Vaccini, i costi per i contibuenti europei restano segreti
La questione vaccini continua tenere banco in Europa. Dopo i ritardi di Pfizer nelle consegne delle dosi pattuite con l’Unione Europea è il turno di AstraZeneca. Il colosso farmaceutico anglo-svedese ha infatti annunciato che le consegne ai vari paesi europei non raggiungeranno le dosi previste. La riduzione potrebbe essere di circa il 60% delle dosi di vaccino. Da AstraZeneca assicurano che in ogni il loro impegno è basato sul ‘best effort’, ossia il massimo sforzo possibile.
Nel tentativo, evidentemente fallito, di tenere a bada le polemiche l’Unione Europea ha deciso di rendere pubblico il contratto firmato lo scorso agosto con AstraZeneca. Contratto che prevedeva la fornitura di 300 milioni di dosi con opzione per 100 milioni in più.
C’è però un problema: i documenti resi noti da Bruxelles sono pieni zeppi di informazioni illeggibili, dati anneriti riguardanti le quantità di dosi che l'azienda biofarmaceutica si impegnava a inviare mensilmente, i costi, e le tempistiche. Ampie sezioni del contratto, pubblicate con l'accordo di AstraZeneca, viene riferito che sono state cancellate per tutelare informazioni definite sensibili. Così però la mossa diventa abbastanza inutile e sembra far parte di una commedia studiata ad arte tra commissione e colosso farmaceutico per coprire l’ennesimo fiasco in questa pandemia. Viene anche da chiedersi perché si vogliono coprire alcuni dati come i costi. I contribuenti europei non hanno forse il diritto di sapere quanto spenderanno per i sieri prodotti dalla multinazionale del farmaco? Senza contare che arriveranno con ritardo e pare siano poco efficaci nelle persone che hanno superato i 65 anni.
Key part of the contract on what the EU and #AstraZeneca are at odds over - the ‘Best Reasonable Efforts’ clause.
— Gavin Lee (@GavinLeeBBC) January 29, 2021
AZ says it’s not binding on the numbers of the vaccines, instead it’s based on best efforts.
EU says it is binding pic.twitter.com/pcaebpsczB
Tra le informazioni più rilevanti che possiamo leggere troviamo la clausola 5.4, che impegna il produttore del vaccino a utilizzare i suoi stabilimenti situati nel Regno Unito, se necessario, per accelerare le consegne in conformità con l'accordo.
"AstraZeneca farà tutto il possibile per produrre il vaccino presso siti di produzione situati all'interno dell'UE (che ai fini di questa sezione 5.4 includerà il Regno Unito) e sarà in grado di produrre al di fuori dell'UE [definito come UE e Regno Unito in questa sezione], se necessario, per accelerare la fornitura di vaccini in Europa", indica esattamente la suddetta clausola.
Dunque questa clausola renderebbe nei fatti nulle le motivazioni accampate dal colosso farmaceutico per giustificare i ritardi nella consegna dei vaccini, costituiti da un "problema di produzione" nello stabilimento di AstraZeneca in Belgio.
Un’altra sezione interessante del contratto è quella relativa alla sospensione dei pagamenti. Al punto 8.2 del contratto si stabilisce che "in caso di mancata o ritardata consegna oltre la data di consegna della firma, l'obbligo di pagamento sarà sospeso" dall'ente appaltante, in questo caso UE. "L'obbligo di pagamento riprenderà una volta completata la consegna”, si legge poi di seguito.
Il contratto prevede anche l'obbligo, da parte di AstraZeneca, di "notificare immediatamente alla Commissione Europea qualsiasi difficoltà che metta a rischio significativo la sua capacità di produrre o vendere le dosi di vaccini previste dal presente accordo".
Il flop della campagna vaccinale nel Vecchio Continente segna l’ennesimo rovescio per l’Unione Europea che nella gestione della pandemia ha dato ancora una volta prova di come il neoliberismo sia del tutto inadatto o incapace di implementare politiche con quantomeno un minimo di razionalità. Tutto è fatto in funzione dei fantomatici ‘mercati’ e del profitto. Situazione opposta abbiamo invece constatato nei paesi di tendenza socialista o dove lo Stato non ha abdicato al proprio ruolo e guida la politica.