"L'integrazione europea: io non ci credo più". L'intervista del 2013 di Gianni Vattimo a l'AntiDiplomatico (di un'attualità incredibile)
Dopo una lunga malattia, Gianni Vattimo è morto oggi all'ospedale di Rivoli in provincia di Torino. Tra i più noti pensatori italiani e tra i massimi esponenti della filosofia ermeneutica a livello mondiale, Vattimo è stato il teorico del "pensiero debole".
Come l'AntiDiplomatico, va a lui il ringraziamento di averci rilasciato un'intervista alla quale siamo particolarmente legati alle origni del nostro giornale.
Sono passati quasi 10 anni ed è incredibile l'attualità delle parole del grande pensatore, all'epoca eurodeputato per Italia dei Valori.
Ve la riproponiamo oggi in suo ricordo.
A.B.
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"L'integrazione europea: io non ci credo più". Gianni Vattimo
di Alessandro Bianchi
26 novembre 2013
Gianni Vattimo. Filosofo post-modernista e teorico del pensiero debole. Attualmente Eurodeputato per l'Italia dei Valori. Autore di La fine della modernità
- Restando sull'appiattimento ideologico dei partiti tradizionali ad un unico modello di sviluppo: quanta responsabilità ha, secondo Lei, il pensiero filosofico nell'aver lasciato il palcoscenico agli economisti? E vede un modello di sviluppo alternativo applicabile oggi in occidente?
- Habermas ha recentemente scritto come il "passaggio da stato fiscale a stato debitore" ha creato un circolo vizioso che ha reso le popolazioni "sotto tutela" del regime finanziario dominante. E' d'accordo?
- Nel suo libro "il socialismo e l'Europa" scriveva come un programma socialista e di sinistra dovesse necessariamente identificarsi con l'integrazione europea. Ne è ancora convinto?
Un'idea rispettabile nata da ideali nobili alla fine della seconda guerra mondiale – evitare le guerre in Europa e resistere alla concorrenza delle grandi potenze – deve essere ora contestualizzata. Non si può restare nel passato e dobbiamo comprendere dove queste istituzioni stanno andando e perché stiamo procedendo con questo tipo d'integrazione. Un 'Europa socialista sarebbe auspicabile, ma al momento non è pensabile e quello che oggi si è creato rappresenta tutto ciò che di più lontano si poteva desiderare.
- Dopo le scuse del Fondo Monetario Internazionale, anche membri della Commissione e della Bce hanno ammesso degli errori nella gestione della crisi in Grecia. Una beffa se si considera il dramma sociale in corso nel paese. Che degenerazione dei nostri tempi rappresenta la troika?
Se penso alla definizione di Gramsci di fascismo, vale a dire un sistema in cui un'organizzazione tecnico-economica è in grado di imporre con la forza il suo modello, mi domando: cosa è cambiato oggi? Solamente lo strumento: non ci picchiano più in testa, non c'è più l'olio di ricino, ma ci obbligano all'austerity. E' una governance mondiale che serve coloro che statisticamente ci guadagnano: la forbice tra i poveri ed i ricchi del mondo aumenta in modo selvaggio e c'è uno spostamento costante del Pil mondiale dal mondo del lavoro a quello finanziario. Non so valutarlo tecnicamente, ma è un risultato di questa "dittatura oligarco-finanziaria".
- Nella società della libertà dei movimenti dei capitali e delle merci, della rinegoziazione al ribasso dei diritti sociali acquisiti e di una disuguaglianza sociale crescente, tale per cui ad un numero sempre maggiore di persone non è permesso di condurre una vita dignitosa, che valenza ha assunto il concetto di "imperialismo"?
Si tratta di un concetto nevralgico da comprendere. Se ci fosse ancora l'imperialismo tradizionale, almeno si saprebbe cosa colpire. Oggi, al contrario, si sono realizzate molte delle teorie di Foucault degli anni '70 e '80 sulla microfisica del potere. E' tragico, ma non è giusto neanche essere troppo pessimisti, perché così si blocca ogni reazione soprattutto per uno come me che sta il 90% del suo tempo con gli sfruttatori - perché sono qui al Parlamento europeo - ma che con un piede, il cuore e la mente sta sempre con gli sfruttati.
La speranza che ho è quella che aveva Marcuse, vale a dire che il proletariato possa trovare nuovi spazi di ribellione dopo la pacificazione tra socialismo e capitalismo. Ma il problema è che al nostro interno non abbiamo al momento le risorse necessarie per contrastare quelle imposizioni nord americane, che ci hanno obbligato a cambiare i nostri stili di vita e stanno distruggendo il nostro sistema sociale. Con le basi militari in tutt'Italia ed il nostro territorio che è un deposito di bombe atomiche gestito dalla Nato e dal Pentagono, che senso hanno i programmi politici che ci presentano ad ogni elezione? La spinta al cambiamento è però inevitabile e, secondo me, subirà un'ulteriore accelerata dalla pressione esterna degli immigrati. Dobbiamo trovare il modo di cambiare le cose e sopravvivere tutti insieme.
- Cosa si aspetta dalle elezioni di maggio del Parlamento europeo?
Ci sono diverse forze, tra cui possiamo anche inserire il Movimento cinque stelle in Italia, che mettono in discussione l'attuale stato delle cose a Bruxelles. Se crescono le forze anti-europee si dovrebbe poter avere una trasformazione del sistema e delle istituzioni createsi in Europa. Non ci credo tanto, ma lo spero. Spero che qualche "barbaro", coloro che non si limitano a pensare a piccoli cambiamenti ma si battono per un rinnovamento profondo e non lasciano intimidire dalle campagne mediatiche terroristiche, vinca ed abbia la forza di produrre i cambiamenti necessari. Lo spero.
- Professore, infine, ci potrebbe indicare un libro o un autore da leggere in questa fase di profonda confusione generale?
In questo momento sto leggendo avidamente il libro di Gallino intitolato "Il colpo di Stato di banche e governi", che elenca i danni sistematici prodotti dalle politiche integrazioniste a favore delle banche e l'attacco perpetrato alla democrazia dei vari paesi membri. Ma anche lui alla fine non è molto ricco di speranza e di ottimismo. Temo che non siano i libri che ci mancano, ma è comprendere perché il proletariato non torni a far sentire la propria voce in modo forte e a ritrovare quegli spazi che auspicava Marcuse. La risposta che mi sono dato è che al tempo di Marx non c'era la televisione. Oggi, al contrario, è come se ci spruzzassero nell'aria una serie di tranquillizzanti. Come è possibile che gli italiani sopportino il degrado in corso, il fatto che i genitori non possano permettersi il dopo scuola per i figli o che siano messi in discussione le tutele dei bisogni minimi esistenziali?
Se dovessero scoppiare nei prossimi mesi dei conflitti sociali duri aumenterà la pressione poliziesca. Del resto, il caso della Tav in Val di Susa è un laboratorio di prova di uno stato sempre più militarizzato, sempre più distaccato dagli interessi della gente e pronto a farsi vedere con tutti i mezzi, anche quelli più duri.