Ursula von der Leyen, la eurotecnocrate perfetta

16 Febbraio 2023 13:00 Edoardo Laudisi

In tedesco il “von” davanti al cognome, equivalente dell’italiano “de”, segnala antiche tracce di sangue blu. Senza andare troppo indietro nel tempo l’importanza del ceppo familiare di Ursula von der Leyen è legato alla famiglia Albrecht, una famiglia di imprenditori e politici di Höxter in Westfalia. L’origine nobile degli Albrecht è ribadita dallo stemma familiare risalente al XV secolo e raffigurante l’elmo di un cavaliere teutonico con sotto un leone rampante. Ursula è figlia di Ernst Albrecht, il presidente della Bassa Sassonia più longevo della storia. In alcune foto da giovane la Von der Leyen nata Albrecht sembra quasi una ragazza attraente, se non fosse per quello sguardo freddo puntato sull’osservatore come un mirino e quella traccia di rigore, di severità austera indossata sul volto come una maschera che fa pensare a qualcuno che vuole nascondere qualcosa. Più recentemente invece il volto ha assunto l’espressione vuota da animale impagliato tipica di tutti i rappresentati dei potentati economici.

Laureata in medicina, nel 1990 entra nella CDU (Unione cristiano democratica) dove la sua carriera procede senza infamia e senza lode fino al 2005, quando viene scoperta da Angela Merkel. Nel 2005 Ursula von der Leyen viene nominata ministro per la famiglia, per i giovani gli anziani e le donne. La triplice funzione voleva sottolineare la svolta progressista della vecchia Cdu che con Angela Merkel mutò pelle sbarazzandosi dei vecchi valori tradizionalisti per stare al passo con i nuovi ideali inclusivi imposti dalla globalizzazione. Dal 2009 al 2013 Von der Leyen è ministro del lavoro nel secondo governo Merkel, mentre dal 2013 al 2019, terzo governo Merkel, diventa il primo ministro della difesa donna. Sono 14 anni ininterrotti di incarichi ministeriali, un record per la Germania. E da record sono anche gli scandali che rimangono appiccicati addosso a Ursula come un cattivo odore.

Nel 2015 il sito antiplagio VroniPlag Wiki, specializzato in contraffazioni di tesi di dottorato e testi scientifici, l’accusa di aver barato. Più del 30% della sua tesi di dottorato sarebbe copiata di sana pianta da autori che la Von der Leyen non avrebbe nemmeno citato nel suo elaborato. Un tempestivo intervento del senato accademico dell’Università di Hannover, dove la von der Leyen aveva conseguito il dottorato, ridimensiona il plagio a una bagatella di poco conto e lo scandalo rientra. Passa qualche anno e Ursula si trova di nuovo impantanata in un altro guaio, ma questa volta si tratta di roba decisamente più pesante di un’accusa di plagio. Nel 2019, quando è ancora ministro della difesa, viene coinvolta in uno scandalo di consulenze miliardarie. Nel corso delle indagini che la riguardano qualche manina amica cancella messaggi compromettenti dal suo cellulare e fa sparire documenti e atti attinenti all’inchiesta. Il tutto in nome della sicurezza e della privacy. La magistratura non si muove e nemmeno l’opposizione fa nulla ad eccezione di un’interpellanza parlamentare dei verdi posta più per posa che per convinzione. Ad ogni modo, per prudenza, magari qualche magistrato alla fine si sarebbe anche potuto svegliare, Angela Merkel decide di spostare la sua amica e compagna di partito in Europa dove certi modi di fare sono un valore aggiunto. Il metodo per nulla trasparente della nomina del presidente della Commissione Europea, con negoziazioni estenuanti tra partiti e fazioni di tutti i paesi, nel caso della Von der Leyen non vale perché Ursula viene nominata direttamente dal Consiglio Europeo su pressioni di Berlino. Tutto questo nonostante la Von der Leyen non fosse neanche tra i candidati papabili. Una vera predestinata.

Il 2020 è l’annus horribilis della pandemia e il presidente della Commissione Europea, capo dell’esecutivo continentale che s’incarica di impostare le linee guida sanitarie per tutti gli stati membri, risponde da par suo. I messaggi scambianti con il fornitore di vaccini Pfizer durante le negoziazioni per il contratto di fornitura che impegnano i paesi membri per 71 miliardi di euro spariscono magicamente dal telefonino di Ursula. Del contratto di fornitura non c’è traccia e quando qualcuno all’Europarlamento ne chiede conto, la Von der Leyen fa circolare una manciata di fogli pieni di omissis. È notizia di poco fa che il quotidiano statunitense New York Times abbia citato in giudizio la Commissione Europea per non aver reso pubblici i messaggi di testo tra la presidente Ursula von der Leyen e il CEO di Pfizer Albert Bourla. La Commissione, sostiene il New York Times, ha l’obbligo legale di rendere pubblici i messaggi all’interno dei quali potrebbero essere contenuti dettagli rilevanti riguardo i contratti per l’acquisto di vaccini contro il Covid-19. Nessun quotidiano europeo ha mai chiesto alla Von der Leyen di rendere conto del suo comportamento. Nessun media ha mai dedicato un servizio approfondito al caso.

Nonostante non ci sia più Angela Merkel a sostenerla e proteggerla, Ursula von der Leyen sta in una botte di ferro perché può contare sulla protezione di un sistema molto più potente ed efficace di qualsiasi cancelliere tedesco. Fin dai suoi primi passi nella grande politica Ursula ha dimostrato un fiuto innato nel riconoscere quel sistema a cui si è affidata anima e corpo. La donna che da giovane era quasi attraente e che ora sembra un animale imbalsamato ha tratto le sue conclusioni sul cambiamento del paradigma di potere e ha capito che per raggiungere la vetta e rimanerci bisogna mettersi al servizio di quel sistema. I partiti popolari degli Stati sovrani eletti dai cittadini hanno perso quasi tutto, non decidono più niente a livello europeo e poco a livello nazionale. A loro è lasciata l’ordinaria amministrazione degli Stati da eseguire con la diligenza dell’amministratore di un condominio in via di smantellamento. La legittimità, ha compreso Ursula, non arriva più dal basso, dal voto popolare ma cala dall’alto come una manna afrodisiaca distribuita dal potere globale che, lui sì, può decidere su quale cavallo puntare. Le strutture del nuovo potere si stanno affermando in modo schiacciante sulle sovranità nazionali grazie alle spinte propulsive della politica sanitaria, quella energetico / ambientale, la digitalizzazione forzata e la gestione unidimensionale del conflitto in Ucraina. Tutto questo avviene mentre i sistemi sociali, dell’istruzione, dei trasporti, della sanità pubblica così come si erano strutturati dal 1945 ad oggi in conformità con lo spirito della Costituzione, crollano sotto l’incuria quando non vengono direttamente smantellati. Figure come Ursula von der Leyen stanno riportando indietro le lancette del tempo di secoli, quando cittadini senza averi e senza rappresentanza erano alla mercè del potere e dipendevano in tutto e per tutto dalla sua benevolenza. Purtroppo, qualsiasi movimento politico che volesse incidere anche minimamente su questo processo avrebbe difficoltà a trovare i finanziamenti anche solo per affittare una sede dove riunirsi. Il piano è sempre più inclinato e la discesa è ormai una rapida e allora non rimane che affidarsi nella frase del grande poeta romantico Friedrich Hölderlin: “là dove c’è il pericolo cresce anche ciò che salva”.

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