Iran: la guerra è vicina come mai prima d'ora

36374
Iran: la guerra è vicina come mai prima d'ora

 

Piccole Note

Gli Usa inviano la portaerei Abraham Lincon verso i mari iraniani e schierano i B-52nella base di Udeid (Qatar). La guerra contro l’Iran non è mai stata così vicina.


A rilanciare l’opzione militare è stata la vittoria di Netanyahu alle recenti elezioni israeliane: ossessionato da questa guerra da decenni, ha una finestra di opportunità come mai prima.


La guerra e le elezioni Usa


Il premier israeliano reputa di aver poco tempo: la guerra deve iniziare prima delle elezioni Usa del 2020, che potrebbero privarlo dell’alleanza americana, sia che il fido Trump perda sia che vinca, dato che al secondo mondato sarebbe più libero dalle pressioni dei falchi che l’attorniano, da John Bolton a Mike Pompeo, che stanno decidendo la sua politica estera.


Il dispiegamento militare americano è stato infatti voluto da Bolton e motivato con non meglio specificate minacce agli interessi americani.


“Data la lunga esperienza di Bolton nell’esagerare e manipolare le informazioni per giustificare l’uso della forza – scrive Foreign Policy -, si potrebbe essere tentati di liquidare il tutto come fake news”.


“Ma la prospettiva che l’Iran possa dar vita a una provocazione che vada a scatenare un confronto militare più ampio è molto reale, anche se va detto che è proprio la politica dell’amministrazione Trump volta a mettere sotto pressione Teheran che ha enormemente amplificato il pericolo“.


Non riteniamo che l’Iran abbia alcuna intenzione di provocare alcunché, dato che sa che un conflitto l’incenerirebbe. Mentre sulle manipolazioni di Bolton la letteratura è sterminata.


La revoca dell’accordo sul nucleare


Proprio l’8 maggio, nel 2016, Trump era stato costretto dai falchi a rescindere l’accordo sul nucleare. Bolton ne fu entusiasta, tanto da affiggere il decreto nel suo ufficio. Da allora un’escalation di pressioni sull’Iran.


Anzitutto il ritorno della sanzioni, sempre più dure; poi il divieto di esportare petrolio; quindi le sanzioni alle aziende europee che avessero comprato petrolio da Teheran, che di fatto hanno impedito agli altri Paesi sottoscrittori dell’accordo di comprarlo; quindi l’inserimento della Guardia repubblicana iraniana nella blacklist del Terrore e via così.


Fanno sul serio, e proprio quest’ultima iniziativa potrebbe risultare decisiva. Sembra aver avuto un primo effetto: l’Europa finora è riuscita a eludere – in parte – le sanzioni attraverso un meccanismo che permette lo scambio di petrolio con aiuti umanitari.


Un meccanismo già precario in sé, dato che permette un commercio residuale, che potrebbe essere messo in discussione dagli Usa perché finanzierebbe il terrorismo, ovvero le Guardie rivoluzionarie che di tale commercio hanno parte.


Non solo: l’etichetta di terrorismo fa delle Guardie rivoluzionarie un bersaglio legittimo, che può essere attaccato senza dichiarare guerra. Azione che può provocare l’irreparabile.


Si tenga presente che l’Iran probabilmente reagirebbe a un attacco colpendo Israele. Che potrebbe sentirsi legittimata così a usare le sue atomiche. Scenario catastrofico.


Teheran torna indietro


Di oggi l’annuncio di Teheran che si è detta pronta a un ritorno al nucleare, recedendo poco a poco dagli obblighi sanciti dall’accordo.


Un ultimatum all’Europa, che pure quell’intesa ha conservato, ma con la timidezza del caso, finendo per rendere impalpabile l’ordito che la lega all’Iran.


Bruxelles ha 60 giorni per ripristinare i suoi commerci con Teheran, come da accordi, altrimenti l’abbandono del trattato sarà totale.


Ovviamente l’Occidente, invece di chiedere agli Usa di deporre le pistole nella fondina, intima alla martoriata Teheran di ottemperare a quanto firmato a suo tempo.


Nulla importando che restare in quell’intesa non le reca alcun vantaggio, servendo solo a ridurre la sua capacità difensiva proprio ora che si sente accerchiata e nel mirino.

 

Ps. Sulla criticità di Gaza, alla nota di ieri va aggiunto altro che avevamo omesso per brevità – riproponendoci di tornarci su – e che riguarda l’Iran.


A Netanyahu, per ora, non interessa attaccare Gaza perché distoglierebbe forze dal fronte iraniano, che gli sta più a cuore. Anche se, come ha dichiarato in questi giorni, “le regole del gioco sono cambiate”, frase che sottende tanto e pericoloso.

 

Pps. Finito di scrivere, ci arriva notizia di un volo Air france scomparso dai radar sui cieli iraniani… (successivamente la notizia di un atterraggio di emergenza in un aeroporto iraniano, per fortuna riuscito)

ATTENZIONE!

Abbiamo poco tempo per reagire alla dittatura degli algoritmi.
La censura imposta a l'AntiDiplomatico lede un tuo diritto fondamentale.
Rivendica una vera informazione pluralista.
Partecipa alla nostra Lunga Marcia.

oppure effettua una donazione

Potrebbe anche interessarti

La scuola sulla pelle dei precari di Marco Bonsanto La scuola sulla pelle dei precari

La scuola sulla pelle dei precari

Ventotene e dintorni di Alessandro Mariani Ventotene e dintorni

Ventotene e dintorni

La nuova "dissidenza" che indossa orologi svizzeri di Loretta Napoleoni La nuova "dissidenza" che indossa orologi svizzeri

La nuova "dissidenza" che indossa orologi svizzeri

Il Poker delle monete è allo “stallo messicano" di Giuseppe Masala Il Poker delle monete è allo “stallo messicano"

Il Poker delle monete è allo “stallo messicano"

Il fraintendimento più profondo sulla parola «liberazione» di Francesco Erspamer  Il fraintendimento più profondo sulla parola «liberazione»

Il fraintendimento più profondo sulla parola «liberazione»

Il 25 aprile e la sovranità di Paolo Desogus Il 25 aprile e la sovranità

Il 25 aprile e la sovranità

L'Ecuador verso l'abisso. Contro tutti i pronostici vince Noboa di Geraldina Colotti L'Ecuador verso l'abisso. Contro tutti i pronostici vince Noboa

L'Ecuador verso l'abisso. Contro tutti i pronostici vince Noboa

Israele, la nuova frontiera del terrorismo di Clara Statello Israele, la nuova frontiera del terrorismo

Israele, la nuova frontiera del terrorismo

La retorica "no border" e Salvini: due facce dello stesso imperialismo di Leonardo Sinigaglia La retorica "no border" e Salvini: due facce dello stesso imperialismo

La retorica "no border" e Salvini: due facce dello stesso imperialismo

Missile sulla chiesa di Sumy: cui prodest? di Francesco Santoianni Missile sulla chiesa di Sumy: cui prodest?

Missile sulla chiesa di Sumy: cui prodest?

La nuova Bucha di Zelensky di Marinella Mondaini La nuova Bucha di Zelensky

La nuova Bucha di Zelensky

La repressione dello Stato dietro al Decreto Sicurezza di Giuseppe Giannini La repressione dello Stato dietro al Decreto Sicurezza

La repressione dello Stato dietro al Decreto Sicurezza

Il caso Hannibal Gheddafi sta raggiungendo un punto critico di Michelangelo Severgnini Il caso Hannibal Gheddafi sta raggiungendo un punto critico

Il caso Hannibal Gheddafi sta raggiungendo un punto critico

La California verso la secessione dagli Stati Uniti? di Paolo Arigotti La California verso la secessione dagli Stati Uniti?

La California verso la secessione dagli Stati Uniti?

Un sistema da salari da fame che va rovesciato di Giorgio Cremaschi Un sistema da salari da fame che va rovesciato

Un sistema da salari da fame che va rovesciato

Registrati alla nostra newsletter

Iscriviti alla newsletter per ricevere tutti i nostri aggiornamenti