Mohammad Hannoun, l'architetto sanzionato dagli USA: "I nostri progetti per la Palestina vanno avanti e crescono"

A l'AntiDiplomatico la versione dell'attivista palestinese che vive a Genova da anni. Recentemente il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti lo ha sanzionato, inserendolo nella “lista nera” dei collaboratori del “terrorismo islamista”. Nei giorni scorsi un evento a cui avrebbe dovuto partecipare a Novi Ligure è stato annullato. "In Italia le indagini non si sono mai fermate dal 2002-2003. Fummo già assolti"

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Mohammad Hannoun, l'architetto sanzionato dagli USA: "I nostri progetti per la Palestina vanno avanti e crescono"

Mohammad Hannoun è un attivista politico e sociale palestinese da numerosi anni residente a Genova, presidente dell’Associazione Palestinesi in Italia e dell’Associazione Benefica di Solidarietà col Popolo Palestinese. La sua attività lo ha portato ad essere il bersaglio di campagne diffamatorie e tentativi di intimidazione, ma ciò non ha impedito a lui e alle sue associazioni di promuovere l’invio di aiuti umanitari in Palestina e la sensibilizzazione dell’opinione pubblica italiana sulla tragedia in corso in quella terra, soprattutto a seguito della campagna genocida lanciata dall’entità sionista contro gli abitanti di Gaza. Recentemente il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha sanzionato Mohammad Hannoun, inserendolo nella “lista nera” dei collaboratori del “terrorismo islamista”. Nei giorni scorsi un evento a cui avrebbe dovuto partecipare a Novi Ligure è stato annullato perché l’associazione che avrebbe concesso la sala, legata a Fratelli d’Italia, ha rifiutato di approvare la sua presenza[1]. Lo abbiamo raggiunto per parlare delle sue attività e chiedere il suo parere sulla fase attuale della lotta per la liberazione della Palestina.

 

La vostra associazione è stata a lungo attaccata e presentata come un’organizzazione di supporto al “terrorismo islamico”. I vostri detrattori hanno presentato le attività umanitarie come semplice copertura. Potresti raccontarci come è nata l’ABSPP e quali attività ha svolto in questi anni?

L’Associazione Benefica di Solidarietà col Popolo Palestinese nasce nel 1994 a seguito della prima Intifada e della devastazione subita globalmente nella striscia di Gaza e in Cisgiordania. Si pensò di creare un’associazione che si occupasse di far conoscere le sofferenze del popolo palestinese e che potesse in qualche modo contribuire al miglioramento delle condizioni di vita delle vittime dell’occupazione. A questo fine abbiamo iniziato con i primi progetti, mirati a garantire ai bisognosi un pasto caldo in un contesto in cui non si sono mai interrotti gli attacchi contro la popolazione palestinese. Abbiamo diviso il nostro compito umanitario per rispondere alle esigenze delle varie categorie. Abbiamo fatto un elenco dei progetti dando ad ognuno una certa priorità. In primo luogo abbiamo pensato ai bambini, in particolare orfani e studenti. Abbiamo subito attivato un progetto di adozioni a distanza, e sin dall’inizio abbiamo voluto specificare che il nostro compito è quello di aiutare questi poveri orfani per non lasciarli vagare per le strade, per evitare che diventino delinquenti senza futuro. I bambini bisognosi, orfani e non, hanno visto garantito da noi il materiale scolastico  e l’abbigliamento adeguato per poter aver garantita una continuità negli studi. Per quanto riguarda le famiglie di agricoltori in difficoltà, che vivono aggressioni da parte dei coloni, in particolare in Cisgiordania e a Gerusalemme, abbiamo voluto dare loro un supporto attraverso l’acquisto dei loro prodotti e la distribuzione di questi alle famiglie bisognose. Abbiamo pensato a un progetto che soddisfasse diversi obiettivi: aiutare i contadini, sostenere l’economia locale e provvedere alle famiglie bisognose. Abbiamo voluto sostenere i commercianti locali attraverso l’acquisto diretto dai loro negozi per creare pacchi viveri. Questo progetto è anch’esso importante per garantire alle famiglie bisognose quelle risorse che l’embargo e l’assedio sionista gli impediscono di avere, pemettendo a loro di soddisfare i propri bisogni. La sanità è un settore particolarmente critico in tutta la Palestina, da Gaza ai campi profughi, soprattutto durante le incursioni israeliane quando gli ospedali vengono assediati e i pazienti arrestati. Abbiamo voluto sostenere il settore sanitario con donazioni. Con la crescita dell’associazione sono aumentati i progetti e anche la possibilità di intervento. Sia la comunità islamica che la cittadinanza italiana sono state di supporto. Abbiamo tre uffici di rappresentanza: uno amministrativo a Genova, uno a Milano e uno a Roma. In questi uffici riceviamo ogni giorno donatori e simpatizzanti. Durante gli anni i bisogni sono cresciuti. Abbiamo voluto contribuire negli ultimi anni all’emergenza legata alla disponibilità di risorse idriche, soprattutto a Gaza. Abbiamo quindi iniziato un progetto per creare pozzi d’acqua potabile, specialmente nei pressi delle scuole e nei centri urbani con meno acqua disponibile, in particolare nella striscia di Gaza, dove l’acqua è salatissima. Noi abbiamo scavato lì centinaia di pozzi d’acqua dolce, ormai distrutti dai bombardamenti sionisti. Abbiamo anche promosso la ricostruzione delle case danneggiate nei vari attacchi israeliani che si sono susseguiti negli ultimi anni. Abbiamo ricostruito non solo abitazioni, ma anche ambulatori ed edifici di utilità pubblica, fornendo anche apparecchiature mediche e medicinali.

 

A inizio mese il dipartimento del tesoro degli Stati Uniti ha emesso sanzioni contro di te, accusandoti di "sostenere il terrorismo". Secondo te qual è l'obiettivo che vogliono raggiungere tramite queste azioni e con queste accuse? Hanno veramente così tanta paura di chi porta un semplice aiuto umanitario al popolo palestinese?

Noi siamo animati dalla volontà di contribuire all’economia e alla società palestinesi. In Italia non raccogliamo prodotti, ma unicamente soldi che usiamo per comprare in loco, così da aiutare i commercianti e i produttori palestinesi. Noi ci appoggiamo ad associazioni umanitarie locali avendo come unico criterio l’equità della loro azione, senza discriminare tra le varie appartenenze politiche. Non abbiamo mai valutato le associazioni con le quali collaborare a sostegno del popolo palestinese in base al colore politico, all’origine etnica o alla confessione religiosa. L’importanza è l’onestà e l’efficacia dell’azione. Similmente gli aiuti vengono dati a tutti i bisognosi, a prescindere dal pensiero politico, dall’etnia e dalla religione. Tutti i bisognosi meritano di essere aiutati e sostenuti. L’associazione si è trovata ad affrontare diverse difficoltà, da quando siamo nati abbiamo dovuto affrontare tanti problemi ed attacchi. Noi come associazione nata in Italia e gestita secondo le leggi italiane siamo costretti ad adeguarci alle varie normative che regolano le associazioni, ma da quando la nostra associazione è cresciuta e ha iniziato a gestire somme considerevoli i riflettori si sono accesi su di noi. Le prime a creare difficoltà sono state le banche. Dal 2007 a oggi abbiamo dovuto cambiare almeno sei banche diverse dato che i nostri conti venivano continuamente chiusi. Recentemente anche  Poste Italiane e Paypal hanno chiuso i nostri conti. Da un anno siamo senza conto corrente e conto postale. Ci siamo rivolti alla magistratura e alla Procura della Repubblica consegnando loro l’elenco di tutte le associazioni in Palestina con cui abbiamo collaborato e chiedendo di segnalarci eventuali organizzazioni giudicate “sospette”. Non abbiamo avuto risposta, e le banche hanno continuato a chiudere i nostri conti. La raccolta dei fondi avviene ora in contanti nelle varie sedi grazie ai nostri collaboratori diffusi sul territorio italiano. Per ogni donazione che riceviamo, rilasciamo una ricevuta che certifica l’avvenuta trasmissione di ogni importo. Nonostante la repressione, i progetti vanno avanti, e questi sono persino aumentati con l’inizio del genocidio sionista a Gaza, essendo anche aumentato il flusso di donazioni. Questi soldi che vengono raccolti li portiamo con noi direttamente sul luogo dichiarandoli alla dogana, descrivendo le nostre missioni umanitarie. Così siamo riusciti a mantenere la costanza dei progetti che abbiamo avviato, dai campi profughi in Libano e Siria a Gaza e Gerusalemme. Nelle nostre missioni cerchiamo di portare quanti più possibili testimoni italiani, attivisti, politici e giornalisti, al fine di controllare come lavoriamo e renderli testimoni diretti di ciò che accade. Oltre a essere senza conto corrente, anche sui social siamo stati censurati a seguito dell’inserimento nelle liste nere del Dipartimento del Tesoro USA. Sono stato inserito sia io personalmente che l’associazione. Ci definiscono “finanziatori dei terroristi”. Noi abbiamo sempre e soltanto finanziato progetti umanitari collaborando con associazioni regolarmente riconosciute e costituite. Le conseguenze di questo inserimento hanno portato al blocco dei nostri vari account social, sia personali che dell’associazione. Vogliono così rallentarci e spaventare chi potrebbe donare. Questo per noi è ovviamente un danno, perché ci impedisce anche di pubblicizzare i nostri progetti. Ma tutti coloro che ci conoscono diventeranno i nostri portavoce, perché sostenere chi ha bisogno è un dovere di ogni essere umano, soprattutto davanti alla distruzione e ai massacri commessi da Israele. Noi cerchiamo di salvare le vite di chi i sionisti vorrebbero sterminare.

 

Precedentemente vi era già stata un'indagine in Italia a tal riguardo, e lo stesso Ministero della Difesa dell'entità sionista era intervenuto perché i beni dell'associazione fossero sequestrati, con Yoav Galant arrivato a definirti "Leader terrorista vicino ad Hamas"...

In Italia le indagini non si sono mai fermate dal 2002-2003 ad oggi. Siamo sempre stati sotto i riflettori e lo saremo per sempre. Precedentemente fummo già assolti, chiesero l’arresto immediato del presidente dell’associazione e la chiusura della stessa. Ma noi siamo sempre qui, e siamo ancora attivi. I nostri progetti vanno avanti e crescono. Quest’anno le entrate sono raddoppiate, nonostante la chiusura dei conti. L’aumento dell’attenzione per la questione palestinese causato dal genocidio in corso a Gaza ha prodotto tutto ciò, così come l’indifferenza della “comunità internazionale”. Queste indagini siamo fiduciosi che non porteranno a nulla, e che si risolveranno in un nulla di fatto. Noi vogliamo essere corretti e rispettosi della legge, per rispetto ai nostri donatori  e per poter continuare ad aiutare concretamente i palestinesi. Se in questi anni nessuna accusa ha potuto essere comprovata, ciò dimostra la nostra trasparenza e professionalità. Tutte queste accuse derivano dal governo israeliano, che vuole punire chi, in ogni parte del mondo, sostiene la Palestina con le proprie parole ed azioni. Noi sosteniamo i diritti del popolo palestinese. Israele è uno Stato terrorista che và isolato e condannato, non ci faremo intimidire. Non accettiamo che la resistenza all’occupazione sia chiamata “terrorismo”. Il popolo palestinese ha il diritto di difendersi, di vivere in dignità, di avere uno Stato palestinese che sia di tutti i palestinesi, che siano mussulmani, cristiani o ebrei.

 

Dopo il martirio di Haniyeh, al-Arouri e Sinwar, diversi analisti occidentali hanno dato la resistenza palestinese per spacciata. Nonostante ciò non sembrano diminuire le operazioni militari contro la presenza sionista a Gaza. Pensi ci sia ancora speranza?

Per quanto riguarda le uccisioni di Haniyeh, di al-Arouri e di Sinwar, posso dire due parole. Le rivoluzioni vivono grazie al sacrificio. Il sacrificio significa la continuità della lotta della rivoluzione. Quando i palestinesi hanno scelto di combattere il regime sionista erano consapevoli dei costi e della durezza delle scelte da fare. Rivoluzione è responsabilità. Chi sceglie di fare questo percorso è consapevole delle conseguenze: o si vince, o si muore. La morte di ogni combattente è aspettata, ma non perché sia cercata – la rivoluzione palestinese cerca la vita e la dignità, non la morte. Queste uccisioni, come la morte di ogni vita umana, non saranno la fine né di coloro che sono morti, né della rivoluzione. Siamo addolorati per l’assassinio di questi dirigenti e per la morte di ogni innocente, ma come ha detto il martire al-Arouri, “chi mi ha preceduto di un giorno vale più di me e ha dignità più di me”, per cui morire per una giusta causa è onorevole. Il disonore è di chi sostitene i criminali nazisfascisti che continuano nelle loro azioni genocide in Libano e Palestina. Questi assassini non indeboliscono la resistenza, non indeboliscono nemmeno le ali politiche e militari dei partiti palestinesi. La resistenza continuerà, e sorgeranno dirigenti ancora più determinati e coraggiosi, pronti a portare avanti la lotta fino allo smantellamento delle colonie e alla nascita di uno Stato palestinese democratico e sovrano.

 

Davanti all’espansione del conflitto da Gaza al Libano, allo Yemen, all’Iraq e all’Iran, cosa ne pensi delle lotte che stanno venendo condotte da questi altri paesi contro il regime sionista? Quale pensi dovrebbe essere l'atteggiamento dei paesi occidentali nei suoi confronti?

Le lotte che stanno venendo combattute in questi altri paesi sono assolutamente legittime. Difendere gli oppressi è il dovere di qualsiasi governo. I paesi occidentali dovrebbero sostenere la lotta giusta del popolo palestinese invece di sostenere il regime nazifascista israeliano; dovrebbero boicottarlo e interrompere qualsiasi rapporto con il governo di Netanyahu, altrimenti si è comunque complici.

 

In rappresentanza dell’ANP Abbas è stato presente al vertice dei BRICS di Kazan. Cosa pensi questa organizzazione? Offre possibilità d’emancipazione anche alla Palestina?

Ho sempre visto di buon occhio questa nuova forma di organizzazione internazionale che raccoglie i più grandi Stati in via di sviluppo del mondo e si sta espandendo non a caso tra quelli più oppressi dall’attuale regime internazionale. Non è però credibile la partecipazione ai BRICS di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e altri Stati vigliacchi e corrotti, che a mio avviso indeboliscono questa coalizione. Ciononostante è assolutamente possibile che i BRICS riescano a portare equilibrio nello scenario internazionale affrontando il monopolio americano. L’unipolarismo USA rappresenta una minaccia per l’umanità e per il nostro pianeta. Una forza che possa equilibrare la situazione potrebbe far pressione sull’occidente e per gli USA per far ascoltare la voce del resto del mondo, questo servirebbe e spero che i Brics riescano a fare ciò, ma non la vedo semplice come cosa, anche se rimango speranzoso. Io spero che gli USA siano per come li vedo, ossia arrivati al loro capolinea storico naturale. Speriamo che paghino presto per tutti i crimini che hanno commesso contro l’Umanità, dai nativi americani all’Iraq e la Siria. Il popolo palestinese soffre proprio grazie al supporto illiminato di Washington al regime terrorista di Netanyahu.


[1] https://www.rainews.it/tgr/piemonte/articoli/2024/10/ce-presunto-finanziatore-di-hamas-annullata-la-serata-pro-palestina-890102be-8cda-4982-964f-e0b85e9d9c23.html


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Leonardo Sinigaglia

Leonardo Sinigaglia

Nato a Genova il 24 maggio 1999, si è laureato in Storia all'università della stessa città nel 2022. Militante politico, ha partecipato e collaborato a numerose iniziative sia a livello cittadino che nazionale.

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