Repubblica e la storia di Bin Liden catturato per le mutande stese

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Repubblica e la storia di Bin Liden catturato per le mutande stese

 

Per ritrovare una boutade del genere forse bisogna risalire a quella della moglie del criminale nazista Herbert Kappler che, secondo la versione ufficiale, il 15 agosto del 1977, addormentò due carabinieri di guardia al marito all'Ospedale militare del Celio di Roma, lo mise in una valigia, lo calò dal balcone, scese nel giardino e mise il bagaglio in macchina, una Fiat 132 e lo trasportò fino in Germania.

Dopo 44 anni, in tempi di Olimpiadi, come i record superati da nuovi atleti emergenti, la vicenda della fuga di Kappler è ampliamente superata a livelli di ridicolo e di insulto all'intelligenza dell'opinione pubblica dalla la notizia, secondo la quale, i vestiti, biancheria, mutande et similia che la famiglia di Osama bin Laden aveva steso ad asciugare hanno aiutato l'esercito americano a localizzare e successivamente eliminare il leader e fondatore dell'organizzazione terroristica Al Qaeda, responsabile degli attentati dell'11 settembre 2001.

Questo dettaglio emerge da un nuovo libro dell'analista della sicurezza nazionale e l'ex produttore della CNN Peter Bergen, uscito martedì scorso. 

Questa "grande" operazione di intelligence, è stata raccontata dal New York Post.

Si racconta, quindi, che nel 2010, gli agenti CIA si stavano avvicinando al terrorista più ricercato del mondo grazie a un informatore pakistano, il quale aveva visto un uomo che si credeva fosse Ibrahim, la guardia del corpo di bin Laden nella città di Peshawar.

Nell'agosto 2010 il SUV bianco di Ibrahim, che era sotto sorveglianza della CIA, si è diretto verso una proprietà i cui muri erano alti più di 5 metri e ricoperti di filo spinato. 

L'immobile non disponeva di linee telefoniche né di servizio Internet, mentre la grande casa padronale aveva poche finestre e il balcone all'aperto al piano superiore era circondato su tutti i lati da un alto muro.

Gli agenti hanno iniziato a pattugliare il complesso, conducendo uno studio sul "modello di vita" di chiunque vivesse lì. In particolare, è stato riscontrato che, a differenza dei loro vicini, i residenti della struttura non hanno mai portato fuori la spazzatura per la raccolta, ma invece l'hanno sempre bruciata. Inoltre all'interno del complesso c'era una piccola fattoria che produceva mele, ortaggi, uva e miele, e ospitava polli e persino mucche.

Comunque, il lampo di genio che ha convinto la CIA che Bin Laden e la sua famiglia fossero all'interno della proprietà erano proprio questi stendini, sui quali ogni giorno si potevano vedere vestiti femminili, gli 'shalwar kameez' indossati dagli uomini pakistani, vestiti e pannolini per bambini. Secondo i calcoli degli agenti, all'interno della proprietà dovevano vivere un uomo adulto, diverse donne adulte e almeno nove bambini, che più o meno coincidevano con la composizione della famiglia di Bin Laden. 

Nel dicembre 2010, la CIA ha presentato le prove all'allora presidente degli Stati Uniti Barack Obama. 

Sebbene gli agenti non siano mai riusciti ad ottenere un'immagine chiaramente identificabile di Bin Laden, "non hanno nemmeno trovato prove che sminuissero l'idea che vivesse lì", ha scritto Bergen nel suo libro.

Le prove così come presentate hanno convinto Obama che ha ordinato ai militari del suo Paese di pianificare l'operazione, che il 1 maggio 2011 avrebbe posto fine alla vita di Osama bin Laden all'età di 54 anni. 

Insomma, se solo avesse regalato un'asciugatrice ad una delle sue mogli, Bin Laden sarebbe ancora vivo...

È curioso, anche se non troppo, che sui nostri media, un esempio per nulla casuale, il foglio più filo Usa del momento, 'Repubblica', nel titolo "Osama Bin Laden tradito da... le sue mutande: la biancheria stesa aiutò gli Usa a trovarlo", la storia è ripresa con tutta la serietà possibile. Immaginate come avrebbero ridicolizzato la storia se russi o cinesi avessero rivelato la stessa cosa.

Nei libri di Storia resterà, dunque, che Osama bin Laden è stato tradito dalla sua biancheria stesa sul balcone...

 

Francesco Guadagni

Francesco Guadagni

 

Nato nell'anno di grazia 1979. Capolavoro e mancato. Metà osco, metà vesuviano. Marxista fumolentista. S.S.C.Napoli la mia malattia. Pochi pregi, tanti difetti, fra i quali: Laurea in Lettere Moderne, Iscrizione all'Albo giornalisti pubblicisti della Campania dal 2010. Per molti anni mi sono occupato di relazioni sindacali, coprendo le vertenze di aziende multinazionali quali Fiat e di Leonardo Finmeccanica. Impegno di militanza politica, divenata passione, è il Medio Oriente. Per LAD Gruppo Editoriale ho pubblicato il libro 'Passione Pasolini - Un Viaggio con David Grieco', prefazione di Paolo Desogus. 

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