"Ma quali angeli del Covid, trattati come carta straccia!". La vergogna taciuta dei 1500 precari della Sanità calabrese scoperchia il vaso di Pandora

"Ma quali angeli del Covid, trattati come carta straccia!". La vergogna taciuta dei 1500 precari della Sanità calabrese scoperchia il vaso di Pandora

Intervista ad Angelo Sacco (Usb, Calabria)

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La vergogna dei 1500 precari della Sanità assunti dalla Regione Calabria, durante la pandemia da Covid-19, e non regolarizzati scoperchia il vaso di Pandora della gestione catastrofica del sistema sanitario di questa regione del Mezzogiorno. Ma la vicenda della Sanità calabrese, le sue carenze strutturali, i suoi commissariamenti, non sono un caso isolato, ma il paradigma di un sistema nazionale sanitario fallimentare - come dimostra chiaramente la gestione della pandemia della Regione Lombardia ritenuta emblema dell'efficienza.

Un mix micidiale truffaldino e neo liberista che ha causato migliaia di morti e che ha dovuto ricorrere a 150 medici cubani - nell'indifferenza degli "alleti" - nelle "ore più buie" della pandemia. Su tutto questo come AntiDiplomatico abbiamo avuto il privilegio di intervistare Vittorio Sacco, dirigente della Funzione Pubblica dell'USB Calabria.

 

L'INTERVISTA

 

Da dove nasce la battaglia per la stabilizzazione dei 1500 precari nella Sanità calabrese?

Nasce prima di tutto dall'esigenza per un lavoro stabile. C'è poi un altro punto fondamentale: per il Contratto nazione del settore pubblico non puoi restare precario a vita. Oltre, chiaramente all'esigenza economica. Chi concederebbe un mutuo per comprare casa o aprire un credito con una finanziaria se vuoi comprare un auto, con questi contratti a 1 e 2 mesi? Poi c'è l'angoscia quotidiana perché non sai che fine farai lavorativamente. Questi contratti precari sono una forma di ricatto, per esercitare pressione. L'articolo 48 del CCNL del settore Sanità prevede che non puoi prorogare i contratti precari per più di 48 mesi, nelle altre amministrazioni pubbliche è di 36 mesi. Ma la spada di Damocle è che passati i 48 mesi, dopo averti spremuto, ti trattano come carta straccia senza confermarti. La nostra battaglia come Usb, a differenza dei Confederali, è partita da un'esigenza di far sentire i lavoratori meno ricattabili. Noi, a questo punto, diciamo se queste persone considerate gli angeli del Covid, in un momento delicato quando mancavano di tutto anche le mascherine chirurgiche, hanno rischiato per curare le persone, anche con un contratto schifoso hanno fatto il loro dovere. Ora queste persone comunque servono. Soprattutto nelle aree più isolate, sarebbero un presidio medico. Perché perderli? Ce lo dice il piano di rientro? Ce lo dice l'Europa? Viene prima il diritto alla vita.

 

Questi lavoratori per la Sanità calabrese sono stati determinanti durante la Pandemia da Covid-19. Quale era lo scenario della Sanità calabrese, tra tagli, commissariamenti, sostanziali privatizzazioni e cosa è cambiato dopo?

In Calabria la situazione era già drammatica. Veniva da 11 anni di Commissariamento: uno della Protezione civile di Bertolaso, poi ci sono stati i commissari ad acta, i piani di rientro dove non si poteva assumere bloccando anche il turnover. Nel settore si sono perse 4000 unità lavorative: per capire la gravità della situazione basti pensare che in Italia nella Sanità si sono persi 40.000 operatori, il 10% quindi in Calabira ma nella nostra regione non ci sono certo il 10% dei lavoratori sanitari nazionali!

 

Questi tagli rientrano pure nella questione di dover rispettare la parità dei bilanci delle pubbliche amministrazione così come richiesto dalle direttive UE?

Inevitabilmente ci sono le direttive di austerity dell'Unione Europea, ma di fatto c'entra anche la riforma del Titolo V della Costituzione voluto dal centrosinistra. Questi due fattori determinano la distruzione della sanità: l'aziendalizzaizone sanitaria e il passaggio delle competenze in materia sanitaria alle regioni che hanno il bilancio in mano. Poi se i fondi che dallo Stato passano alle regioni sono sempre meno perché Bruxelles dice all'Italia di f are tagli, è chiaro come le direttive dell'Ue influiscono.

 

Ritorniamo ai numeri dolorosi dei tagli....

La perdita di unità lavorative ha causato la riduzione delle prestazioni sanitarie regionali. Non essendoci medici e infermieri le persone vanno a curarsi altrove. Ma per il Ministero ci deve essere un determinato numero di medici e infermieri per far funzionare reparti e ospedali, se non c'è, chiude tutto. In Calabria così abbiamo perso 18 ospedali territoriali. Questo è stato il collasso, perché, tra l'altro, non è stata incrementata la medicina territoriale, sono diminuite le guardie mediche. Per non parlare del parco macchine e ambulanze completamente fatiscente con le conseguenze che si possono immaginare sui servizi di emergenza.    

 

Finora era questa la situazione prima del Covid. Con lo scoppio della pandemia cosa è successo?

È successo che dal momento che le assunzioni erano bloccate, per correre ai ripari, hanno cominciato ad assumere i precari. In Calabria sono stati 1500. Questi precari sono serviti anche dove le criticità non erano gravi come in Calabria, basti pensare all'Emilia Romagna.

C'è un altro aspetto da sottolineare, siccome non c'è stato il piano di rientro, come ha anche ribadito la Corte dei Conti, è stata aumentata ulteriormente  l'Irpef e l'Irap, che già erano fra i più alti d'Italia. Per attuare il rientro mandano un commissario non dal Ministero della Salute ma dal MES. I commissari-ragionieri sono strumenti di privatizzazione della Sanità ma di privato non c'è nulla se non i profitti. Da un lato tagliano i posti nelle strutture pubbliche e dall'altro danno concessioni ai privati. I calabresi per cure più specifiche sono così costretti ad andare in altre regioni. Anche questo ha un costo, perché la Regione Calabria deve ripagare la prestazione fatta altrove per il 90%. Quanto è questa spesa? Sui 380 milioni di euro. Immaginate se almeno la metà di questa spesa fosse trattenuta in Calabria, ci sarebbero  prestazioni sanitarie che si potrebbero garantire oltre ai posti di lavoro.

 

Insomma, un quadro che delinea una Sanità, dove i pazienti sono dei numeri essenzialmente.

La Sanità è gestita con criteri aziendali così come i pazienti, c'è una totale disumanizzazione. Una persona è considerata in base alla diagnosi e al parametro economico per fare in modo che si possono chiedere più soldi alla regione Calabria. C'è una commistione forte tra pubblico e privato. Nel senso che se hai una patologia cardiaca ti indirizzano dal pronto soccorso al privato. Oppure si utilizza l'intramoenia, che è l'uso della struttura pubblica per fine privato. Per non parlare, ce lo dice la cronaca, che il privato in questo settore è usato a fini di riciclaggio.

 

La Calabria può essere un emblema di un fallimento di tutto un sistema nazionale sanitario? Perché con la pandemia i nodi sono venuti al pettine.

La Calabria ha una sua peculiarità, perché si è toccato il fondo. C'è un dato che conforta questa tesi. Quando parlavo di immigrazione sanitaria. Ecco, viene condotta negli IRCCS, Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, quelle grandi strutture come l'Humanitas di Milan, il Gaslini di Genova, ed altri, i quali ricevono 3 linea di finanziamento: regionali, dal Ministero della Salute e da quello della ricerca scientifica. In Calabria, unica Regione d'Italia, fra i 22 sistemi sanitari, comprese le provincie autonome di Trento e Bolzano a non averne uno. Comunque, c'è un problema nazionale, la percezione del servizio sanitario pubblico è cambiato con la pandemia. Prendiamo la pandemia in Lombardia e le percentuali di morti per Covid-19. Sono cifre fuori regime, non solo a livello nazionale ma di incidenza a livello globale. Questo è successo perché se tu spingi sul privato, devi fare una legge che costringe il privato a prendere i malati Covid, altrimenti si rifiuterà con la scusa di creare cluster di infezioni, soprattutto come è successo nella prima ondata. Tra l'altro il costo di un paziente intubato in sala rianimazione è di 800 euro al giorno, e al privato non conviene. Avendo pochi ospedali pubblici e molti privati siamo arrivati ai camion che trasportavano i morti.

Negli stessi lombardi è cambiata la percezione, vista come efficiente ed efficace, in verità la gestione neo liberista della Sanità ha costretto la Regione Lombardia a chiamare 150 medici delle Brigate mediche cubane. Questi sono i fatti non è una posizione politica o sindacale. È successo, quindi, che la Regione è stata gestita in maniera schifosa, come in Calabria, vero anche qui al sud si ruba, ma ricordiamoci che Formigoni è stato in galera per la Sanità così come Scopelliti per altri impicci. È successo che i partiti che hanno governato la Lombardia, Forza Italia, Lega hanno svenduto la salute per il profitto.

 

Quali saranno le battaglie future e le vostre proposte in ambito nazionale come in quello della Sanità calabrese?

Prima di tutto la battaglia la tutela delle persone assunte durante l'emergenza. In quanto, noi sosteniamo che questa emergenza non è finita. Bisognerà aspettare se ci sarà diffusione nelle scuole e le varianti. Con questo virus bisognerà conviverci almeno un paio di anni. Il liberismo guarda al presente, per il profitto immediato, a noi piace programmare il futuro. Uno Stato dovrebbe programmare il futuro per tutelare i suoi cittadini. Siamo attenti, tra l'altro, sui fondi europei, Recovery Found e PNRR, non bisogna fare in modo che l'imprenditore del Nord viene al sud, prende i soldi e poi chiude tutto come avvenuto in passato. Questi soldi devono essere investiti nel pubblico, nella Sanità, come nella difesa del patrimonio ambientale creando anche posti di lavoro.

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