Sovranismo? Bannon ordina, Salvini esegue



Piccole Note

“Non tutti i matrimoni funzionano […]. Penso che quello tra Salvini e Di Maio sia stato un nobile esperimento. Mi piacerebbe vederlo continuare, sarebbe fantastico, ma capisco perché potrebbe non accadere”. Così Steve Bannon, cosiddetto ideologo di Trump.


L’intervista al magazine Sette del Corriere della Sera precede di poche ore la crisi di governo, l’ennesima, che sembra però seria e definitiva.


Bannon e Salvini


Ovviamente Matteo Salvini non ha staccato la spina, ché chi lo fa paga pegno alle elezioni. Ha semplicemente chiesto con assertività nuova un governo che tenga conto della forza che gli danno i sondaggi.


E avanzato richieste che sembrano di impossibile gestione. Da qui quello che sembra un preludio della fine.


Bannon ha dato, Bannon ha tolto: fu lui ad annunciare il futuro governo gialloverde, è lui a chiudere. Per un leader come Salvini che fa del decisionismo la sua cifra politica deve essere alquanto imbarazzante apparire eterodiretto.


Ma, ovviamente, può trattarsi di una sintonia perfetta con l’ideologo, cosa che non sposta il punto della questione, ovvero che cosa ha convinto Bannon ad accelerare.


Ma prima una premessa: la sintonia di cui sopra dovrebbe spazzare via una volta per tutte le follie riguardo i legami Putin – Lega, che vive solo nelle narrazioni dei media.


Una fantasia nata per gettare ombre sugli avversari e nell’ambito del mito sorgivo del connubio Russia – populisti.


Narrazione che mira a fare dei propri avversari le quinte colonne del Nemico, le forze del Male, e come tali, nemici esistenziali, rispettivamente della globalizzazione, dell’America, dell’Unione europea e dei Paesi in cui allignano.


Narrazioni nate con la Brexit e con l’avvento di Trump, inverate da operazioni di intelligence, dal Russiagate in America ai più prosaici caso Strache e finanziamenti russi alla Lega.


La crisi di governo, la Brexit e la guerra commerciale


Così, spazzato il campo dall’informazione tossica, resta appunto il più reale rapporto Salvini-Bannon, riproposto dalle ultime fasi della cronaca politica.


Cosa si aspetta Salvini dalla nuova criticità è ovvio, rendere realtà il suo potere virtuale. Cosa abbia spinto Bannon è altro ed è legato al quadro internazionale.


Con l’investitura di Boris Johnson a premier britannico si profila una hard Brexit, che dovrebbe realizzarsi entro il 31 ottobre.


Nonostante da tempo siano state prese contromisure, è difficile che l’Unione europea ne esca indenne: lo schock sarà sentito. E accompagnato dal concretizzarsi di un asse anglosassone, già preannunciato da Trump e Bolton.


Un asse che avrà nell’Europa continentale un avversario da piegare. E ciò proprio mentre Trump si appresta a rinfocolare la guerra commerciale contro l’Unione europea (Politico).


Da qui la anche Lega, che Bannon conta di usare, al di là delle intenzioni degli stessi leghisti, per porre ulteriori criticità nel cuore di un’Unione già bersaglio di bombardamenti esterni. Ma gli serve tutto il suo potenziale, non
l’attuale scartamento ridotto.


La cecità della Ue teutonica


La Ue si dice pronta alla guerra, ma la prosopopea si scontra con la dura realtà che la vede svantaggiata nei rapporti di forza.


Sta pagando il suo attestarsi ciecamente con i vincitori di ieri, convinti che saranno i vincitori di domani. Ma le presidenziali del 2020 difficilmente vedranno Trump perdente. Né la globalizzazione è destinata a tornare.


Gli ambiti di sistema americani, peraltro, si sono adattati, agganciandosi al nuovo carro. L’élite europea è rimasta al palo, vagheggiando una rivincita che non avverrà nei modi da essa sognati.


Futuro incerto per l’Europa. Certo, a vedere il triste presente, potrebbe pure non essere un male per i suoi cittadini, che l’Unione consegna a un’élite accecata (Dio acceca chi vuol perdere).


Se questa sarà la fine, occorrerà ringraziare ancora una volta la Germania, che nel suo sogno egemonico continentale, creando un’Europa ancillare alla nazione tedesca (a proposito di sovranismi), ha fatto naufragare la più grande invenzione politica del dopoguerra, riuscendo ancora una volta a portare il continente nel baratro.


Come postilla si può aggiungere che da sempre la Russia ha guardato l’Europa unita come attore necessario di un mondo multipolare ad essa più congeniale.


E come possibile partner di un’Europa capace di respirare a due polmoni, come accade – o meglio, dovrebbe accadere – per la Chiesa d’Oriente e d’Occidente. Da qui l’abissale distanza dall’orizzonte Lega/Bannon. Ma Putin è pragmatico, sa adattarsi.


Quanto a noi, vale la citazione: “Io speriamo che me la cavo”. Incerto futuro, sul quale si addensano anche nubi di una possibile nuova crisi finanziaria globale. Tant’è.


Ps. Magari poi non si va alle urne, ma il clima oggi è quello… vedremo.

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