Polonia, servizi Usa e Zelensky. Cosa si cela dietro le nuove rivelazioni di Seymour Hersh?

Polonia, servizi Usa e Zelensky. Cosa si cela dietro le nuove rivelazioni di Seymour Hersh?

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di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico

Cominciamo col riportare le affermazioni di una persona che, a differenza di tanti “leccazampe” (il mio babbo usava questa parola per non essere volgare) di produzione nostrana, il giornalista lo fa davvero e da diversi decenni: come minimo, da quando scriveva delle stragi yankee nei villaggi vietnamiti. Basandosi su propri contatti tra i Servizi americani, il premio Pulitzer Seymour Hersh dice che alcuni paesi dell'Europa orientale - tra l'altro, tra i più sfacciati russofobi – cominciano ad averne abbastanza del conflitto in Ucraina e cercano tacitamente di convincere il nazigolpista-capo a trattative di pace.

RIA Novosti riferisce la frase completa di Hersh: «Ora si parla solo della possibile offensiva di ognuna delle parti per fine primavera o estate. Ma si sta preparando anche qualcos'altro, come hanno riferito in segreto funzionari dell'intelligence americana, sulla base di voci di rappresentanti a vario livello dei governi di Polonia, Ungheria, Estonia, Rep. Ceca, Lettonia e Slovacchia. Tutti paesi alleati dell'Ucraina e nemici dichiarati di Vladimir Putin».

Ora, come dimostrano gli ultimi passi di Viktor Orban, per quanto riguarda l'Ungheria una tale uscita è abbastanza plausibile. Ma, per gli altri? Trattandosi di “indiscrezioni” fornite dai Servizi, è davvero da escludere che si sia in presenza di “informazioni” confezionate appositamente per qualcosa di diverso rispetto a quanto affermato? È possibile che, almeno per una volta, Seymour Hersh sia stato tratto in inganno? Se quest'ultima possibilità, vista la professionalità della persona, sembra oltremodo remota, non sembra da escludere l'ipotesi che si tenti, in questo modo, di sondare per altra via gli “umori” di qualcuno ben più influente, per dire, dei “nani” baltici, o chi per loro.

Ragione immediata della sortita dei satelliti esteuropei non sarebbero affatto motivi umanitari, ma, secondo Hersh, sarebbe il peso economico e sociale degli oltre cinque milioni di profughi ucraini che stazionano nei loro paesi (secondo uno studio dell'Organizzazione internazionale del lavoro, la popolazione ucraina in età lavorativa, uomini e donne, sarebbe diminuita di 5,5 milioni di persone; ma si deve considerare almeno un altro milione, dei due emigrati in Russia) e gli “alleati” arriverebbero al punto di chiedere a Kiev la pace, anche a costo delle dimissioni di Vladimir Zelenskij.

Possiamo aggiungere che, oltre a ciò, è pensabile che lo stato delle economie di almeno parte di quei paesi, induca le locali borghesie a dire qualcosa sulla forzata “astinenza” dai rapporti con la Russia ma, soprattutto, che si cominci a temere sul serio un possibile coinvolgimento diretto nella guerra.

Ma, in ogni caso – quantomeno per quel che riguarda la Polonia, che mira a scalzare la Germania e diventare il “fulcro” yankee d'Europa – le affermazioni di Hersh, pur se infondono cauto ottimismo, sembrano quantomeno premature. E infatti, lo stesso Hersh aggiunge che, stando alla CIA (probabilmente, anche alla National Security Agency), «Zelenskij è irremovibile» e fermamente deciso a continuare la guerra, pur se con la sua testardaggine «comincia a perdere l'appoggio dei vicini sul piano personale». Ingenuamente, potremmo anche chiederci: chi è che induce Zelenskij a essere così “irremovibile”?

Su Komsomol'skaja Pravda, il politologo Sergej Markov afferma che quanto detto da Hersh appare strano a una persona comune: «com'è che i principali russofobi chiedono a Zelenskij di fermare il conflitto? Dal mio punto di vista, la logica c'è ed è assolutamente precisa. Essi ritengono di aver ormai sconfitto la Russia e di non aver bisogno di andare oltre, bensì di consolidare la vittoria. E qual è la vittoria? È quella di aver reso l'Ucraina anti-russa, di aver distrutto ogni sentimento filo-russo in Ucraina. Dal loro punto di vista, è ora di finire la guerra. A quali condizioni, è tutto un altro discorso. Sono disponibili anche a una “variante coreana”, con le truppe attestate sulle attuali posizioni».

Effettivamente, una “persona comune” vede oggi tutt'altro di quel che afferma Hersh.

Vede la NATO che mette a punto il primo “piano di difesa” su larga scala dalla cosiddetta fine della guerra fredda, per l'eventualità (che qualcuno nell'Alleanza sembra proprio volere spasmodicamente) in caso di conflitto con la Russia, che «potrebbe scoppiare in qualunque momento», come ha dichiarato il capo del Comitato militare NATO, Rob Bauer. Secondo la Reuters, il piano dovrebbe essere approvato al vertice del prossimo luglio a Vilnius. Si tratterebbe, stando al El Pais, della maggiore riorganizzazione strategica della NATO sullo sfondo della “minaccia russa”.

E, per quanto riguarda specificamente la Polonia, la solita “persona comune” sente il presidente Andrzej Duda dichiarare che Varsavia, oltre a centinaia di carri armati (Leopard 1 e 2, PT-91, ecc.) ha fornito a Kiev «quasi tutti gli esemplari di MiG-29 in nostro possesso, come chiesto dall'Ucraina», aggiungendo che la fornitura degli esemplari rimasti potrebbe essere problematica, dato che sono stati modificati secondo gli standard NATO.

Quella “persona comune” legge delle più grosse manovre aeree, “Air Defender 2023”, dalla fondazione della NATO, che si svolgeranno nei cieli della Germania a metà giugno, con velivoli tedeschi, USA e di altri 23 “alleati”, che si spingeranno anche fino ai limiti orientali dell'alleanza, verso Estonia e Romania. Quella persona, legge della signora Von der Leyen, nata Albrecht, secondo la quale gli ucraini assicurano con il loro sangue anche il futuro dei nostri figli, combattendo «letteralmente per la libertà, l'umanesimo e la pace» e del signor Scholz, che ringrazia Zelenskij per la difesa dei «valori per i quali si erge l'Europa».

Valori che, stando alle informazioni di Seymour Hersh, includono la volontà di Zelenskij di non recedere dalle proprie posizioni e di voler combattere fino all'ultimo ucraino.

Di più, secondo l'intelligence yankee citata del premio Pulitzer, «alle spalle della Casa Bianca», il nazigolpista-capo insiste (ma, davvero “alle spalle”?) per «l'allargamento degli attacchi missilistici sul territorio russo», nonostante avesse ufficialmente promesso a Biden di non utilizzare a tale scopo le armi fornite dagli USA.

E, però, si chiede Kirill Benediktov sulla russa RT, quanto può esser verosimile l'esistenza di una simile “alleanza” di paesi est-europei che vorrebbero portare Zelenskij a colloqui di pace? A differenza dell'inchiesta sul sabotaggio al “North Stream”, le informazioni pubblicate ora da Hersh non contengono riferimenti a documenti specifici: da ciò si può dedurre che l'obiettivo non sia quello di rivelare qualcosa, ma di inviare un messaggio. E in questo caso: a chi? Dal momento che non è certo un segreto che la politica di Kiev sia determinata principalmente da due controllori esterni, USA e Gran Bretagna, coi relativi establishment e complessi militare-industriali, Hersh (e, presumibilmente, non solo lui personalmente) rivelando l'esistenza di questo “club” di paesi che cercherebbero di contenere Zelenskij, vorrebbe (vorrebbero) inserire un cuneo tra quei due controllori e i loro “alleati” est-europei.

E chi sarebbero, in questo caso, coloro che vorrebbero insinuare il cuneo? L'esclusiva conoscenza di Hersh di ciò che si cela dietro le quinte dei Servizi USA, consente di supporre che il giornalista sia strettamente legato a quei circoli dell'intelligence non proprio entusiasti della prosecuzione del sostegno che l'amministrazione Biden offre (o impone) al regime di Kiev. Circoli che, scrive Benediktov possiamo «definire convenzionalmente realisti politici». Circoli che, per quanto non certo “amici dei russi”, sono spaventati dal vicolo cieco in cui è finita Washington grazie alla politica democratica, con l'imminente minaccia di  default, che rischia seriamente di abbattersi sull'economia USA e scuotere il dominio globale del dollaro.

In questo quadro, diventa estremamente rischioso continuare a finanziare il regime di Zelenskij e, conclude Benediktov, l'uscita di Seymour Hersh rappresenta un tentativo di evitare la catastrofe, gettando i semi della reciproca sfiducia tra gli alleati di Kiev.

Intanto, purtroppo, le uniche voci che si odono continuano a essere quelle di cannoni e missili che colpiscono i quartieri abitativi di Donetsk e Lugansk e dei villaggi circostanti, come Alcevsk, Jasinovataja, Gorlovka, mirando scientemente sugli edifici civili e assassinando o ferendo migliaia di persone.

Fabrizio Poggi

Fabrizio Poggi

Ha collaborato con “Novoe Vremja” (“Tempi nuovi”), Radio Mosca, “il manifesto”, “Avvenimenti”, “Liberazione”. Oggi scrive per L’Antidiplomatico, Contropiano e la rivista Nuova Unità.  Autore di "Falsi storici" (L.A.D Gruppo editoriale)

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