Paolo Maddalena - Ilva e telecomunicazioni: così i governi italiani distruggono la potenza industriale del Paese

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Paolo Maddalena - Ilva e telecomunicazioni: così i governi italiani distruggono la potenza industriale del Paese

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Stanno apparendo, giorno dopo giorno, le conseguenze nefaste dell’azione dei governi succedutisi dall’assassinio di Moro in poi e specialmente di questo ultimo governo, che, con i loro provvedimenti improntati al più bieco neoliberismo, hanno rafforzato i ricchi e indebolito i poveri, dando un colpo mortale al nostro sistema economico, che appare ormai debole e inaffidabile sul piano internazionale.
 
Micidiali sono state le “privatizzazioni” (la trasformazione in SPA di Enti pubblici economici e Aziende pubbliche, che erano “fuori mercato” e non potevano fallire), nonché le “liberalizzazioni” (e cioè la trasformazione, in res nullius a disposizione del primo occupante, dei beni immateriali appartenenti al Popolo, come, ad esempio, le frequenze televisive, le linee aeree, il commercio, ecc.), che hanno sottratto al Popolo la “proprietà pubblica demaniale” della “ricchezza nazionale”, per farle finire nelle mani, di singoli soggetti o di multinazionali, con l’inevitabile conseguenza di una perdita del potere direzionale negli affari economici da parte del nostro Stato comunità. Né ha sortito alcun effetto positivo l’aver disposto una legislazione che salva i colletti bianchi e i capitani d’industria dalla responsabilità penale (abrogazione dell’abuso d’ufficio, il depotenziamento del traffico di influenze illecite, le modifiche sulle intercettazioni), e punisce duramente i poveri (legge Cutro contro i migranti, il decreto sicurezza contro i carcerati, ai quali è impedito anche di rifiutare il cibo, le leggi contro i mendicanti, e così via dicendo).
Si tratta di provvedimenti inutili ed odiosi che hanno fatto compiere al nostro paese un passo indietro fino ai tempi della prima industrializzazione tanto bene descritta dai film di Chaplin.

La prova più recente della erroneità di questa insana politica ci è offerta dal caso ILVA. E’ avvenuto, infatti, che la multinazionale straniera Arcelor Mittal, che possiede il 62 per cento del capitale sociale dell’ex ILVA, e, fatto gravissimo, si è sempre rifiutata di attuare il piano industriale approvato dall’Assemblea, ha respinto sprezzantemente l’offerta italiana di 320 milioni, da destinare a un aumento del capitale, indispensabile per salvare l’azienda dal collasso, mentre, nello stesso tempo, ha investito più di un miliardo nell’Acciaieria di Dunkerque in Francia, per la sua decarbonizzazione.
Insomma, l’Italia si è impoverita da sola, ha distrutto la sua potenza industriale creatrice di una zona di sicuro sviluppo economico, indebolendo la sua immagine sul piano internazionale, ed ora subisce lo scacco di essere poco, o per nulla, credibile sul piano della sicurezza degli investimenti.
Per l’ex ILVA, ora è imminente l’Amministrazione straordinaria ed è molto difficile che i Commissari si dedichino alla ristrutturazione dell’Azienda, piuttosto che a preparare tutto per la sua liquidazione, con il chiaro venir meno di decine e decine di posti di lavoro. Insomma chi ci rimette sono i più deboli, mentre i ricchi lasciano l’Italia per approdare in più prosperi lidi. E come ultima notizia si deve dire che, secondo una nota di Palazzo Chigi in data odierna, il Governo ha dato il via libera alla vendita al Fondo infrastrutturale KKR delle nostre reti di telecomunicazioni, le quali, per l’80 per cento passano agli Americani, e per il 20 per cento restano agli Italiani.
 
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