La Turchia torna alla sua ambigua (e aggressiva) neutralità

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La Turchia torna alla sua ambigua (e aggressiva) neutralità

 

L’incontro tra Erdogan e Putin di ieri sana la frattura tra Russia e Turchia, avvenuta nel luglio scorso dopo la liberazione di cinque comandanti del battaglione Azov da parte del sultano turco (fatti prigionieri dai russi, si era stabilito che fossero traferiti in Turchia fino alla fine del conflitto). La mossa di Erdogan aveva mandato su tutte le furie lo zar, che per un mese e mezzo ha nicchiato sulla richiesta della controparte di un bilaterale.

La Turchia torna alla sua ambigua neutralità aggressiva

Il significato dell’incontro è tutto qui, nell’accoglienza da parte di Putin della (pietita) richiesta di Erdogan di riposizionarsi, ritornando a quella neutralità ambigua e aggressiva tra Oriente e Occidente assunta negli ultimi anni che aveva dato alla Turchia una rilevanza globale. Posizione che sembrava aver abbandonato con la liberazione dei neonazisti ucraini che sembrava preludere al ritorno nel più ristretto alveo atlantista.

Come Erdogan ha potuto constatare in questo mese e mezzo di gelo. La rescissione dei rapporti con Mosca è al momento impraticabile. la Turchia sarebbe semplicemente condannata al disastro.

Questo riequilibrio verso Oriente (realizzato mantenendo saldi i rapporti atlantici) è evidenziato dalla parallela visita del ministro degli Esteri turcoHakan Fidan, già capo dell’intelligence e uomo forte di Ankara, in Iran – Paese alleato di Mosca e di area Brics – svoltasi poco prima dell’incontro tra Putin ed Erdogan.

Peraltro, Fidan è arrivato in Iran alla vigilia della riapertura ufficiale dell’ambasciata saudita a Teheran, partecipando così a quel processo distensivo che sta ridisegnando il volto del Medio oriente dopo anni di lotta continua.

I media occidentali hanno dato scarsa rilevanza al viaggio di Erdogan in Russia, limitandosi ad annotare che non è riuscito nello scopo di rilanciare l’accordo sul grano ucraino, uno dei più grandi successi geopolitici del sultano.

L’accordo sul grano ucraino

In realtà, l’esito negativo di tale proposito era scontato, avendo Putin chiarito a più riprese che la Russia avrebbe accettato un nuovo accordo solo se fossero state soddisfatte le sue richieste previe, cioè essenzialmente la reciproca libertà di circolazione del grano e dei fertilizzanti russi, gravati invece da sanzioni. Dal momento che l’Occidente non pensa neanche lontanamente di accogliere le richieste russe, il niet era scontato.

Ed è impensabile che Erdogan contasse di convincere Putin in un faccia a faccia. In realtà, il rilancio dell’accordo sul grano era solo un pretesto per realizzare il viaggio, un modo per evitare le critiche occidentali, dal momento che l’accordo in questione, a parole, è obiettivo condiviso.

Certo, nel corso dell’incontro Erdogan ha provato a insistere sul ripristino dell’intesa sul grano, come si annota nel sito ufficiale del presidente turco, ma tutto dipende dall’Occidente, come implicitamente riconosciuto anche dal sultano.

Sul punto un cenno significativo del sultano: “Ma se il 44% del grano che uscirà da questo corridoio va ai paesi europei (percentuale riferita al vecchio accordo sul grano ucraino), la Russia, giustamente, non vede di buon occhio la cosa”.

Se si considera che tanta parte del  rimanente 56% va a Paesi extraeuropei che poveri non sono, si può notare come il refrain sullo zar che nega il grano poveri sia mera propaganda.

Il tema del grano ai Paesi poveri, però, è stato ugualmente oggetto del summit. Putin aveva promesso un milione di tonnellate di grano gratis a sei nazioni povere e, sul punto, il sultano ha ottenuto una piccola vittoria politica (da esibire come trofeo). Tutto questo grano russo sarà macinato in Turchia per farne farina per i destinatari finali (di certo si farà pagare da Mosca, magari in grano…).


Erdogan: scambi commerciali in aumento

Ma, come detto, Erdogan intendeva anzitutto riallacciare i rapporti lacerati e rilanciare gli scambi commerciali. Infatti, come riporta il sito ufficiale del presidente turco, Erdogan ha dichiarato: “Il nostro volume di scambi bilaterali ha raggiunto circa 69 miliardi di dollari lo scorso anno. Stiamo compiendo passi importanti verso il nostro obiettivo, che è di 100 miliardi di dollari”. Inoltre, con Putin si è discusso della “centrale nucleare Sinop” al cui sviluppo necessita la tecnologia russa; dossier, quello del nucleare, al quale Erdogan tiene moltissimo.

Insomma, la Turchia, dopo uno sbandamento, si riposiziona come ambiguo ponte tra Oriente e Occidente, nella speranza che ciò gli riapra gli orizzonti perduti.

En passant, qualche analista ha ipotizzato che l’incontro potesse riaprire qualche spazio per i negoziati sula guerra ucraina, dato che la Turchia in passato si è prodotta in una mediazione fruttuosa, vanificata da ingerenze esterne (leggi NATO). I due ne hanno parlato, ovviamente, e Putin si è detto disponibile, ma la palla sta nel campo dell’Occidente, dove però prevale il partito della guerra eterna.

A margine, si può notare che in concomitanza con l’incontro tra lo zar e il sultano, si è registrato un cambio di guardia in Ucraina: Zelensky ha nominato un nuovo ministro della Difesa. 

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Piccole Note è un blog a cura di Davide Malacaria. Questo il suo canale Telegram per tutti gli aggiornamenti: https://t.me/PiccoleNoteTelegram

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