Referendum censurati. Cronaca (tempestosa) della protesta contro la RAI

Referendum censurati. Cronaca (tempestosa) della protesta contro la RAI

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di Giulia Bertotto per l'AntiDiplomatico


E’ un pomeriggio afoso, quello del 24 giugno a Roma, un sabato di esodi verso il mare, di partenze con le valigie cariche per sgombrare la testa dai pensieri affannosi del lavoro, delle bollette, della guerra. Ma forse nella testa degli italiani verso le spiagge, il pensiero della guerra non c’è. Di sicuro non c’è quello dei Referendum Ripudia la guerra e Generazioni Future, perché queste iniziative democratiche sono deliberatamente rese inaccessibili all’opinione pubblica dai media italiani.

Da più di due mesi Ripudia la guerra è tenuto fuori dai canali della televisione pubblica. Oggi Ripudia la guerra è fisicamente fuori dalla RAI, per manifestare questo trattamento scandaloso in quella che si definisce ancora una democrazia.

Ad aprire la protesta davanti alla sede RAI di viale Mazzini, l’onorevole Marco Rizzo, presidente onorario del Partito Comunista con Democrazia Sovrana e Popolare: “Ci troviamo a presidiare la RAI per chiedere il rispetto di un diritto costituzionale, la raccolta firme per un referendum, consentita e protetta dalla nostra Carta. L’impresa è immane: superare in 90 giorni mezzo milione di firme autenticate da consiglieri, avvocati, ma la comunicazione del servizio pubblico televisivo censura l’accesso: c’era il silenzio con la Sinistra al governo e ora con la Destra al potere. Democrazia Sovrana e Popolare appoggia con i suoi militanti e volontari e tutte le sue forze, questa raccolta firme perche l’Italia ripudia la guerra in piena aderenza alla nostra Costituzione”.

Segue l’intervento di Francesco Toscano, presidente di Ancora Italia Sovrana e Popolare con Democrazia Sovrana e Popolare: “Rispetto ai fatti in Russia è difficile cogliere i retroscena che si mascherano dietro il racconto ufficiale. Esiste però un dato obiettivo: la cattiva coscienza del nostro giornalismo mainstream che alla notizia della presunta ribellione di Prigožin hanno inizato a esultare in maniera infantile per trasfigurarlo in un novello Spartaco che combatte per la libertà. Insomma nel pantheon del PD finché non ha fatto un passo indietro e non è la prima volta.

Qualsiasi sia la natura dei gravi disordini interni scoppiati in Russia, sappiate che questi apprendisti stregoni -che stanno lavorando per esacerbare uno scontro in territorio russo- si ritroveranno ad avere a che fare con un nuovo Frankenstein, un mostro da loro costruito che non sapranno più gestire e che getterà il mondo nella confusione più totale. Fermatevi adesso e smettela di accusarci di essere dalla parte del nemico solo perché non vogliamo un allargamento senza freni del potere euroatlantico in ogni angolo del mondo. Mentre questi signori della guerra hanno smarrito ogni concetto di realpolitik, Putin e Lavrov hanno dimostrato nervi saldi e non hanno mai negato la possibilità di dialogo e confronto perché non esiste soluzione militare a questa situazione”.

La calura si mescola alla tensione magnetica dei lampi in lontanza, la luce si incurva, mulinelli di foglie e cartacce vorticano sull’asfalto, ci si sente avvampare dal caldo nella gola e il sangue ghiacciato dal terrore. Costruirsi un bunker contro la guerra nucleare o cercare un ombrello che tra poco potrebbe scatenarsi un temporale? Prospettive che in maniera surreale sembrano entrambe quasi ugualmente concrete.

Enzo Pennetta, docente e presidente del Comitato Ripudia la Guerra si gira verso la sede della Tv nazionale italiana: “La fabbrica della verità ha sconfessato anche i suoi stessi servizi, nei quali racconta la guerra in Donbass e il colpo di stato nel 2014. Ed è infatti dai loro stessi sondaggi che emerge come il 60% degli italiani sia contrario all’invio di armi in Ucraina. Eppure negano a questo 60% di cittadini di sapere che c’è un referendum che rappresenta la loro volontà! A coloro che dicono che stiamo difendendo gli ucraini rispondiamo che diamo a Kiev le armi, ma i soldati non si preparano dall’oggi al domani, le nostre armi stanno contribuendo a mandare al macello ragazzi ucraini senza alcuna preparazione al fronte, questo la RAI non lo dice! Non stiamo aiutando l’Ucraina, stiamo favorendo concretamente una carneficina.

Voglio ringraziare tutti coloro che sotto la pioggia battente o con il sole e il caldo soffocante, sottraendo tempo al lavoro, al riposo e alla famiglia, raccolgono le firme ai banchetti in tutte le piazze delle città italiane. Siamo davanti alla fabbrica della verità mediatica: quella della semplificazione propagandistica che ci vuole convincere che c’è solo un aggredito a un aggressore. Tutta la fatica di queste persone per la raccolta firme si è scontrata contro un ostacolo enorme, un boicottaggio barbaro, ma in qualunque modo si concluderà questa esperienza, resteranno i documenti depositati presso il tribunale con indelebile il no di ciascuno. Le nostre firme rimarranno a testimoniare che questa guerra non è stata fatta a nostro nome!”

Nessuna firma verrà bruciata dal sole o diluita nell’oblio dalla pioggia.

 

Piove
sulla Gazzetta Ufficiale
qui dal balcone aperto,
piove sul Parlamento,
piove su via Solferino,
piove senza che il vento
smuova le carte.

 

Viene in mente questa (parte di una) poesia di Montale, che satirizza La pioggia nel pineto di D’Annunzio, e che ci parla di una pioggia insensibile e dolente, non certo sensuale, che si infrange su ogni cosa.

Piove sulla macchina burocratica e dell’informazione mistificante e viziata con la quale si arricchiscono in maniera disonesta i politici corrotti e il loro entourage mediatico, piove sulla via in cui si trova la sede del Corriere della Sera che il poeta percorreva quotidianamente, piove sulla tomba di sua moglie. Chissà al mare come si sta bene, con questa brezza dolce...

Le nuvole si addensano e scuriscono ed è il turno del giornalista, documentarista e reporter di guerra Fulvio Grimaldi, il quale ha incarnato con trasporto la voce di Julian Assange, la voce del giornalismo autentico, di un mestiere nobile, garante del pluralismo e della democrazia:

“Io Julian Assange, sono da tredici anni torturato psicologicamente e fisicamente nella cella di un carcere di massima sicurezza di sua maestà in Gran Bretagna, senza aver commessso nessun reato: strappato a mia moglie e ai miei figli, privato della luce e dell’aria aperta, rischio l’estradizione negli Stati Uniti in un carcere dove mi aspetta un trattamento ancora più feroce, per aver fatto quello che dovrebbero fare i professionisti dell’informazione qua dentro” tuona Grimaldi girandosi verso il palazzo vetrato.

“Io Julian Assange ho smasherato i guerrafondai, ho rivelato che hanno ammazzato seicento civili irancheni soltanto perché si avvicinavano ai convogli americani, ho raccontato che Hillary Clinton aveva imposto alla Cia un’operazione di cyberspionaggio sul segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon e su tutti i diplomatici dei paesi alleati carpendone password private, e poi ho raccontato al mondo uno dei disatri più spaventosi dei nostri tempi: la guerra che dal cuore di piazza Maiden può diventare l’ultima guerra dell’umanità! L’ho fatto per quel mestiere che mi sono incaricato di svolgere, e ora dovrei essere lì dentro, onorato, promosso e celebrato, ma lì dentro di giornalisti non ce ne è neppure uno! Io Asasange firmo e ancora firmo con voi questo referendum”.

I brividi attraversano la schiena e non si sa se è orrore o gocce fredde, una pioggia violenta spazza via l’afa, la memoria suggerisce altri versi del poeta mentre si scappa a rifugiarsi dall’acquazzone sotto gli alberi e i cornicioni:

Piove
sulla tua tomba
a San Felice
a Ema
e la terra non trema
perché non c'è terremoto
né guerra.

 

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