Fulvio Scaglione: "Il caso Skripal è una grande fake news. La guerra contro la Russia è terribilmente vera"

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Fulvio Scaglione: "Il caso Skripal è una grande fake news. La guerra contro la Russia è terribilmente vera"


di Fulvio Scaglione - Linkiesta


In un suo libro meraviglioso (Sapiens – Da animali a dei – breve storia dell’umanità), Yuval Noah Harari, docente di Storia alla Hebrew University di Gerusalemme, analizza la funzione dei miti nell’organizzazione delle società complesse. E scrive: “Crediamo in un particolare ordine non perché sia oggettivamente vero ma perché crederci ci permette di cooperare efficacemente”. Oggi basta guardarsi intorno, con la tensione tra Russia, Usa ed Europa che sale di settimana in settimana, per trovare evidente conferma dell’intuizione di Harari.





Quella che spinge la russofobia imperante è ormai una vera mitologia. Prendiamo le ultime rivelazioni. Per esempio il “caso Skripal”. Si parla di un vecchio arnese dello spionaggio, un doppiogiochista fuori dai giochi da vent’anni che si arrabattava con un po’ di consulenze. Già è curioso che di colpo Vladimir Putin (perché gli inglesi hanno detto che l’ordine veniva dal Cremlino) si ricordi di Skripal. Ancor più curioso che gli venga di colpo voglia di ucciderlo. Straordinariamente curioso, poi, è che si pensi di ammazzarlo con gas nervino. Il buon vecchio colpo alla testa non è più di moda? Oppure si vuole lasciare un’impronta così grossa da far gridare a tutti “aiuto, arrivano i russi!”? E poi si parla dl gas nella valigia, ma forse non è più vero. E poi si scopre che Skripal padre e figlia avevano spento per quattro ore i rilevatori satellitari dei cellulari, e chissà che avevano fatto in quelle ore. E chissà come stanno i due Skripal, che non sono morti ma nemmeno riapparsi: non una foto, una notizia, un bollettino medico. Tutto questo, per dirlo con la filosofia di Theresa May, è “highly likely”, altamente probabile? Se ve lo raccontasse un collega di un suo amico ci credereste?

Stesso discorso per l’hacker russo (sempre Cremlino, sempre Putin, ovvio) che avrebbe rubato le mail di Hillary Clinton. Siete andati oltre i titoli, avete letto gli articoli? Sarebbe successo questo: l’hacker del Gru (servizi segreti militari russi) riesce a violare i server della Clinton. Poi, compiuta l’intrusione, con lo stesso computer e dalla stessa sede centrale del Gru a Mosca, ma dimenticando di usare il programma che cela la sua identità elettronica, si mette a surfare su Internet e addirittura entra in Twitter (Twitter, mica nel dark web) dove si fa pescare dall’Fbi. Secondo voi è “highly likely” che un militare-informatico esperto dei servizi segreti russi e impegnato in una simile missione faccia una coglionata di questo genere?

Certo che no. E infatti gli stessi giornali raccontano queste favole con aria stanca, sapendo che sono balle. Avendo perfetta coscienza che tutti, i russi come gli americani, gli inglesi e anche noi italiani, spiano, intrigano, trafugano, origliano ovunque possono. Però sui russi le raccontano. Perché tutto ciò serve a tenere in piedi quello che Harari chiama “ordine” e che, a sua volta, è l’architrave di questo nostro mondo.

Per andare avanti con la globalizzazione, il dominio dei mercati finanziari e il controllo delle risorse naturali del pianeta, abbiamo bisogno di raccontarci che siamo il centro del mondo. E che lo siamo non perché siamo i più forti ma perché siamo i migliori, i “buoni”. E che se rischiamo di non essere più il centro del mondo (con la sgradevole conseguenza di dominare e controllare un po’ meno, e di rimetterci qualche soldino) è perché i “cattivi” complottano contro di noi. Traduzione: poiché la Russia ci manda un po’ di carte a quarantotto, dal Medio Oriente all’Ucraina, è chiaro che complotta. Russiagate, Skripal, Brexit, Catalogna, vittoria di Lega Nord e M5S in Italia, no? Dunque va combattuta, in nome ovviamente del bene.

È la funzionalità per il sistema a tenere in piedi una narrazione che, di per sé, in piedi non starebbe. E che vive di inesausta ripetizione, poiché prove convincenti dei vari complotti, dopo anni di martellamento, non se ne sono viste. Basta osservare quanto avviene in queste ore in Italia, dove un Governo in carica solo per l’ordinaria amministrazione (come il premier Gentiloni ha voluto chiarire anche su Twitter) prende un provvedimento straordinario espellendo due diplomatici e giudicandoli spie. Cosa che lo pone in rotta di collisione con un partner economico e commerciale storico come la Russia, che infatti lo definisce un “atto ostile”. Cosa che, almeno in teoria, ci mette nel mirino dei missili russi, visto che noi abbiamo in casa decine di testate atomiche Usa e Nato. E il Governo defunto che prende una simile decisione ai propri cittadini come unica spiegazione dice che bisognava stare con gli altri, gli americani, gli europei, l’Alleanza Atlantica. Di fatto ammettendo che non ci crede nemmeno lui ma che non poteva (o non aveva le palle per) tirarsi indietro.



Come detto prima, è sicuro che la Russia spia, come spiano tutti gli Stati che spendono soldi per un servizio segreto. Oggi, però, il problema è un altro. A sentir parlare di armi di distruzione di massa (gas nervino) tornano alla mente ricordi nemmen tanto vecchi. Di quando gli stessi giornali, e spesso gli stessi “esperti”, tali armi le avevano localizzate per certo in Iraq. Di quando un ex generale, in quel momento segretario di Stato Usa, andava sventolando all’Onu provette di borotalco spacciandole per antrace. E di quando la Casa Bianca faceva circolare la lista dei “Paesi canaglia”: Afghanistan, Siria, Iraq, Libia e Iran. Paesi che, guarda combinazione, nel frattempo sono stati distrutti. Ecco, non si vorrebbe che il can can attuale servisse da distrazione di massa per spuntare l’unica voce di quella lista che ancora non è stata piallata.


*Pubblichiamo su gentile concessione dell'Autore

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