El País - Il virus inverte i ruoli storici del nord e del sud in Italia

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El País - Il virus inverte i ruoli storici del nord e del sud in Italia



di Daniel Verdú - El País
 

L'8 marzo, dopo le due del mattino, la stazione ferroviaria di Milano si riempì di napoletani, calabresi e persone di altre regioni del sud che trascinavano valigie piene a tutta velocità per fuggire al sud. Le immagini, catturate dalle telecamere di sicurezza quel giorno, rappresentavano un inatteso cambio di paradigma nella storia dell'Italia. Per la prima volta dall'unificazione del paese, dal momento della crescita della FIAT a Torino e dell'immigrazione massiccia, l'esodo stava andando nella direzione opposta. Un'iperbole che ha trovato le sue risposte in diversi formati politici e sociali nelle settimane successive. Visti i 13.000 morti e una dubbia gestione della crisi del coronavirus, a Roma cresce l'idea che la Lombardia debba essere gestita da un commissario. Il Governatore della Campania (regione di Napoli) ha avvertito che non faranno entrare i loro cittadini e nell'Esecutivo affilano i loro coltelli per regolare i conti con l'aggressiva retorica settentrionale.

 

Il divario tra nord e sud, la famosa Italia a due velocità, si allarga ogni giorno quando i dati sulle infezioni vengono diffusi alle sei del pomeriggio. Giarno in senso antiorario le lancette dell’orologio della storia, il virus ha ribaltato la situazione. Lunedì ci sono stati 60 nuovi casi nel Lazio, 45 in Campania, tre in Calabria. In Lombardia, tuttavia, hanno raggiunto il numero di 735; 292 in Piemonte, 307 in Emilia Romagna. Anche i tassi di mortalità sono troppo irregolari: 12.376 persone con coronavirus sono ufficialmente morte in Lombardia dall'inizio della crisi. Nel Lazio, nella regione di Roma, 349. Dati che suggeriscono che se l'Italia non avesse il problema in Lombardia, che non è esclusivamente il risultato della densità e del dinamismo di Milano, attraverserebbe una crisi molto diversa.

 

La situazione in Lombardia o in Piemonte risponde a circostanze diverse. Ma ogni giorno che passa, vengono messi in discussione il modello sanitario e la gestione delle crisi. Sono stati fatti errori. Le case di cura sono state utilizzate per trasferire pazienti affetti da coronavirus, attacca il governatore del Lazio e segretario generale del Partito Democratico (PD), Nicola Zingaretti. Oggi il fermento si trasforma in strategia politica e a Palazzo Chigi, dove una lunga storia di risentimento si accumula per tutte le critiche ricevute in questi ultimi tempi dal leader della Lega, Matteo Salvini, vedono l'opportunità di colpire dove possono fare più male all’ex ministro degli interni. La "questione meridionale", così chiamata nel 1873 dal deputato radicale lombardo Antonio Billia e utilizzata da Antonio Gramsci per un testo che affrontava questa sorta di colonizzazione storica del nord basata su una riunificazione progettata dal Piemonte, ritorna con il covid-19.

 

La geografia tracciata dal virus, tuttavia, è per la prima volta molto diversa. “La pandemia ha fatto emergere un'Italia profonda e sepolta. Come è successo dopo la seconda guerra mondiale”, afferma lo storico Giovanni Luna. Oggi le tre regioni con il maggior numero di contagi e morti in Italia sono governate dalla Lega o da un membro della sua coalizione di destra. Piemonte, Lombardia e Veneto hanno mostrato approcci diversi alla crisi, ma mantengono cifre preoccupanti, in particolare le prime due, che rappresentano il cuore del potere autonomista del vecchio partito nordico. La credibilità di Salvini è costruita sui successi della sua regione natale e legata, in parte, al destino del suo governatore, Attilio Fontana, che egli stesso ha posto per liquidare la vecchia guardia del partito. Abbatterlo, come intende l'esecutivo italiano con l'usura quotidiana, lascerebbe l'ex ministro degli Interni esposto alle intemperie politiche.

 

Il collasso di un mito

 

Il politologo Piero Ignazi è molto duro e crede che "il mito lombardo è collassato”. “La storia della regione vincente, che detta legge. Il disastro della sua sanità e dei suoi dirigenti amministrativi, in particolare il presidente della regione, ha spazzato via l'immagine che aveva. A livello di reputazione è un disastro. L'arroganza e le arie di superiorità, storicamente interpretate dalla Lega e dallo stesso Silvio Berlusconi, ora consentono ad alcuni di ritenerli responsabili. Inoltre, per Salvini si pone un grave problema politico. Difendere la gestione lombarda può essere un terribile boomerang. Perderà il consenso nel sud e dividerà i suoi elettori nel nord", ha affermato Ignazi al telefono.

 

Gli imprenditori, il tradizionale baluardo del sostegno alla Lega nel nord Italia, stanno iniziando a stancarsi dei problemi e del ritardo nella riapertura industriale che porterà alla gestione lombarda. "Questo non è il momento delle critiche. Ma la realtà è che molte cose hanno ceduto”, afferma un dirigente della Confindustria. I sondaggi inviano anche segnali in quella direzione. La Lega ha lasciato circa cinque punti dall'inizio della crisi sanitaria e Salvini è sceso dal secondo al terzo posto nei leader più apprezzati (dietro il Primo Ministro Giuseppe Conte e il partner della coalizione di destra, Giorgia Meloni) . L'immigrazione non serve più a cavalcare l'umore dell'opinione pubblica e il virus è troppo imprevedibile per scommetterci. Tutto ruoterà nei prossimi mesi intorno all'economia. E forse il vento potrebbe cambiare di nuovo.

 

(Traduzione de l’AntiDiplomatico)

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