"Il clown e la bambina di 7 anni di Aleppo": le ultime bufale del mainstream prima della liberazione?
Compaiono dal nulla per conquistarsi qualche settimana di notorietà, prima di scomparire sotto “i bombardamenti russi” i nuovi “martiri di Aleppo est”.
Soffermiamoci sui due che raccolgono più like sulla Rete.
Intanto “Anas: il clown di Aleppo che faceva ridere i bambini”. Secondo la vulgata corrente sarebbe il ventiquattrenne Anas al-Basha, che ogni giorno, da tre anni, col parruccone arancione, il cappello giallo e il naso rosso, faceva divertire i bambini di Aleppo est.
Strano, comunque che con una attività così intensa e appetibile per organizzazioni propagandistiche come l’Aleppo Media Center, prima dell’ottobre 2016, nessun media si fosse accorto di lui. Nessun articolo, nessuna fotografia su internet fino a quella data (fino ad oggi, nemmeno sul sito dell’associazione "Space for Hope" per la quale avrebbe dovuto operare). Non così oggi considerato che le uniche quattro foto del “clown di Aleppo” e un video (che avrebbe potuto essere realizzato dovunque) troneggiano su tutti i media alimentando articoli strappalacrime e grotteschi necrologi come quello – tanto per cambiare – di Roberto Saviano.
Quindi, il “clown di Aleppo ucciso dai bombardamenti russi” è una bufala? Probabilmente, si. Invece, lo è certamente “Bana Alabed: la bambina di Aleppo di 7 anni” che con il suo account Twitter @AlabedBana, grazie allo spazio regalatole dai media (in Italia, in prima fila a spacciare questa bufala: Repubblica, ADN-Kronos, Huffinghton Post, Avvenire... ) ha conquistato oltre 130.00 follower.
Per dubitare dell’ “autenticità” di questa “bambina di Aleppo di 7 anni” basta analizzare le foto della sua abitazione veicolate dai twitter (neanche una crepa sui muri o un granello di polvere, vetri intatti) o il suo perfetto inglese scritto (ricco, tra l’altro di sofisticati giochi di parole, come evidenza questo articolo) incompatibile con una bambina di 7 anni, che da cinque vive in zona di guerra. La stessa data di creazione del suo account Twitter (settembre 2016 quando ad Aleppo est non c’era quasi più elettricità né Internet che non fosse con connessione satellitare); il suo parlare solo dei bombardamenti di Assad e Putin (da lei attestati con agghiaccianti foto di bambini uccisi, fotografati non si sa dove e da chi); gli amici che si è scelto su Twitter (politici, media, attivisti “pro-ribelli”)... attestano poi la “bambina” come una indubbia creatura dell’Aleppo Media Center.
Che, certamente – con l’imminente liberazione della città da parte dell’esercito siriano - già sta fabbricando altri innocenti “martiri di Aleppo est” da dare in pasto all’opinione pubblica. Il tutto corredato da scandalose proposte della “comunità internazionale” (che non ha mosso un dito quando, durante la tregua di 19 giorni dei bombardamenti russi, da Aleppo est venivano lanciati missili e colpi di mortaio sul resto della città) e che ora implora ad Assad e a Putin “la fine dell’assedio”. Un ipocrita coro condotto dagli stessi che hanno armato ribelli e tagliagole.
Ai quali oggi si aggiunge anche il Comune di Napoli che, oltre a sponsorizzare la vergognosa mostra sulle “foto di Caesar” arriva ad organizzare un convegno che chiede, appunto,” la fine dell’assedio ad Aleppo est”. Ma su questo ci ritorneremo.