Quale futuro per l'Europa in un mondo multipolare?

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Quale futuro per l'Europa in un mondo multipolare?


di Vincenzo Costa


Il mondo contemporaneo si trova davanti a una nuova sfida: il passaggio a un mondo multipolare. Questo passaggio implica una ridefinizione dell’identità dell’Europa, in particolare siamo di fronte alla fine di un certo modo di pensare l’identità dell’Occidente, come si rappresenta rispetto agli altri e come autointende il proprio ruolo nella storia mondiale.

Il 21 settembre alle 18:00 affronteremo a Parma (Villa Ester) con alcuni amici e in occasione della presentazione del numero di La fionda dedicato all'Europa, questo tema limitandoci ad alcuni punti:

1. L’analisi dell’idea di un mondo unipolare, come si struttura nel pensiero liberale contemporaneo, in particolare in Fukuyama, Huntington e Rawls. Qui l’idea è che l’Occidente sia una sorta di punta avanzata, una sorta di modello a cui tutta l’umanità deve tendere. Inevitabilmente, questa idea che si era affermata in un momento storico (a partire dagli anni ’80 del secolo scorso) in cui sembrava che ogni alternativa al modello liberale occidentale fosse svanita, oggi rischia di condurre a uno scontro di civiltà e a una catastrofe planetaria, o almeno a decenni di conflitti armati crescenti.

2. Questa idea di Europa e di Occidente è tuttavia ben lungi dal rappresentare l’identità dell’Occidente. Essa ha una data di nascita precisa, in una certa elaborazione culturale, e coincide con la nascita di quella che è la filosofia della storia, che si afferma nel periodo che va dal 1740 al 1780. Essa si basa sull’idea di “dolce commercio”, secondo la quale il legame tra gli uomini e tra le nazioni si deve strutturare attraverso il libero mercato, che eliminerà ogni conflitto e ogni disputa. Per Voltaire, alla borsa di Amsterdam musulmani, ebrei e cristiani commerciano, fanno affari e si evitano conflitti e guerre. Herbert Spencer poneva tuttavia più avanti una condizione: che tutta l’umanità assumesse il modo di essere dell’”inglese industrialmente modificato”. Del resto, questa idea era presente già in Ferguson. Dunque, tutti i popoli devono acquisire questa tipo di umanità, più avanzata, più adattiva. Questa mentalità è l’Europa e l’Occidente, e tutti si devono europeizzare. Questo è una sorta di dover-essere, questo concetto fondamentale e fondante della filosofia politica moderna.

3. È questa idea di Europa che è andata in crisi, che non ci permette di pensarci in un mondo multipolare e di pensare un mondo multipolare. Un mondo multipolare non è del resto il passaggio ad una differente forma di imperialismo, come molti temono, per esempio il passaggio all’imperialismo russo-cinese. Innanzitutto perché Cina e Russia mirano a un mondo multipolare, ma anche a rimanere ognuna indipendente dall’altra, in secondo luogo perché del mondo multipolare fanno parte Brasile, India, paesi africani. Si tratta di un sistema di differenze non riassorbibili. Per questo ha senso parlare di “mondo multipolare”.

4. Questo passaggio dal mondo unipolare a quelle multipolare non sarà comunque indolore e non è privo di pericoli e di contraddizioni. Molti popoli sono entrati nella storia universale, che non è il confluire di tutti i popoli nella cultura occidentale. Ma neanche è un rifiuto della modernizzazione. Ciò che è in atto oggi è un processo di modernizzazione, rapidissimo, di tutti i paesi del mondo, che però assumono la modernizzazione senza rinunciare alla propria identità.

5. È un processo che va studiato e compreso, per ridefinire come l’Occidente possa inserirsi in esso e giocare un ruolo positivo. Il primo passo in questa direzione consiste nel ridefinire l’identità dell’Europa, liberandosi dello schema teleologico secondo cui tutti i popoli della terra devono desiderare diventare come noi, mettendo da parte il pensiero unipolare di Rawls, Fukuyama e Huntington e riscoprendo o inventando una differente identità europea. L’Europa è una stratificazione, e ciò che sta finendo oggi è semplicemente quella territorializzazione che aveva identificato l’Occidente e la ragione occidentale con la cultura anglosassone.

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