Tentativo fallito di innescare escalation tra Siria e Israele



Piccole Note

L’Isis prova ad alzare il livello dello scontro in Siria. È andato a vuoto il tentativo di innescare un’escalation tra Tel Aviv e Damasco.


Il 25 luglio due missili Grad provenienti dalla Siria hanno letteralmente bucato l’apparato di sicurezza israeliano, passando tra le maglie delle sue difese aeree.


Per “miracolo”, scrive il sito israeliano Debkafile, sono caduti ed esplosi nel Mare di Galilea, senza ferire nessuno.


Un’azione che avrebbe potuto apparire la risposta di Damasco all’abbattimento di uno dei suoi jet, colpito il giorno precedente della contraerea israeliana mentre martellava le postazioni dell’Isis al confine tra i due Stati (vedi Piccolenote).


In realtà, riporta ancora Debkafile, i missili erano stati sparati dal gruppo Khalid Ibn Walid, affiliato all’Isis, che controlla un’area al confine tra Israele e Siria interessata all’offensiva dell’esercito siriano, tesa a riportare il Sud del Paese sotto il controllo di Damasco.


Lo “stratagemma è stato messo in atto per indurre l’esercito israeliano a incolpare e attaccare l’esercito siriano”, spiega Debka.


Ma “la trappola non ha funzionato” aggiunge il sito israeliano. “L’IDF [Israel Defense Forces ndr] ha identificato l’Isis come responsabile” dell’accaduto e ha risposto, “dopo essersi astenuto per anni” dall’attaccare il gruppo in questione.


La circostanza confermata dall’ex generale israeliano Amos Yadlin che, in un’intervista a Timesofisrael di oggi, afferma che si voleva “causare un qualche tipo di scontro tra noi e i siriani, i quali stanno esercitando un’enorme pressione su di loro [leggi Isis ndr] con pesanti bombardamenti aerei, sia siriani che russi”.


La reazione di Israele ha trovato il plauso dalla Russia: il ministero della Difesa, in un comunicato, ha ringraziato “il Comando dell’IDF per aver eliminato dei terroristi e aver scongiurato un’enorme provocazione“.


Preso tra due fuochi, il gruppo filo-Isis ha ceduto, consentendo all’esercito siriano di riprendere il controllo di alcune aree da questo presidiate.


Per fortuna l’esercito israeliano non è caduto nel tranello. Ma la false flag (questo il termine tecnico di tale tipo di operazioni) dà la misura dei rischi che incombono sul conflitto che si sta svolgendo al confine siriano. La cui eventuale escalation infiammerebbe l’intero Medio oriente (e non solo).


C’è chi non si rassegna al ritorno della Siria nell’agone geopolitico internazionale, dal quale è stata espulsa dalla guerra in-civile scoppiata nel 2011. E gioca con il fuoco.


La macelleria dell’Isis, che nelle stesse ore uccideva 250 civili a Sweida, sempre nel sud del Paese, indica la feroce determinazione dei costruttori di guerra.

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