Nigeria, è davvero una svolta storica?

Nigeria, è davvero una svolta storica?

Un musulmano alla guida del paese, nonostante Boko Haram. Ma gli interessi economici e finanziari dell'ex presidente come reagiranno?

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di Augusto Rubei
 
La Nigeria a un musulmano, nonostante Boko Haram. Muhammadu Buhari, 72 anni, originario dello Stato di Katsina, ha vinto le elezioni e guiderà il paese fino al 2019. Un risultato di portata storica: per la prima volta dall’avvento della democrazia, nel 1999, viene sconfitto un candidato del People democratic party (Pdp).
 
Nelle ultime settimane di comizi elettorali, Buhari aveva cominciato a definirsi un “democratico riformato”, forse per ricordare ai nigeriani che le persone possono cambiare. Perché il suo era un volto già noto alla Nigeria: dopo aver partecipato a un colpo di Stato, divenne presidente tra il 1983 e il 1985; poi si presentò senza successo alle presidenziali del 2003, del 2007 e del 2011, in quest’ultima registrando una sonora sconfitta. Ma il momento della rivincita è arrivato anche per lui, malgrado i suoi avversari abbiano tentato in ogni modo di tacciarlo come un terrorista.
 
Il vincitore sapeva che queste non sarebbero state delle semplici elezioni ma un referendum sul mandato del suo avversario, il presidente uscente Goodluck Jonathan (al potere dal 2010), dimostratosi poco reattivo di fronte all’espansione di Boko Haram. Sotto il suo mandato, i jihadisti al comando di Abubakar Shekau sono riusciti a stravolgere le regioni del nord: abbattendo ponti, costruendo strade, piazzando mine intorno al perimetro di Borno e giungendo a proclamare un proprio Califfato, con capitale a Gwoza. Il secondo, dopo quello dello Stato Islamico di Abu Bakr al-Baghdadi, nell’era in cui il terrorismo non è più solo uno strumento votato alla distruzione, bensì alla creazione di entità territoriali autonome e indipendenti.
 
I nigeriani non gliel’hanno perdonato. Sulla sua coscienza pesano oltre duemila vittime innocenti della follia islamista, il maxi-rapimento di 230 studentesse finito su tutti i media del mondo. Ciononostante, dalle urne Jonathan esce sconfitto con uno scarto marginale. La coalizione delle opposizioni, l’All progressives congress (Apc) guidata da Buhari, ha ottenuto 15,4 milioni di voti contro i 13,3 milioni andati al Pdp. Nel 2011 lo squilibrio tra le due forze era stato di circa 10 milioni di voti a favore dei “democratici”.
 
Buhari è stato incoronato dal nord, come ci si aspettava. Qui ha battuto Jonathan per 1,7 milioni di preferenze. È la prima volta che in Nigeria un governo in carica viene sostituito tramite elezioni.  Ora il gigante d’Africa si appresta a intraprendere il cammino più difficile. Non è un caso che pochi minuti dopo il verdetto delle urne il portavoce del generale Buhari abbia detto di temere “i colpi di coda e i trucchi del governo uscente”.
 
Il Pdp di Jonathan non è solo un partito, ma una costellazione di interessi economici, politici e militari. Malgrado Goodluck abbia riconosciuto la sconfitta, il rischio che qualcuno dei suoi dia il via a una nuova ondata di violenze è piuttosto alto. Quattro anni fa, i disordini esplosi dopo il voto provocarono più di mille morti. È da vedere se Buhari manterrà le numerose promesse fatte in campagna elettorale, tra cui la creazione di 720 mila nuovi impieghi pubblici, un rilancio del settore agricolo attraverso l’erogazione di prestiti a tasso agevolato per i piccoli imprenditori, la redazione di una road map per lo sviluppo della parità di genere e la produzione di 20 mila megawatt di energia elettrica in quattro anni, per superare l’attuale livello di consumo, attestato intorno ai 15 mila mw.
 
Il 16 febbraio, a Enugu, capitale dell’omonimo Stato federato, parlando ai suoi Buhari aveva promesso un rilancio dell’economia e una crociata contro la corruzione, garantendo tagli agli sprechi e “un’amministrazione pulita ed efficiente”. Sarà messo alla prova dai fatti: il continuo calo del prezzo del petrolio ha avuto un forte impatto sull’industria nazionale e i relativi deflussi di capitale hanno prodotto una svalutazione della naira (la valuta nigeriana) di quasi il 10%. L’ex generale parte comunque da condizioni favorevoli. La scia di sangue lasciata da Boko Haram durante il voto è stata meno intensa rispetto alle precedenti elezioni e la fase di relativa calma, grazie soprattutto al massiccio intervento militare degli eserciti di Ciad e Camerun sul territorio nigeriano, ha spinto il mercato azionario a guadagnare il 2% durante il corso di tutta la campagna elettorale.
 
Un musulmano alla guida della Nigeria potrà contribuire a dare nuove speranze a un popolo soffocato dalla ferocia dei jihadisti ma che, almeno per il momento, rimane il vincitore di queste presidenziali. Nelle prime ore del mattino del 28 marzo, quando i seggi elettorali stavano per aprire, un avvocato nigeriano ha pubblicato sul suo profilo Twitter una foto che ritraeva una lunga coda di sole donne in attesa di esprimere il proprio voto a Maiduguri. Quella, senza alcun dubbio, è stata la migliore risposta che la Nigeria potesse dare al mondo. Il più caloroso abbraccio alla democrazia.

Fonte: Limesonline

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