Memoriale di Hiroshima. Il "piccolo" particolare omesso nel ricordo di Ursula

Memoriale di Hiroshima. Il "piccolo" particolare omesso nel ricordo di Ursula

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di Alessandro Bianchi

Quello stanco rituale che più di tutti illustra l’imperialismo decadente, il G7, ha avuto inizio oggi ad Hiroshima.

Non riporteremo dichiarazioni, l’"agenda", la russofobia mista a sinofobia del comunicato finale con cui si incentiveranno nuove armi al regime di Kiev e a Taiwan, facendo sprofondare il mondo sempre più verso l’abisso della guerra termonuclare.

Non lo faremo perché nel frattempo il mondo va in tutta un’altra direzione, come sottolineato alla perfezione dall’analista Pepe Escobar con una sintesi che non merita ulteriori aggiunte.



Aggiungeremo due parole in più però sul luogo simbolico scelto.

Con la Nato che spinge il mondo sempre più verso un possibile confronto termonucleare, il G7 giapponese si svolge ad Hiroshima, città simbolo del più grande crimine bellico della storia.

Si prova ribrezzo a vedere le immagini dei sette (più due intrusi d'eccezione) che prestano “omaggio” ai monumenti dell’Olocausto nucleare senza mai nominare i responsabili.

Una delle intruse, Ursula Von Der Leyen, fa peggio di tutti perché sceglie la finta retorica, dimenticando di proposito il "piccolo" particolare.


Eh però, cara Ursula, posto così sembra che la città sia stata devastata da un misterioso attacco alieno verificatosi nel 1945.

Eh no, cara Ursula, chi ha ucciso centinaia di migliaia di civili a Hiroshima (e Nagasaki) ha nomi e cognomi precisi. Ometterlo è una ossequia coloniale che infanga ulteriormente la storia. 

Eh sì, cara Usrula, è giusto ricordare ed è assolutamente vero che quello che è successo in quella città continua a perseguitare l'umanità. Ma bisogna non solo nominare, dobbiamo gridare il responsabile del crimine dei crimini: un solo paese al mondo nella storia ha scelto la barbarie dell'utilizzo di una bomba atomica contro obiettivi civili: il regime degli Stati Uniti.

L’anziano e impacciato Biden, altro perfetto simbolo dell’occidente decadente, non è il primo presidente Usa a recarsi nella città senza volersi espressamente scusare per il suo paese. Prima di lui, nel 2016, Barack Obama, primo leader statunitense a recarsi nella città, aveva scelto lo stesso.

Biden e Obama non si sono scusati di questo.







Non si sono scusati di questo. 

Il mattino del 6 agosto 1945 alle ore 8:15, "Little Boy" (macabro nome scelto dal regime statunitense) colpisce la città giapponese di Hiroshima, seguita tre giorni dopo dal lancio dell'ordigno "Fat Man" su Nagasaki. Il numero di vittime dirette è stimato tra 100 000 a 200 000, gli studi fatti fino ad oggi non concordano. Quel che è certo è che furono quasi esclusivamente civili. Gli effetti "secondari" sono di autentica carneficina per gli anni successivi.

Testimone oculare del bombardamento di Hiroshima fu il padre gesuita e futuro generale dei gesuiti Pedro Arrupe, che allora si trovava in missione in Giappone presso la comunità cattolica della città e che portò aiuto ai sopravvissuti. Riguardo al bombardamento atomico egli scrisse: « Ero nella mia stanza con un altro prete alle 8:15, quando improvvisamente vedemmo una luce accecante, come un bagliore al magnesio. Non appena aprii la porta che si affacciava sulla città, sentimmo un'esplosione formidabile simile al colpo di vento di un uragano. Allo stesso tempo porte, finestre e muri precipitarono su di noi in pezzi. Salimmo su una collina per avere una migliore vista. Da lì potemmo vedere una città in rovina: di fronte a noi c'era una Hiroshima decimata. Poiché ciò accadde mentre in tutte le cucine si stava preparando il primo pasto, le fiamme, a contatto con la corrente elettrica, entro due ore e mezza trasformarono la città intera in un'enorme vampa. Non dimenticherò mai la mia prima vista di quello che fu l'effetto della bomba atomica: un gruppo di giovani donne, di diciotto o venti anni, che si aggrappavano l'un l'altra mentre si trascinavano lungo la strada. Continuammo a cercare un qualche modo per entrare nella città, ma fu impossibile. Facemmo allora l'unica cosa che poteva essere fatta in presenza di una tale carneficina di massa: cademmo sulle nostre ginocchia e pregammo per avere una guida, poiché eravamo privi di ogni aiuto umano. L'esplosione ebbe luogo il 6 agosto. Il giorno seguente, il 7 agosto, alle cinque di mattina, prima di cominciare a prenderci cura dei feriti e seppellire i morti, celebrai Messa nella casa. In questi momenti forti uno si sente più vicino a Dio, sente più profondamente il valore dell'aiuto di Dio. In effetti ciò che ci circondava non incoraggiava la devozione per la celebrazione per la Messa. La cappella, metà distrutta, era stipata di feriti che stavano sdraiati sul pavimento molto vicini l'uno all'altro mentre, soffrendo terribilmente, si contorcevano per il dolore. »

Il Giappone era ormai vicino alla resa, ma gli Stati Uniti volevano dare un messaggio al mondo: da allora c'era un padrone e sarebbe stato il padrone più sanguinario della storia, come abbiamo imparato a capire fino ai giorni nostri.

Tra tutte le vittime di Hiroshima, la più nota e' Sadako Sasaki. Per la sua forza di sopravvivere e simbolo di speranza per il futuro, il suo monumento è meta di centinaia di studenti che portano lei un tributo. Trovandosi a 1,7 km. dall'esplosione e all'eta' di 2 anni rimase illesa. Cresceva diventando una ragazza energica e sportiva. Nell'autunno del 1954, tuttavia, si ammalo' e a febbraio fu ricoverata all'ospedale per una grave forma di leucemia. Conosceva la leggenda delle 1000 gru che, se piegate con la carta, pensava potessero aiutarla a combattere la malattia. Il 25 ottobre dello stesso anno mori alla tenera eta' di 12 anni.



Ursula Von Der Leyen dinanzi al monumento di Hiroshima ha scritto oggi che nostro compito è di "preservare la pace". Preservarla dal paese che guida il G7 e la Nato, unica nazione al mondo ad aver utilizzato la barbarie atomica, deve essere il primo obiettivo dell'umanità.

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