LORETTA NAPOLEONI - Il crollo dei mercati: perché questa volta è differente (e più preoccupante)
di Loretta Napoleoni per l'AntiDiplomatico
Negli ultimi giorni, i titoli di Stato americani, noti come Treasury, hanno subito un forte calo di valore, scatenando preoccupazioni tra gli investitori e ripercussioni sui mercati finanziari globali. E questo potrebbe essere un segno altamente negativo.
I Treasury sono considerati tradizionalmente uno degli investimenti più sicuri al mondo, tanto da essere definiti un "bene rifugio". Dopo l’11 settembre 2001, ad esempio, i mercati crollarono per lo shock geopolitico e il timore che l’economia globale si paralizzasse, le borse persero oltre il 10 per cento in pochi giorni, ma i Treasury – considerati il porto sicuro per eccellenza – vennero acquistati massicciamente, facendo crollare i loro rendimenti (quando la domanda è alta sale il prezzo dei titoli di Stato americani e scende il loro rendimento e questo segnala la fiducia nell’economia americana e viceversa). Ieri è successo il contrario. I Treasury hanno registrato un brusco calo della domanda, spingendo i loro rendimenti alle stelle. Ad esempio, il rendimento di quelli a 10 anni è salito al 4,51 per cento, per poi scendere al 4,37 per cento, mentre quello a 30 anni ha sfiorato il 5 per cento.
Possibile che il mercato ci stia dicendo che non si fida piu’ del dollaro e della stabilità dell’economia statunitense?
La causa immediata di questa turbolenza è l’entrata in vigore dei dazi commerciali imposti dall’amministrazione Trump su alcuni partner, come la Cina. Queste misure hanno creato incertezza sui futuri scambi globali, spingendo molti investitori a vendere asset rischiosi, compresi i Treasury, per rifugiarsi nei contanti. Inoltre, alcuni hedge funds (fondi d’investimento ad alto rischio) hanno dovuto liquidare massicciamente le loro posizioni sui Treasury per coprire perdite in altre operazioni finanziarie, aggravando ulteriormente la pressione al ribasso dei rendimenti.
Le ripercussioni della tabella dei dazi di Trump non si limitano agli Stati Uniti. Anche i titoli di Stato giapponesi e britannici hanno subito vendite massicce, con i rendimenti dei titoli a 30 anni del Regno Unito che sono saliti ai livelli del 1998. Intanto le borse europee e asiatiche hanno registrato forti cali, ed il petrolio è crollato ai minimi degli ultimi quattro anni.
In questo contesto, l’euro si è rafforzato rispetto alla sterlina e al dollaro, diventando un’insospettabile "valuta rifugio" per alcuni investitori.
Alcuni analisti temono che questa situazione possa innescare una spirale negativa simile a quella del marzo 2020, all’inizio della pandemia, quando il crollo dei Treasury costrinse la Federal Reserve (la banca centrale americana) a intervenire con massicci acquisti di titoli per calmare i mercati. C’è anche chi spera in un intervento simile della Fed, magari con un taglio improvviso dei tassi di interesse come avvenne dopo 11 settembre quando la Fed intervenne tagliando i tassi e inondando il sistema di liquidità per evitare il collasso del credito. Ma allora la crisi era legata a un evento geopolitico improvviso e traumatico, e la risposta delle istituzioni fu rapida e coordinata oggi la crisi è politica e parte dagli stessi Stati Uniti. Altra differenza cruciale è il contesto economico. Nel 2001, l’inflazione era bassa e la Fed poteva tagliare i tassi senza timori. Oggi, invece, l’aumento dei rendimenti dei bond riflette anche il rischio di una ripresa dell’inflazione, complicando le opzioni della banca centrale.
Dopo l’11 settembre e nel 2020, i mercati si ripresero grazie a un’azione decisa delle banche centrali, la solidarietà globale aiutò a stabilizzare i mercati, oggi le tensioni commerciali rendono più difficile una risposta coordinata. La Fed si trova in una posizione infinitamente più delicata: se intervenisse, potrebbe essere accusata di salvare speculatori; se non lo fa, rischia di aggravare la crisi mondiale. Inoltre, mentre nel 2001.
La lezione del passato è che i mercati, alla fine, si riprendono. Tuttavia, oggi la crisi era legata a un evento eccezionale, le turbolenze dipendono da scelte politiche deliberate, il che le rende più imprevedibili e potenzialmente durature. Se allora nel 2001 il nemico era il terrorismo e nel 2020 il Covid, oggi è l’incertezza stessa – e questa potrebbe essere una battaglia molto più complicata da vincere.