Una risposta al blog di Grillo: In Siria, non c'è un regime. Ma un governo legittimamente eletto dal popolo
Gentile Beppe, ho letto con interesse l'articolo a firma di Deirde Collings e Robert Muggah, sulla "sicurezza digitale nella zona di guerra più pericolosa dl mondo". Già il titolo dell'articolo sembra quasi una sentenza inappellabile: "zona di guerra più pericolosa del mondo". Forse è necessario sottolineare che la guerra in Siria contro il terrorismo è ormai entrata nella fase finale. Soltanto la zona di Idbil è ancora nelle mani dei terroristi e dei ribelli moderati, i quali si ostinano a non lasciare la città, tenendo in ostaggi i civili che non riescono a fuggire. Non è questa la sede per scrivere le violazioni dei diritti umani compiuti da Al-Nusra contro la popolazione della zona di Idlib; che stranamente dai media e dalle potenze internazionali e dal mainstream è oggetto di attenzione, non per le sorti dei civili, ma per la sopravvivenza dei gruppi estremisti che sono stati finanziati in funzione anti governativa.
La Siria non è una "zona di guerra pericolosa", ma un paese che dopo 7 anni di guerra cerca di ricostruire quanto è stato distrutto dai gruppi jihadisti. La ricostruzione non è motivo di impegno da parte dei media, in quanto, contrasta con la loro idea di una Siria distrutta dal "sanguinario Assad" che non riesce a risollevarsi. Non è così. Ad esempio stamattina, e' stato riaperto il valico di Nassib tra Siria e Giordania, permettendo ai primi furgoni di entrare dal regno giordano in Siria. Il ripristino degli scambi commerciali via terra è il primo passo per la ripresa del paese arabo. I media, sempre occupati a cercare notizie di morte, non hanno dato risalto a questo evento così importante per la stabilizzazione commerciale dell'area. Come mai il mainstream sempre intento a dipingere la Siria come un paese distrutto e senza futuro, non ne parla? Con molta probabilità, si occupa solo di lanciare notizie false che appoggiano la retorica per i loro datori di lavoro! Lo testimoniano i semplici cittadini con la pubblicazione di foto e di storie che raccontano i fatti in modo diverso da come vengono propagandati in Occidente.
Domanda semplice: come è possibile avere una rete comunicativa di ultima generazione, che permette ai cittadini di tenersi in contatto tramite telefono ed internet -come è descritto nell'articolo-, se in Siria, il governo ha causato morte, distruzione e interruzione dei servizi pubblici? Non dimentichiamo che gli “attivisti” ed "ex combattenti" e “ribelli moderati”, che ora vivono in Europa con il profilo di rifugiati politici e profughi, sono gli stessi che i governi occidentali, hanno condannato per crimini di guerra e violazione dei diritti umani, come è avvenuto recentemente in Germania. La guerra in Siria è stata fatta per procura, tramite un lavoro dettagliato di intelligence e organi di informazione per demonizzare uno stato sovrano e indipendente attraverso queste bufale e misera propaganda.
La retorica di cui l'articolo si fa portavoce, appoggia i jihadisti e White Elmets (pagati da Inghilterra e USA), che come è stato ampiamente documentato dagli organi interessati, hanno messo in scena le fake news sull'attacco chimico a Douma; e che ad Idbil come attestano tante immagini combattono a fianco dei gruppi terroristici. Vogliamo parlare dell'osservatorio dei diritti umani in Siria? Come è stato accertato da una inchiesta del quotidiano "la Repubblica" che poi ha smentito per questioni di alleanze, l'osservatorio dei diritti umani si trova a Londra, ed è gestito da un fiero oppositore del governo siriano. Guarda caso, finanziato da Arabia Saudita e Soros... non dice niente tutto questo? In Siria, non c'è un regime. Ma un governo legittimamente eletto dal popolo. Che piaccia o no all'Occidente. Ogni popolo ha diritto di autodeterminarsi e di scegliere la linea politica migliore.
Quando l'informazione tornerà ad essere libera e non serva del potere?
DonSa