Putin, il congelamento del conflitto e il presunto "scoop" di Reuters

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PICCOLE NOTE

La Reuters ha riferito che Putin è pronto a fermarsi e congelare la guerra. L’asserito scoop dell’agenzia stampa britannica, che ha rilanciato quanto appreso da quattro diverse fonti russe vicine all’entourage dello zar, ha certa importanza, nonostante abbia scoperto l’acqua calda, ché lo zar da tempo chiede che si aprano negoziati (un segnale in tal senso lo ha dato anche nel corso della recente visita in Cina, quando ha detto che i russi non hanno ancora piani per conquistare la città di Kharkiv).

Exclusive: Putin wants Ukraine ceasefire on current frontlines


Lo spettro del collasso estivo

L’importanza del lancio della Reuters risiede nel fatto che da anni le aperture dei russi vengono più o meno puntualmente ignorate. Dare spazio alla notizia significa che nell’establishment anglosassone è rimasto un residuo di lucidità, che una parte di esso vuole chiudere la guerra.

Non che ci sia molto spazio per la speranza, dal momento che finora il partito della guerra occidentale è sempre riuscito a soffocare tali aperture. Ma un barlume si è acceso.

Peraltro, tale sprazzo di lucidità si è aperto proprio mentre più forte imperversa il partito suddetto, caduto preda di una vera e propria isteria che rischia di scatenare una guerra atomica.

In tal senso vanno lette le richieste, avanzate da diversi politici americani e ucraini, per un placet Usa a Kiev per usare le loro armi contro il territorio russo (già accade, ma esplicitarlo sarebbe tutt’altro); come anche la richiesta ucraina di istruttori Nato, alla quale il Pentagono, invece di opporre un subitaneo diniego, ha risposto con un (improvvido) momentum di riflessione.

Lo scoop della Reuters arriva anche in un momento di reale affaticamento della composita coalizione anti-russa, che non sa come fare a uscire dal tunnel nel quale si è cacciata. Se da una parte continua a ripetere il mantra del sostegno incondizionato all’Ucraina, dall’altra vede concretizzarsi lo spettro del collasso dell’esercito ucraino.

I rovesci sul fronte sono ormai sotto gli occhi di tutti e il dubbio atroce che inizia a sorgere nelle menti dei grandi strateghi d’Occidente è che le forze di Kiev vadano a dissolversi nella prossima estate.

Erano sicuri che la strategia russa, impostata su un diuturno logoramento delle forze nemiche, concedesse loro tempo, tale almeno da arrivare alle presidenziali Usa di novembre con una guerra che ancora poteva essere spacciata come foriera di future vittorie, per poi chiuderla dopo il voto.

Anzi, altri hanno ipotizzato una più lunga durata, tale da riuscire ad arrivare al congelamento invernale, che avrebbe offerto la possibilità di rigenerare l’esercito ucraino per una vittoriosa (?) controffensiva futura.

Ora intravedono il rischio di una più breve durata, da cui le reazioni scomposte del partito della guerra e quelle più ragionevoli evidenziate dalla nota della Reuters, cioè chiudere con un accordo che salvi l’onore dei supporters di Kiev, i quali potranno sempre scaricare sulla leadership ucraina la responsabilità della sconfitta.

I russi implementano il loro potenziale bellico

D’altronde, il collasso potrebbe davvero essere alle porte. Per l’esercito ucraino non si tratta solo di far fronte a un divario di forze e armamenti, ma anche ad altro. Di oggi, ad esempio, l’articolo del New York Times sui progressi tecnologici dei russi, che sono riusciti a neutralizzare Starlink, la rete satellitare che ha consentito agli ucraini di reggere finora garantendo le comunicazioni delle forze armate. Senza Starlink, le forze ucraine sono sbandate e sono state sopraffatte con relativa facilità.

La Russia, in una nuova spinta, interrompe sempre più il servizio Starlink dell'Ucraina

A breve, poi, ci potrebbe essere un’ulteriore novità, con i russi che hanno annunciato l’arrivo al fronte delle Fab 3000. Si tratta delle bombe plananti dell’arsenale russo, che permettono ai loro jet di bombardare obiettivi a grande distanza, tenendosi fuori dalla portata della contraerea nemica.

Le nuove bombe sono molto più potenti delle precedenti e il loro arrivo potrebbe coincidere con una nuova e più forte spinta della fanteria, cioè una ancor più devastante offensiva estiva.

Certo, al solito, nessuno può brandire certezze su questa guerra, ma una cosa certa c’è, eccome, ed è il panico che serpeggia tra i fautori delle guerre infinite, che vedono palesarsi l’ennesimo scacco delle loro fumisterie.

L’Occidente potrebbe avere un sussulto di ragionevolezza e, come accaduto per il repentino defenestramento della bellicosa Nuland dal Dipartimento di Stato Usa, potrebbe finalmente decidersi a gettare in mare i corifei dell’apparato militar-industriale Usa per accogliere le richieste di negoziato avanzate dalla controparte.

Le dimissioni di Victoria Nuland confermano il disimpegno degli USA dal conflitto ucraino?

Da questo punto di vista, appaiono interessanti le insistite indiscrezioni mediatiche su una possibile defezione di Biden al vertice che Zelensky ha convocato in Svizzera.

Se il presidente Usa disertasse davvero il summit – convocato in terra elvetica subito dopo il G-7 italiano proprio per favorire in ogni modo la sua presenza – sarebbe un segnale fortissimo per la leadership ucraina.

Certo, si spiegherebbe più prosaicamente come un’ulteriore mossa di Biden per allontanare la debacle ucraina dalla campagna presidenziale, ma il significato più alto, cioè il disimpegno americano dal destino di Kiev, non potrà essere eluso.

In attesa, e nell’incertezza, il timido segnale della Reuters accende un lumicino di speranza. C’è ancora tempo per evitare che altri ucraini siano mandati al macello a maggior gloria delle guerre infinite e dei tanti, loschi, interessi connessi.

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