in Occidente. Nell’articolo riassume i contenuti di un fascicolo risalente al 1975, redatto dall’allora ambasciatore sovietico al Cairo, Vladimir M. Vinogradov, dal quale si può ricavare che la guerra del 1973 tra arabi e israeliani, in realtà, è stata il risultato di un accordo tra Usa, Egitto e Israele, il cui protagonista fu l’immancabile Henry Kissinger. L’intero fascicolo fu in seguito pubblicato per intero su una rivista sovietica.
Secondo quanto scrive Vinogradov, brillante intellettuale, pittore e diplomatico, Anwar al-Sadat, presidente, primo ministro, comandante in capo, capo supremo dell’esercito, succeduto a Abdel Gamal Nasser, avrebbe patteggiato con gli Usa e Israele, avrebbe tradito la Siria, sua alleata, avrebbe provocato la distruzione dell’esercito siriano e il bombardamento di Damasco, consentendo ai carri armati del generale Sharon di attraversare il Canale di Suez e determinando la sconfitta delle truppe egiziane nella guerra d’Ottobre. Nella sostanza, come si vedrà, Sadat voleva rompere del tutto con l’Unione Sovietica, che aveva già ritirato dall’Egitto i suoi consiglieri militari, e passare al campo Usa.
Qualcosa di simile sta accadendo in questi drammatici giorni, nel corso dei quali la Siria è stata violentemente attaccata e sottratta alla tutela russa, benché attualmente le basi militari del Paese euroasiatico non siano state ancora toccate, anche se secondo alcune fonti i russi si starebbero preparando all’evacuazione. Da notare, inoltre, guardando la mappa geografica, che se in Georgia vincesse l’ennesima rivoluzione colorata, la Russia troverebbe ai suoi confini meridionali un altro Paese filostatunitense, dopo aver perso un alleato fondamentale in Medio Oriente, ora nelle mani di un inaffidabile governo islamista.
Shamir, che partecipò alla guerra come soldato israeliano, sottolinea che “la perla dell’archivio di Vinogradov è il file chiamato I Giochi del Medio Oriente”, il quale contiene circa 20 pagine dattiloscritte modificate a mano, una bozza di una nota al Politburo e al governo, datata gennaio 1975, ossia scritta dopo il suo ritorno dal Cairo. Il documento, redatto in un russo vivace e facilmente leggibile, descrive gli avvenimenti di cui era stato testimone e che cambiarono il destino del Medio Oriente, epurato dall’eredità di Nasser e dal socialismo arabo. Fatti che stanno certamente alla base della formazione dei gruppi islamisti più o meno estremisti, oggi usati dall’imperialismo Usa a seconda delle sue esigenze, ma non del tutto controllabili proprio per la loro natura ambigua e cangiante. Nel documento si fa anche riferimento alla visita di Vinogradov ad Amman e ai suoi colloqui informali con Abu Zeid Rifai, allora primo ministro della Giordania, e al suo scambio di opinioni con l’ambasciatore sovietico a Damasco. Solo nel 1998 l’ex ambasciatore ha detto quello che pensava della vicenda, ma non ne ha mai parlato così chiaramente come nel documento menzionato, i cui contenuti dunque debbono essere assolutamente divulgati. Infatti, per es., in un articolo pubblicato dalla Fondazione Feltrinelli nel 2023, l’autore si attiene ancora alla versione ufficiale, pur se analizza le conseguenze internazionali della guerra e il diverso atteggiamento dei Paesi europei, dipendenti dal petrolio arabo, da quello degli Usa in quel frangente. I primi si rifiutarono di concedere lo spazio aereo a questi ultimi, i cui aerei trasportavano le armi a sostegno di Israele, impegnato di fatto in un conflitto proxy.
Secondo la versione ufficiale della guerra, il 6 ottobre 1973, insieme ad Hafez al-Assad allora presidente della Siria, Anwar as-Sadat lanciò un attacco a sorpresa contro le forze israeliane, attraversando il Canale di Suez e avanzando per alcune miglia nel Sinai occupato dagli israeliani.
Ingannato dal suo stesso governo, Shamir rimarca che quella guerra fa parte della sua autobiografia, in quanto come giovane paracadutista, ha combattuto, ha attraversato il Canale, ha conquistato le alture di Gabal Ataka, è sopravvissuto ai bombardamenti e ai combattimenti corpo a corpo, seppellendo i suoi amici caduti. Aggiunge tristemente che Vinogradov smentisce che ci sia stato un attacco di sorpresa: tutto era stato concordato da Kissinger, Sadat e dalla buona Golda Meir, compresa la distruzione dell’esercito siriano. Secondo l’ex ambasciatore non ci poteva essere sorpresa, giacché i russi avevano già evacuato le loro famiglie e gli israeliani non potevano non rendersi conto dei preparativi nemici. Inoltre, si chiede giustamente: perché gli egiziani non si sono spinti in avanti? Perché era stato lasciato un vuoto di 40 km tra la seconda e la terza armata, attraverso cui si infiltrò il generale Ariel Sharon al contrattacco? Perché Sadat non ha fatto nulla per fermare gli israeliani? Secondo Shamir, il metodo investigativo di Vinogradov è identico a quello di Sherlock Holmes, secondo il quale quando nell’esame hai eliminato l’impossibile, ciò che resta, per quanto altamente improbabile, deve essere assolutamente la verità. Ne consegue che le domande poste ricevono una risposta solo se riteniamo Sadat un traditore del suo Paese, che si è accordato con gli Usa e Israele, cercando di raggiungere i suoi fini come gli altri congiurati i loro.
Da parte sua, Sadat aveva bisogno di una guerra limitata per riconquistare prestigio, cosa che i sovietici non gli avrebbero permesso perché avrebbero messo in pericolo il loro ruolo in Medio Oriente. Per questa ragione non sostenne i militari egiziani che avevano attraversato il Canale; si fermò in attesa dell’intervento Usa. Gli Stati Uniti, invece, sostenuti allora solo da Faysal re dell’Arabia Saudita, non estraneo alla svolta di Sadat, dovevano consolidare la loro posizione in quella regione strategica e nello stesso tempo piegare l’irruenza di Israele. Il piano concordato prevedeva anche che la Siria fosse distrutta militarmente e, infatti, i soldati israeliani furono mandati contro il suo esercito, sguarnendo il fronte egiziano, dove Shamir si trovava, sacrificandoli volutamente per consentire agli Usa di spodestare i sovietici in Medio Oriente.
Ma tutto non andò come previsto: i sovietici sostennero gli arabi trasferendo armamenti, grazie a essi l’esercito egiziano (avevano i famosi Ak-47, i Kalashnikov) era meglio armato di quello israeliano e per questo avanzò più rapidamente. Nel frattempo, i siriani, che si trovarono a combattere con il grosso dell’esercito israeliano e nonostante le richieste di Al Assad, ormai certo di essere stato tradito, non ricevendo alcun soccorso, dovettero ritirarsi. Dal 9 ottobre i sovietici inviarono aerei da trasporto con carri armati, aerei da combattimento, cannoni per appoggiare Egitto e Siria in questo nuovo confronto.
Il presidente siriano parlò apertamente del tradimento all’ambasciatore sovietico a Damasco, Nuritdin Muhitdinov, che lo comunicò a Vinogradov, il quale incontrava Sadat ogni giorno e gli domandava perché non facesse avanzare l’esercito, senza ricevere nessuna risposta sensata. A quel punto gli israeliani cambiarono strategia: dirottarono dalla Siria parte delle loro truppe, che avevano subìto notevoli perdite, verso il Sinai. La Giordania avrebbe potuto impedire lo spostamento, ma Sadat non accettò la proposta. Il risultato fu l’avanzata degli israeliani oltre il Canale, dove crearono una testa di ponte. A quel punto intervennero gli Stati Uniti, i quali condussero l’Egitto ad un negoziato, il quale stabiliva la restituzione del Sinai da parte di Israele e la dissociazione del Paese arabo dalle rivendicazioni palestinesi. Negoziato siglato a Camp David nel 1978 e che costò la vita a Sadat, ucciso nel 1980 da estremisti islamici contrari alla pace con Israele.
Questo è il commento di Shamir: “Gli Stati Uniti salvarono l’Egitto fermando l’avanzata delle truppe israeliane. Con il sostegno passivo di Sadat, gli Stati Uniti hanno permesso a Israele di colpire davvero duramente la Siria. Sempre grazie a lui, sono tornati in Medio Oriente e si sono posizionati come l’unico autentico mediatore”. Continua Shamir: “Quegli eventi segnarono la fine della presenza sovietica nel mondo arabo, anche se le ultime tracce di essa furono distrutte con la guerra in Iraq nel 2003 e indebolite con le ingerenze in Siria. Hanno minato la causa del socialismo nel mondo, che ha iniziato la sua lunga caduta. L’Urss, lo Stato di maggior successo del 1972, quasi vincitore della Guerra Fredda, alla fine la perse”. Come ricorda Vinogradov, alla fine della guerra Sadat diede il via a una feroce campagna antisovietica e antisocialista, cercando di screditare l’Urss e sostenendo che solo gli Usa volevano e avevano i mezzi per liberare le terre arabe conquistate.
La versione della guerra arabo-israeliana fornitaci da Vinogradov è sostanzialmente confermata da altri spettatori della vicenda, in particolare da un altro diplomatico russo, Andrey Glebovich Baklanov, che tra il 1969 e il 1972 lavorò come interprete e poi addetto all’ambasciata sovietica al Cairo. Le opinioni di Baklanov ci sono note grazie a una intervista fattagli da Vitaly V. Naumkin, autore insieme a Vasily Kuznetzov, di un saggio pubblicato dalla «The Cairo Review of Global Affairs» nel 2023 e dedicato appunto a quegli eventi. Nel 1967 Naumkin studiava all’università del Cairo e faceva da interprete alle delegazioni sovietiche che venivano in Medio Oriente per incontrarsi con i politici arabi.
Secondo quanto viene riportato nel saggio citato Baklanov, convinto della necessità di continuare a studiare quegli eventi per la loro rilevanza geopolitica e per i loro aspetti ancora oscuri, si dichiara alquanto certo che la guerra del 1973 fosse una sorta di masrahiya (spettacolo) e che i maggiori capi politici negli Stati Uniti, in Egitto e in Israele ne fossero a conoscenza, per il semplice fatto che ne avevano preparato lo svolgimento. Nonostante ci fossero molti elementi che evidenziassero la svolta in politica estera decisa da Sadat, negli ambienti diplomatici sovietici molti non volevano una rottura immediata e, infatti, l’Urss continuò a mandare le armi all’esercito egiziano, dopo aver ritirato i consiglieri militari. Grazie a questo atteggiamento riuscì ad ottenere che il governo egiziano inviasse a Mosca esemplari di armi occidentali, che furono accuratamente studiate, come il carro armato Centurion.
Oggi, benché la situazione sia drammaticamente fluida e instabile, gli ultimi avvenimenti hanno segnato l’allontanamento dei russi, in precedenza riapparsi in Medio Oriente, il rafforzamento di Israele e degli Usa in quella regione, bagnata da cinque mari e trait-d’union tra l’Europa e l’Asia, l’avanzamento del progetto neo-ottomano del temibile Erdogan, che potrebbe costituire una minaccia anche per la Russia e per la Cina, per l’influenza di quest’ultimo sui gruppi islamisti attivi nelle zone musulmane e turcofone dell’Asia.
Ovviamente, la Russia di oggi non è l’Urss di ieri ma, attualmente, dinanzi all’atteggiamento alquanto distratto della Cina essa costituisce di fatto un ostacolo all’espansione distruttiva dell’imperialismo, che – come mostrano gli avvenimenti del 1973 e quelli di oggi –, indifferente alle sofferenze dei popoli da esso travolti, è capace di qualsiasi perfidia, pur di raggiungere i suoi scopi. Anche la Repubblica araba di Siria era fino a qualche settimana fa un Paese laico nel quale, fino al 2010, si poteva vivere una vita degna, ossia prima delle sanzioni e delle ingerenze, e soprattutto non si era mai piegata al ricatto occidentale.
Concludendo, occorre ricordare che nel 2004 la solita Fondazione, in questo caso la Carnagie Endowment for International Peace, presentò un documento “Greater Middle East” al G-8 di quell’anno, secondo il quale era assolutamente necessario costruire un nuovo Medio Oriente, in grado di svilupparsi e di accedere alla democrazia, che andava dal Marocco all’Afghanistan, per impedire lo sviluppo del radicalismo arabo. Secondo l’allora segretaria di Stato, la simpatica Condoleezza Rice, si sarebbe realizzato attraverso una fase di “caos costruttivo”. Il documento suscitò un forte dibattito tra gli atlantisti e la Siria, venutane a conoscenza, espresse il suo più netto rifiuto, affermando: “non abbiamo problemi, se ce li avessimo non ci rivolgeremmo a voi”. Si vuole perseguire ancora questo progetto, usando però i radicali islamici, che si intendeva prima combattere? Bizzarra contraddizione della geopolitica.
FONTE: https://futurasocieta.com/2024/12/26/la-fine-del-panarabismo-e-dellinfluenza-sovietica/
(Pubblichiamo su gentile concessione dell'Autore)