La "controffensiva ucraina": la dottrina neocon all’esame russo

La "controffensiva ucraina": la dottrina neocon all’esame russo

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La controffensiva ucraina non va affatto bene. Gli attacchi di questi primi giorni non hanno conseguito nessun risultato tattico-strategico, essendo stati tutti respinti al mittente. E alte, altissime, sono le perdite subite.

I russi parlano di seimila attaccanti eliminati, tra morti e feriti, oltre a perdite significative di carri armati, e veicoli corazzati, tra cui una ventina di Leopard 2, armamento annoverato tra le armi magiche fornite dall’Occidente (d’altronde, avevamo preannunciato le loro criticità).

Lo ha dovuto riconoscere perfino l’Institute for the Study of War (ISW), il think tank della famiglia Kagan che sta gestendo questa guerra e il flusso di informazioni dal quale dipendono i media mainstream.

Scusate l’imprecisione…

Riportiamo un passaggio di report dell’ISW perché istruttivo: “L’8 giugno le forze ucraine hanno perso veicoli forniti dall’Occidente. Le perdite sono inevitabili nel corso di un’azione militare. Le forze ucraine subiranno perdite, anche di armamenti, sia occidentali che sovietici, in tutte le operazioni offensive”.

“L’equipaggiamento occidentale non è immune dai danni più dell’equipaggiamento che gli ucraini hanno usato e perso dal febbraio 2022. Le perdite di equipaggiamento, anche di quello occidentale, all’inizio della controffensiva non è però un indicatore del futuro della controffensiva. È importante non esagerare l’impatto delle perdite […] in particolare nelle battaglie di penetrazione contro le posizioni difensive”.

Si può notare come si tenti in ogni modo di attenuare l’impatto dei rovesci subiti, una diminuitio che serve a evitare che sorgano dubbi sull’opportunità di procedere sulla via intrapresa, che si preannuncia ancora più disastrosa di quanto preventivato.

Certo, siamo ancora ai prodromi della battaglia vera e propria. Le forze ucraine che vengono immolate sotto il fuoco russo hanno solo il compito di aprire la via all’attacco vero e proprio, che dovrebbe contare, a stare a quanto riporta Mikael Valtersson, ex alto ufficiale dell’esercito svedese, su 600 carri armati di varia natura e altrettanti veicoli corazzati, oltre alle quindici brigate di cui al report dell’ISW.

Ma anche i russi hanno riserve ancora non utilizzate e soprattutto hanno il controllo del cielo, cosa che fa dell’attacco ucraino un’azione votata al macello. Potranno sfondare, forse anche arrivare a travolgere anche l’ultima delle linee difensive predisposte dai russi, ma se le cose restano così, rischiano di arrivarci con una forza talmente degradata da restare esposta a un contrattacco devastante (si ricordi che a Zaporozhye, dove si sta concentrando l’attacco, sono presenti le forze speciali della Akhmat, le truppe cecene guidate da Kadyrov, non ancora impegnate in battaglia).

Insomma, quanto preventivato da tanti, nel piccolo anche da noi, sembra essere il destino manifesto di questa operazione voluta a tutti i costi dai falchi d’Occidente, che hanno costretto Kiev a obbedir tacendo nonostante le resistenze degli alti ufficiali ucraini.

Sul punto, val pena riportare anche un altro passaggio del report citato dell’ISW: “I continui attacchi di missili e droni russi contro Kiev e le infrastrutture critiche ucraine potrebbero aver allontanato i sistemi di difesa aerea più avanzati dell’Ucraina dalla linea del fronte […] Le precedenti valutazioni di ISW secondo cui gli attacchi aerei e missilistici russi non stavano ponendo le condizioni per difendersi dalla controffensiva ucraina potrebbero quindi essere state imprecise”.

Si riconosce, cioè, che senza un’adeguata copertura aerea la controffensiva è esposta a un devastante fuoco di contrasto. Una imprecisione, solo una imprecisione… scusate, ci siamo sbagliati.

La dottrina neocon all’esame russo

Come abbiamo scritto, l’ISW non è solo un think tank. Si tratta del pensatoio che sovraintende la guerra ucraina, il nido d’aquila dei neoconservatori americani, quelli, appunto, che hanno costretto Kiev a procedere con la controffensiva, costi quel che costi.

D’altronde i neocon sono esperti in fallimenti, basti pensare alle guerre infinite, con le sconfitte seriali cumulate sui vari campi di battaglia avviati nel mondo: l’Iraq, che da baluardo anti-iraniano degli Stati Uniti è diventato un partner di Teheran; la Libia che, sconfitto Gheddafi, è rimasta terra ostica all’Occidente; l’Afghanistan, dal quale gli Stati Uniti si sono ritirati con scorno; la Siria, che avendo resistito all’onda d’urto di un devastante regime-change, ha vinto la sua guerra.

Il punto è che l’elemento su cui si fonda l’aggressiva dottrina bellica neocon è che la guerra, con il suo apporto di caos nella nazione bersaglio e l’incremento degli utili (politici ed economici) dell’apparato militar industriale Usa, sia da perseguire come fine a se stessa, al di là del suo esito.

Tale strategia è stata imposta anche alla guerra ucraina, che ha comunque incrementato l’influenza neocon nella politica estera americana e il loro peso sugli stati clienti degli Stati Uniti, aumentando anche la forza e il lucro dell’apparato militar-industriale Usa.

Per quanto riguarda la guerra che si combatte in ucraina, la più grande preoccupazione dei neocon è che essa prosegua, alla stregua delle altre guerre infinite. A tale scopo è necessario alimentarla continuamente, da cui le continue escalation e l’attuale controffensiva, necessarie a evitare uno stallo che potrebbe aprire vie al negoziato (come da pronostici del Capo degli Stati Maggiori congiunti Usa Mark Milley).

Ma è un gioco al massacro, altrui ovviamente, che poteva dare alti dividendi nel caso in cui le nazioni bersaglio erano altre che non una superpotenza come la Russia. Nel caso specifico, certi azzardi, come l’attuale controffensiva, potrebbero avere esiti talmente disastrosi da chiudere i loro giochi di guerra prima del previsto. Vedremo.

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