La lezione rumena: se il voto non piace a Bruxelles, si cambia il risultato

Democrazia a geometria variabile: se vince il 'candidato sbagliato', si riavvolge il nastro

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La lezione rumena: se il voto non piace a Bruxelles, si cambia il risultato

Se votare facesse qualche differenza, non ce lo lascerebbero fare”.
Una citazione che troppo spesso, e in maniera del tutto errata, viene attribuita allo scrittore statunitense Mark Twain.  In verità la frase in questione sembra essere senza paternità, ripresa spesso sui social network per sintetizzare il gap, la distanza incolmabile, tra espressione della volontà popolare e i rappresentanti eletti nell'ambito della cosiddetta democrazia parlamentare di stampo occidentale.

Ma questo epigramma è ormai del tutto superato.

L'illusione che il popolo potesse esprimere una qualsiasi legittimazione di un programma politico e dei suoi portavoce è stata smentita da tempo. Solo per restare in Italia, il governo dell'assemblaggio Draghi ha dimostrato plasticamente come maggioranza e opposizione non fossero altro che due facce della stessa medaglia (mi si perdoni il luogo comune).

La sovranità nazionale è del tutto svuotata e delegittimata dal vincolo esterno, dal potere sovranazionale: in parlamento si dibattono argomenti vuoti, atti a offrire la sensazione che vi sia effettivamente uno scontro tra visioni e programmi, ad esclusivo uso e consumo dei media di regime.

Ma quando si tratta di temi davvero fondamentali, come il Decreto Sicurezza, l'aumento delle spese militari, l'appoggio incondizionato al regime nazista ucraino, la "vicinanza ad Israele", fino all'autonomia differenziata, il parlamento italiano viene totalmente esautorato.

E senza alcun imbarazzo o tentativo di giustificare la violazione della costituzione.

La democrazia parlamentare è totalmente superata, non c'è più alcun bisogno di cercare consenso. La repressione ha sostituito la ricerca del consenso. La rigidissima censura mediatica manipola un consesso di individui frammentati, in una società resa sempre più liquida dall'esperimento pandemico e disposta ad essere controllata dallo spauracchio di un cambiamento climatico, dal terrore di un'invasione, che sia russa o migratoria, da false flag di ogni sorta.

L'Occidente ordoliberalista, imperialista e colonizzatore, al collasso davanti all'affermarsi di un nuovo mondo multipolare, si libera della zavorra della facciata democratica. Le menti possono essere manipolate, controllate, terrorizzate, le proteste represse, stigmatizzate, criminalizzate.

I partiti che appaiono potenziali competitor sono messi fuorilegge e le elezioni che esprimono un candidato non omologato alla Nato e alla UE vengono annullate.

Quello che è successo in Romania, con l'annullamento delle prime elezioni, la "non candidabilità" di Georgescu, un ballottaggio farsa impregnato di minacce ai media e ai canali social, (che solo Telegram ha osato denunciare), è la dimostrazione plastica che il detto attribuito a Mark Twain deve essere ridefinito: "Anche se votare facesse qualche differenza, annullerebbero la votazione e ti farebbero votare fino a quando non uscirà, sorprendentemente, quello che hanno già stabilito". 

E a quanto pare la famigerata ingerenza della Russia nelle elezioni rumene era solo una vergognosa fake.

Se fosse stata vera, i risultati del ballottaggio non sarebbero stati ribaltati.

L'ingerenza c'è e non ha stato Putin.

Agata Iacono

Agata Iacono

Sociologa e antropologa

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