Spesa militare verso il 5% del Pil: per la sua "rivincita storica" la Polonia soffia sulla guerra in Europa

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Spesa militare verso il 5% del Pil: per la sua "rivincita storica" la Polonia soffia sulla guerra in Europa


di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico

 

Mentre il presidente polacco Andrzej Duda, incurante del ridicolo, accusa il proprio primo ministro Donald Tusk di continuare la sua collaborazione col FSB russo, rievocando un accordo del 2012 – anche allora Tusk ricopriva la carica di premier - tra Intelligence militare polacca e Servizio di sicurezza russo (FSB), nelle più pragmatiche bolge terrene, il Ministro della difesa Wladyslaw Kosiniak-Kamysz annuncia che nel 2025 Varsavia supererà tutti gli altri paesi NATO, destinando alla guerra il 4,7% del PIL, contro il 3,26 del 2023. Tanto per avere un'idea: gli USA destinano il 3,38% e l'Estonia, forse il paese più bellicista d'Europa, il 3,43%, mentre la media tra i paesi NATO è del 2,7%. La ragione di tale balzo polacco l'aveva annunciata lo stesso Kosiniak-Kamysz a inizio anno: una «elevata probabilità di guerra» con la Russia.

In generale, Varsavia ha in programma, da qui al 2035, di portare le forze armate a 400.000 unità, dalle attuali 167.000, tra forze di terra, di mare e speciali, con una spesa complessiva per la “difesa” di 133 miliardi di dollari, tra armamenti e personale militare.

Su Komsomol'skaja Pravda, Dmitrij Babic ricorda le ultime tappe dell'accelerato riarmo polacco: in agosto, accordo con la Boeing per 96 elicotteri d'attacco AH-64E “Apache Guardian”, per circa 10 miliardi di euro, che includono la realizzazione in Polonia della relativa struttura logistica da parte della Boeing. Secondo il giornalista polacco Jan Opelka, la pratica internazionale mostra che quei 10 miliardi di euro sono solo l'inizio: il ciclo di vita atteso degli “Apache Guardian” è di 40 anni e ciò significa che in questo periodo la Polonia dovrà pagare alla Boeing altri 20-23 miliardi di euro per mantenerli in efficienza di combattimento.

Ma Varsavia ha anche un contratto con la Lockheed Martin per caccia F-35, siglato nel 2020 dal governo di Mateusz  Morawiecki, del sanfedista “Diritto e Giustizia”, per i cui acquisto e manutenzione è prevista l'adesione a una sorta di costosissimo “club di utenti”. Ci sono poi contratti per missili “HIMARS”, sistemi antiaerei “Patriot”, carri “Abrams” ed è quantomeno strano, ironizza la Berliner Zeitung, che il gabinetto Tusk, così “fedele europeista”, acquisti armi USA, mentre si limita a promettere l'acquisto di “Eurofighter”.

Tutto questo, senza dimenticare i precedenti accordi Varsavia-Seoul per l'acquisto di obici semoventi “K9”, sistemi lancio “Chunmoo”, carri “K2”, caccia “KAI T-50”, aerei “FA-50”, per oltre 12 miliardi di dollari, oltre al recente memorandum per la realizzazione di una fabbrica in territorio polacco per la produzione di missili “terra-terra” con cui armare il sistema multiplo “K239 Chunmoo”.

Dietro la corsa al riarmo polacco c'è l'aspirazione a una “rivincita storica”, afferma il politologo Gennadij Podlesnyj e, anzi, si può supporre che da parte NATO ci siano diverse preoccupazioni per le ambizioni polacche: se da un lato si saluta l'aspirazione a diventare il primo esercito d'Europa, dall'altro si teme che i polacchi possono agire in maniera imprevedibile, considerate anche le rivendicazioni territoriali nei confronti della Germania e alcuni disaccordi con la Lituania sul cosiddetto “corridoio Suwalki”, in grado di collegare il territorio bielorusso alla regione di Kaliningrad e che la NATO considera il punto debole del proprio fianco orientale.

C'è da ricordare poi, nota Podlesnyj, che l'anno prossimo si terranno in Polonia le presidenziali e, al momento, gli unici due candidati sono entrambi del partito del premier “Piattaforma civica”: l'attuale Ministro degli esteri Radoslaw Sikorski e il sindaco di Varsavia Rafal Trzaskowski; come dire, una garanzia di spinte revansciste antirusse, cui fanno da sponda anche pretese verso la Germania, per la riconquista dei territori orientali e occidentali. E, in caso di conflitto su larga scala, non appena le forze russe raggiungano il Dnepr, liberando le regioni di Odessa e Nikolaev, Varsavia non esiterà a occupare i territori occidentali dell'Ucraina, come aveva fatto tra il 1920 e il 1939.

Tra le altre spese “difensive”, Varsavia stanzia anche 2,6 miliardi di dollari per ulteriori installazioni sui confini con Bielorussia e Russia: uno “Scudo orientale” fatto di fortificazioni e recinzioni, piantagioni forestali e modifiche alla conformazione del terreno che, secondo Donald Tusk, renda «il nostro confine sicuro in tempo di pace e invalicabile in tempo di guerra». Nel frattempo, Varsavia chiede alla Banca Europea di Investimenti 127 milioni di dollari per spese di monitoraggio satellitare da inserire in un sistema di difesa europeo sul modello del “Iron Dome” israeliano.

Tutto questo, ricordando come, appena nel luglio scorso, Radio Zet avesse riferito come forze yankee stessero trasferendo carri armati e trasporti truppe dalla Germania alla Polonia nel quadro del «rafforzamento del fianco orientale della NATO». E, dallo scorso agosto, Varsavia sta mettendo in atto anche un'operazione di rafforzamento della difesa aerea sul confine orientale, col nome in codice “Alba aerea”, ufficialmente destinata a rilevare «oggetti che violino i confini, anche a bassa e bassissima quota, come droni o altri mezzi senza pilota». A detta dei comandi polacchi, l'operazione interesserebbe «i confini orientali e nord-orientali della Polonia, dove più alto è il rischio di violazioni»: ovviamente, da parte russa; e come potrebbe essere altrimenti!

Ma, in tutta questa corsa al riarmo, lucrosa che per chi conclude i contratti, segna il passo – forse perché non altrettanto redditizia in termini di soldi da intascare - la pretesa di dar vita sul territorio polacco a una cosiddetta “Legione ucraina” da destinare alla guerra in corso. Come ricorda la polacca Dzienik Gazeta Prawna, l'annuncio in merito era stato fatto da Vladimir Zelenskij, nel corso della sua visita in Polonia lo scorso luglio, specificando che il raggruppamento dovrebbe raccogliere volontari tra gli ucraini che vivono in permanenza in Polonia e altri paesi europei, procedendo al loro addestramento nell'Esercito polacco.

Lo scorso 11 luglio, ricorda RIA Novosti, il solito Radoslaw Sikorski, intervenendo a un forum della NATO a Washington, aveva parlato di alcune migliaia di ucraini che si erano registrati. Sembra però che si sia trattato di un fraintendimento. Il 25 luglio, l'allora ambasciatore ucraino a Varsavia Vasilij Zvaryc proclamava a Ukrinform che «Puntiamo a mettere in moto il tutto  per inizio agosto». A detta di Dzienik Gazeta Prawna, però, Zvaryc aveva in mente le domande di candidatura alla “Legione” precedenti la campagna informativa dei consolati e non la registrazione ufficiale e aveva detto che, prima di tutto, avrebbe dovuto essere concluso un accordo tecnico che «specifichi i ruoli» dei due Paesi.

Insomma, quando non c'è da guadagnare un granché in commesse e contratti miliardari, la “fraterna Ucraina” può ben aspettare: nei suoi confronti, Varsavia ha ben altri progetti.

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