La cultura della difesa

Gli obiettivi di fine legislatura: aumento delle spese militari e centralità della cosiddetta cultura della difesa.

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La cultura della difesa

 

di Federico Giusti

Una nota Ansa parla di un report di 33 pagine, documento datato 8 maggio a cura del Ministero della Difesa, per delineare il programma e gli obiettivi da perseguire fino al termine della legislatura.

La cultura della difesa, l’idea e la difesa della patria sono  i pilastri culturali ed ideologici del Ministero Crosetto dietro a cui si celano ben altri, e rilevanti, interessi: il connubio tra ricerca e industria civile e militare, la riforma delle forze armate con la istituzione di una riserva sul modello Israeliano per coinvolgere anche chi è "privo di pregresse esperienze militari" fino ai progetti di riconversione a fini militari di settori industriali. Ed è innegabile l’attenzione del Governo verso le industrie produttrici di armi divenute una sorta di vanto del made in Italy a sostituire la moda,l’artigianato o qualche prodotto di nicchia destinato ai mercati ricchi del globo.    In attesa di conoscere il testo possiamo tuttavia trarre esaustive informazioni da precedenti interviste ed esternazioni del Ministro Crosetto, da documenti e discorsi ufficiali, da articoli sulla stampa o dagli interventi parlamentari per capire il veloce riposizionamento dell’Italia all’indomani degli incontri tra Meloni e Trump.

Per esigenze di sintesi e di efficacia della comunicazione ci soffermeremo solo su alcune questioni

  • Dopo mesi di interviste e di dichiarazioni in apparenza contraddittorie la verità viene finalmente a galla, si conferma il ruolo nevralgico della Nato (per quanto ne dicano quei settori contro la guerra che sulla Nato non prendono mai posizione per opportunismo e comodità politica) e la necessità che l’Italia, al suo interno, acquisti peso assumendosi l’onere di intensificare la presenza di truppe nelle missioni all’estero ma anche attraverso investimenti veri e propri come il rapido raggiungimento del 2% del PIL per spesa militare (10 miliardi)  grazie anche allo "scorporo dai vincoli di bilancio europei". Cannoni e non burro, deroghe alle norme di bilancio comunitarie pe scorporare le spese militari ma allo stesso tempo occultando che queste crescenti spese saranno finanziabili solo con tagli allo stato sociale. Citiamo a tal riguardo un documento ufficiale „ La terza condizione è che si raggiunga il traguardo del 2% in termini di Rapporto tra le Spese della Difesa e Pil, confermato da tutti i governi, e quello attuale non fa eccezione. L’impegno del governo segue il trend già previsto dai precedenti. Di fronte alle difficoltà economiche generali e rispetto al superamento di tali condizioni, un importante risultato è stato già raggiunto ed è rappresentato dallo scorporo delle spese della Difesa dai vincoli di bilancio dai vincoli imposti dal Patto di stabilità. Tale traguardo è il frutto di una incalzante e instancabile azione del Vertice del Dicastero. Lo scorporo delle spese della Difesa dai vincoli di bilancio è, di fatto, “l’unico modo per non togliere risorse a interventi sociali”, come aveva spiegato lo stesso Ministro in audizione alle Camere. L’impegno del 2% assunto nel 2014 è ormai considerato dall’Alleanza Atlantica un punto di partenza, con numerosi Paesi che già spingono per superarlo. L’Italia si è impegnata a raggiungere tale traguardo entro la fine del 2028, pur nella consapevolezza che il percorso sarà impegnativo. Programma di Comunicazione MD 2025

 

  • In attesa della pubblicazione di queste 33 paginette cogliamo il reiterato, e servile, impegno al raggiungimento del 2 per cento per spese militari, se poi volessimo conoscere nel dettaglio la cultura della difesa e la ideologia della patria basta leggersi le “Linee programmatiche del Ministro della Difesa” ( 2023) , il “Documento programmatico pluriennale per la Difesa per il triennio 2024 – 2026”  o il programma di comunicazione della Difesa che poi è la fonte ispiratrice di queste nostre considerazioni (Programma di Comunicazione MD 2025)

 

  • La strategia comunicativa del Ministero della difesa parte quindi da un presupposto ben preciso: la nozione della difesa prevede ambiti in cui muoversi assai vasti nonchè interventi complessi che vanno dalla ricerca all’economia, dalla comunicazione spicciola a interventi a tutela della sicurezza nazionale ed internazionale, non esiste campo in cui la cultura della difesa non possa inserirsi, concedere patrocini, promuovere iniziative pubbliche, costruire collaborazioni editoriali, cinematografiche, occupare ogni spazio comunicativo e sociale è diventato dirimente a partire dalla spasmodica attenzione riservata alle scuole di ogni ordine e grado. E le giornate ufficiali istituite dalla Repubblica si prestano come occasioni propizie per affermare la cultura della patria e della difesa in una azione costante di legittimazione del militarismo e di affermazione dei suoi valori che necessita anche di parziali riscritture della storia passata.

 

  • Siamo lontani anni luce da un’idea della difesa ancorata ai valori e alle pratiche di un tempo, uniti nella diversità significa legare la società civile e la scuola alle forze armate o piegare la ricerca a fini duali che alla fine vanno a indirizzare la ricerca stessa a finalità di guerra. Il militare del presente e del futuro non è quello nostalgico del ventennio, del nonnismo e delle soluzioni autoritarie ma il militare attento alla diversità, sensibile all’ambiente (nel potenziamento delle basi militari troverete progetti ecologici come l’uso di pannelli solari, il riciclo delle acque, il tema della riduzione nel consumo di suolo o del risparmio energetico fino alla tutela della biodiversità), esperto in comunicazione, rispettoso dei dettami costituzionali debitamente depurati da ogni forma di pacifismo avanzato, il militare che sa andare nelle scuole interagendo con alunni e docenti attraverso progetti civici. Ma alla fin fine il militarismo esce sempre fuori e con esso l’idea di una società della sorveglianza nella quale gli spazi di democrazia reale vengono compressi in nome della sicurezza nazionale e internazionale.
  • Non è facile convincere una opinione pubblica acritica e refrattaria a ogni approfondimento e discussione che sotto i suoi occhi sta crescendo una pratica militarista nella società assumendo sembianze, caratteristiche e funzioni in apparenza innovative e civili. Non ci aiuta una stampa becera e asservita ai poteri economici e finanziari dominanti, una stampa che alla fine svolge il mero ruolo di cassa di risonanza del potere politico. Prendiamo ad esempio il concetto della Difesa al servizio del paese. Parliamo di: “funzioni industriali” “funzioni sanitarie”, “funzioni formative” “funzioni giurisdizionali, “funzioni di ricerca, sviluppo e innovazione” . Se si vuole comprendere il ruolo odierno delle Forze armate diventa impescindibile addentrarsi in queste articolate connotazioni che poi sono elementi fondanti della “Cultura della Difesa”.

Emerge non solo la necessità di connettere il militare ad ogni sfera della società e dell’economia ma traspare il fondamentale ruolo della comunicazione istituzionale e non.

  • Il rapporto tra ricerca e industria civile e militare diventa sempre più stringente, prova ne sia la presenza di Fondazioni e aziende dentro gli atenei e le scuole con finalità molteplici, alla occorrenza anche nella veste di finanziatori della scuola pubblica visti i crescenti disinvestimenti Governativi. Quando si parla di autonomia scientifica e tecnologica all’interno di un documento dedicato alla cultura della difesa è evidente che siamo andati assai avanti nell’opera di piegare la ricerca e lo studio a fini di guerra. Leggiamo testualmente:

„……….. si dovrà partire dal rafforzamento delle sinergie tra il mondo accademico, i centri di ricerca e il comparto industriale, non trascurando le piccole e medie imprese, le Start-Up e i gruppi informali di esperti. Occorre valorizzare al massimo le collaborazioni con il mondo accademico e quello industriale, evitando la dispersione di energie ed incoraggiando gli sforzi dell’industria verso la messa a punto di prodotti ad elevato potenziale di mercato e di reale interesse per lo Stato. È necessario, inoltre, sviluppare un piano per il supporto dell’Industria nazionale, anche attraverso l’applicazione in ambito Difesa dei Poteri Speciali, la cosiddetta Golden Power, finalizzati alla tutela di asset e know-how strategici nazionali che, dato il contesto globale sempre più complesso e ibrido, sono oggi più che mai a fortissimo rischio di ingerenza straniera. Parte di questo piano sarà anche il rafforzamento degli accordi Gov-to-Gov, per aumentare la rilevanza del nostro export, colmando il divario commerciale e industriale nel confronto con altri Paesi. L’industria della Difesa dovrà diventare una leva ad alto contenuto tecnologico che possa abilitare le Forze Armate ad operare in modo predittivo in tutti i futuri scenari di crisi. Programma di Comunicazione MD 2025

Quando leggiamo della presenza di aziende produttrici di armi e di militari nelle scuole non soffermiamoci alle note ufficiali ma interroghiamo a fondo le trasformazioni in atto, riflettiamo su quanto accade sotto i nostri occhi, sulle finalità di questa onnipresente cultura della difesa domandandoci quali saranno gli effetti sulla nostra società.

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