Stefania Ascari (Deputata M5S ): "Sarò al valico di Rafah per dire basta al massacro di palestinesi a Gaza"
di Agata Iacono
"Dopo 30 mila morti e 90 mila feriti non si può stare fermi e in silenzio. Il silenzio è complice". La deputata del Movimento 5 Stelle, Stefania Ascari, ha annunciato la sua partecipazione ad una delegazione - composta da operatori umanitari, 15 parlamentari dell’intergruppo per la Pace tra Israele e la Palestina, giornalisti, accademici e sindacalisti - che si recherà al valico di Rafah. L'iniziativa è stata promossa dalla Rete nell'ambito della Campagna "EmergenzaGaza" in collaborazione con Amnesty international Italia, ARCI e Assopace Palestina.
Le abbiamo rivolte alcune domande per l'AntiDiplomatico.
Quali sono gli obiettivi prefissati dal convoglio umanitario che si recherà al valico di Rafah?
L’obiettivo sarà innanzitutto quello di fare pressione per il Cessate il Fuoco e per l’apertura di corridoi umanitari sicuri e adeguati al bisogno. È il primo passo necessario perché a Gaza, che è una vera e propria trappola di morte, si contano ormai più di 30mila vittime civili, il 70% donne e bambini. Noi rappresenteremo il Paese che dice basta al massacro di palestinesi a Gaza e faremo da megafono nelle istituzioni italiane dinanzi a un Governo che non solo è sordo ai continui richiami alla pace, ma che non sta neanche rispettando l’indirizzo dato dalla Camera con l’approvazione della mozione sul Cessate il fuoco: un fatto molto grave, segno di una progressiva svalutazione del ruolo del Parlamento.
E' prevista la presenza di deputati europei o del Parlamento internazionale?
Sì, si tratta della più grande delegazione di società civile e parlamentari che si spinge fino al valico di Rafah. Oltre a deputati del Movimento 5 Stelle ci saranno anche deputati e deputati del Partito democratico e di Alleanza Verdi Sinistra. Non ci sono deputati europei perché si tratta di un’iniziativa della rete AOI che a livello istituzionale ha coinvolto solo il Parlamento italiano.
Dal valico di Rafah sono previsti incontri politici con le autorità palestinesi, egiziane o israeliane?
Saranno giorni di incontri, molti li stiamo definendo. Sicuramente entreremo in contatto con organizzazioni della società civile, agenzie delle Nazioni Unite, rappresentanze diplomatiche italiane in loco e organizzazioni umanitarie impegnate nell’invio di aiuti essenziali dentro la Striscia, tra cui UNRWA, ma anche la Mezzaluna Rossa Egiziana e quella Palestinese e l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari (OCHA).
Non crede che il riconoscimento dello stato palestinese sia il primo passo necessario per rendere il nostro paese un interlocutore credibile sulla vicenda?
Il riconoscimento dello Stato di Palestina è la condizione necessaria per la pace in Medioriente e il segno che la comunità internazionale è davvero interessata a costruirla. Da più parti si sente ripetere la formula "due popoli, due stati", ma come si può realizzare se non è comunemente ammessa l’esistenza dello Stato di Palestina? Riconoscere lo Stato di Palestina significa dare dignità e autorevolezza al popolo palestinese al pari del popolo israeliano ed è il punto di partenza per una convivenza pacifica e sicura?