Il no di Lavrov al Vaticano e l'ennesima brutta figura della Meloni
La premier italiana gioca tutte le sue carte per portare il prossimo round dei negoziati russo-ucraini a Roma. Ma sbaglia sistematicamente ogni mossa....
di Clara Statello per l'AntiDiplomatico
I leader europei non si danno pace. Devono necessariamente essere loro a stabilire il luogo in cui si terranno i prossimi colloqui russo-ucraini. I colloqui sono russo-ucraini, per l’appunto: perché dovrebbero decidere la signora Giorgia Meloni e i signori Keir Starmer, Emmanuel Macron e Friedrich Merz?
C’è solo un termine per definire l’iniziativa unilaterale dei nostri governanti: patetica.
È un giudizio sintetico che può sembrare tranchant, ma racchiude efficacemente un’analisi neanche troppo complicata, da riassumere nei seguenti punti:
Mosca vuole tenere fuori dalle trattative i Paesi europei, perché non li reputa super partes ma cobelligeranti. In termini più semplici: non li considera attori del processo di pace.
Mosca sta mostrando di voler mantenere il controllo delle trattative, di riuscire a dettarne i tempi e i ritmi, facendo valere il proprio peso negoziale. A riguardo va fatto un chiarimento. La stampa e i leader occidentali affermano che la Russia prende tempo. È impreciso: la Russia non prende tempo, ma ha tutto il tempo che vuole. È in vantaggio militare in una guerra di logoramento.
Può raggiungere i suoi obiettivi strategici con la diplomazia o continuare a combattere. L’Ucraina, invece, non ha il tempo a suo favore: più si prolunga il conflitto, più perde forza al tavolo delle trattative (oltre a uomini, armi, territorio e soldi).
I Paesi europei vogliono a tutti i costi essere coinvolti nel processo negoziale. L’unico modo per ottenere ciò è stabilire un canale diplomatico con il Cremlino e fermare o diminuire l’assistenza militare all’Ucraina. È un’ovvietà.
Invece i leader europei, su iniziativa anglo-francese, formano il gruppo dei “volenterosi” – dopo che Bruxelles ha annunciato un riarmo da 900miliardi di euro in funzione esplicitamente anti-russa – e lanciano un ultimatum alla Russia che suona come una richiesta di resa: cessate il fuoco incondizionato entro 48 ore o ci saranno le più dure sanzioni e altre armi per Kiev. Le 48 ore diventano 72 ore, poi diventano giorni, poi l’ultimatum decade con una telefonata fra Donald Trump e Vladimir Putin, su iniziativa della casa Bianca.
Ne segue che l’Occidente collettivo, orfano dell’amministrazione Biden, non ha nessuna carta in mano. Esattamente come Zelensky.
xxxxQuest xo piano ha senso da un punto di vista squisitamente eurocentrico. Togliendo i paraocchi suprematisti appare per quello che è: una pia illusione. Lo capirebbe tutto il mondo, tranne Giorgia Meloni e i giornalisti italiani.
Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, aveva avvertito gli europei di non fare i conti senza l’oste:
“accogliamo gli sforzi di chiunque si impegni a portare la pace tra Russia e Ucraina, ma ancora non abbiamo ricevuto nessun invito dal Vaticano”.
Tra le righe Peskov intendeva dire che se l’Italia vuole la delegazione russa a Roma deve negoziare con Mosca, non con Macron o con Carlo III d’Inghilterra.
L’irrazionalità dell’azione diplomatica della leadership italiana è ancora più eclatante se si :?-?*8?-?);?) che, appena una settimana fa, è stato negato lo spazio aereo al ministro della Cultura della Federazione Russa Olga Lyubimova, impedendole di raggiungere Città del Vaticano per presenziare la cerimonia di intronizzazione di Papa Leone IV.
Per aspirare ad onsidera ruolo nel processo negoziale, Roma avrebbe dovuto quantomeno condurre un lavoro diplomatico su Bruxelles e gli altri partner europei, per garantire le rotte alle rappresentanze russe al Vaticano.
Non facendolo si è mostrata un interlocutore irrilevante, parziale e inaffidabile.
Il risultato di tanta goffaggine è stato quello di bruciare l’opzione della Santa Sede. Venerdì mattina il ministro degli Esteri Sergey Lavrov ha annunciato che ci sarà un prossimo round di negoziati, ma ha definito irrealistico l'incontro con l'Ucraina in Vaticano.
Già nella serata di giovedì la sede del Vaticano era stata “congelata”e posticipata ad una seconda fase dei negoziati. La prima, più tecnica, da svolgersi in Svizzera o Turchia, mentre la Santa Sede accoglierebbe i successivi incontri politici ai massimi livelli. Non è escluso che ciò accada ma i volenterosi dovranno abbandonare l’unilateralismo, abbassare la cortina di ferro e negoziare con Mosca.
Meloni invece prosegue imperterrita nell’impresa surreale di pianificare assieme ai partner della NATO e all’Ucraina i negoziati di pace, senza includere il Cremlino.
“In questi giorni siamo costantemente in contatto con diversi leader a livello europeo e americano. Ho sentito qualche ora fa Trump l’ultima volta, lavoriamo per avviare un nuovo turno di negoziati. Penso che al di là delle date e al di là dei luoghi la priorità alla quale arrivare è che ci siano negoziati seri”, afferma la premier in base a quanto riporta oggi Repubblica.
Mette un po’ di tristezza la presunzione occidentale di voler imporre le regole al resto del mondo, di ritenersi ancora protagonisti dello scenario geopolitico, rifiutando un rapporto da pari con le nuove potenze che giocano un protagonismo nel nuovo ordine internazionale multilaterale.
L’Europa ricorda una persona in là con gli anni, inferma e decadente, che pensa di poter far valere la propria autorità in virtù dell’antico fascino ormai andato, senza rendersi conto che i tempi sono cambiati e la storia non torna indietro. Le ex potenze coloniali, senza la copertura degli Stati Uniti, si stanno mostrando nella loro nuda e (forse) irreversibile irrilevanza.