Il pericolo non è "sovranista" ma gli "autocrati locali"


di Paolo Desogus*


Si è parlato molto in Italia del pericolo “sovranista”. Molti hanno identificato questo fenomeno come una tendenza generale, da contrastare perché in grado di minacciare il paese.

L’esito del referendum e delle elezioni regionali ci dice al contrario che non esiste alcun fronte sovranista, ma che è anzi presente una tendenza disgregatrice dell’unità nazionale e delle sue istituzioni centrali. Le forze così dette sovraniste hanno votato tutte per il sì. Hanno cioè votato per la riduzione dell’unica istituzione attraverso cui si esprime la sovranità popolare: l’unico organo nazionale direttamente votato dai cittadini.

Da Salvini a Fassina (fondatore, pensate un po’, di un’associazione chiamata Patria e Costituzione), da Meloni a Paragone (che ha votato sempre per la riduzione del parlamento) i sovranisti hanno collaborato insieme alle forze neoliberali (il Pd) per dare un duro colpo alla sovranità e lo hanno fatto nel momento in cui si sono affermati alle regionali dei presidenti con tendenze da autocrati locali. Mi riferisco a Zaia, Emiliano e De Luca, a cui possiamo aggiungere Bonaccini.

Lo stato centrale vede la rappresentanza limitata proprio mentre sul piano sostanziale le regioni si rafforzano, anche per il ruolo ad esse conferito dalla crisi sanitaria. Il prossimo passo sarà l’autonomi differenziata per dare sostanza alla disgregazione localistica del paese.


*Professore alla Sorbona di Parigi

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