I viceré della finanza che hanno ipotecato il nostro futuro

13 Febbraio 2023 06:00 Edoardo Laudisi

di Edoardo Laudisi per L'AntiDiplomatico

David Solomon è un alto dirigente della banca di affari multinazionale Goldman Sachs. Tra stipendio, fringe benefits e bonus vari, David alza 30 milioni di dollari l’anno. Mica male per un sessantunenne nato in una cittadina americana di 5.000 anime nei sobborghi di New York.

La carriera di David parte a razzo nei fantastici anni Ottanta, quelli di Gordon Gekko, lo squalo della finanza immortalato da Michael Douglas nel film Wall Street. Mentre da noi furoreggiavano i paninari e Berlusconi collaudava il suo circo di nani e ballerine con cui avrebbe poi governato il paese, il neolaureato Solomon veniva assunto alla banca d’affari Drexel Burnham con la funzione di venditore di commercial papers, uno strumento di finanziamento a breve termine equiparabile alle vecchie cambiali.

Successivamente David si specializza nella gestione di junk bonds, titoli obbligazionari ad alto rendimento ed elevato rischio, comunemente dette obbligazioni spazzatura perché emesse da società ad alto rischio di insolvenza.

In poche parole, gestire junk bonds significa rifilarli a qualche tordo con la tecnica del panino, che consiste nell’impacchettarli dentro a un prodotto finanziario decisamente più attraente. Il tordo fiuta il profumo del potenziale guadagno e inizia a sbavare senza rendersi conto che dentro c’è il veleno per topi. Così finisce per ingerire tutta la spazzatura tossica del mondo mentre il buon David e la sua banca d’affari stappano champagne.

Funziona alla grande, vedi crisi del 2008, e soprattutto funziona sempre. Perché per ogni tordo che ci rimane secco ce ne sono altri cento pronti ad abboccare. Ciò è possibile soprattutto perché chi dovrebbe vigilare e mettere in guardia il pubblico sulla tossicità del prodotto; istituzioni, governi, organismi di controllo finanziario, tace e acconsente quando non sta spudoratamente dalla parte di Mr Solomon.

Evidentemente David era un mago nel riciclare spazzatura finanziaria e così, grazie ai junk bonds la sua carriera fa il botto. I managers di Goldman Sachs con i quali collabora h24 apprezzano il suo talento e Solomon finisce per approdare alla mecca delle banche d’affari.

Nella prestigiosa global investiment bank newyorkese Mr Solomon brucia le tappe fino ad arrivare alla soglia della massima dirigenza che conquista nel 2018 con il ruolo di chief executive officer (CEO). Un predestinato. Un uomo dall’intelligenza superiore, salmodiano i media di sistema, una macchina da lavoro che in un anno guadagna quanto tutti gli abitanti del Burundi messi insieme.

Il bello è che nonostante lavori twenty-four-seven, David trova il tempo per coltivare la sua passione. All’ex piazzista di titoli tossici infatti piace fare il dj. L’estate scorsa un pezzo di DJ Solomon ha fatto furore a livello planetario. Si tratta della rielaborazione della famosa canzone “I wanna dance with somebody” di Witney Huston che DJ Solomon ha remixato in versione tecno. Al di là del pezzo che può piacere o meno, il dato interessante è che per produrlo e commercializzarlo con successo su Spotify, lo sconosciuto DJ Solomon ha fatto appello ai clienti del rispettabile Mr Solomon CEO di Goldman Sachs. Nel caso specifico si tratterebbe di Larry Mestel, scrive il New York Times, la cui impresa musicale è un cliente importante di Goldman Sacks.

Un conflitto di interessi tra DJ Solomon e Mr Solomon che, secondo il New York times, la superbanca globalista starebbe valutando con attenzione. Grazie al remix del pezzo della Huston, DJ Solomon ha raggiunto quella visibilità mondiale che neanche osava sognare quando spacciava titoli tossici per conto di oscure banche d’affari.

E con la visibilità internazionale è arrivata una montagna di dollari extra da aggiungere ai 30 milioni annui. Forte di questa narrativa vincente, che ha fatto di DJ Solomon un eroe per tutti quei dirigenti global che covano sogni di gloria nel campo delle arti, Mr Solomon è planato al meeting di Davos insieme ad altri number one dell’alta finanza globale; il chief executive di JP Morgan Mr Jamie Dimon, stipendio 2022 34,5 milioni di dollari, accalorato sostenitore della transizione totale dell’economia reale a zero emissioni CO2-e Andrea Orcel CEO di UniCredit, stipendio base appena di 6,7 milioni che Andrea reputa ingiustamente basso visto le sue straordinarie performances.

Attraverso le porte girevoli degli istituti finanziari globali è transitata mezza classe dirigente occidentale: Mario Draghi (managing director Goldman Sachs 2002-05), Henry Paulson, ex ministro del tesoro americano (governo Bush e poi Obama) artefice del salvataggio dei colossi bancari americani durante la crisi del 2008 ed ex CEO di Goldman Sacks (2003-2006), José Manuel Barroso, che una volta terminato il suo lavoro come presidente della Commissione Europea nel 2014 è finito dritto sparato a Goldman Sachs.

La lista continua con i tedeschi Jörg Kukies (segretario di stato presso il ministero delle finanze dal 2018) e Alexander C. Dibelius, conigliere personale di Angela Merkel nonché contemporaneamente general manager di Goldman Sachs per Germania, Austria e paesi esteuropei.

E poi Romano Prodi, Mario Monti -da notare come l’Italia negli ultimi decenni si stata letteralmente commissariata dagli uomini di Goldman Sachs-, più innumerevoli sottosegretari ai ministeri economici di mezzo occidente come l’americano Robert Rubin del governo Clinton e molti altri ancora. Perfino a Gianni Letta la banca d’affari newyorkese non ha negato una partecipazione all’advisory board, una specie di consiglio di amministrazione per poveracci.

Ora, se DJ Solomon ha manovrato le leve di Goldman Sachs per imporre la sua musica da dilettante a livello planetario, si può immaginare i conflitti di interessi generati dagli altri, tra l’altro con poste ben più alte di una canzonetta remixata, e le reti, i maneggi, le circumnavigazioni per disattivare leggi e costituzioni delle nostre democrazie.

A questo proposito è bene tenere presente che ogni decisione determinante per il futuro della nostra esistenza, che sia la questione ambientale, energetica, sanitaria o una qualsiasi faccenda geopolitica, passa inevitabilmente attraverso questo ristretto gruppo di potere che si è installato sulle nostre democrazie come un enorme occlusione intestinale e se ne serve a piacimento come se fosse roba sua.

Una nuova aristocrazia, o se volete una versione post moderna del marchese del Grillo. Perché io so’ io e guadagno 30 milioni l’anno e voi non siete un cazzo.

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