"Retorica colonialista": il Venezuela risponde alle "interferenze" dell'UE

"Retorica colonialista": il Venezuela risponde alle "interferenze" dell'UE

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L’Unione Europea ancora una volta - ove mai ve ne fosse bisogno - ha deciso di mostrare il suo vero volto imperialista e neocolonialista con inaccettabili dichiarazioni sulla vita democratica interna di uno Stato sovrano come il Venezuela. Ingerenze che Caracas ha prontamente rispedito al mittente. 

Il governo venezuelano ha rigettato un "nuovo atto di interferenza" compiuto dall'Unione Europea (UE) attraverso il suo responsabile della politica estera, Josep Borrell, dopo che il diplomatico aveva espresso "la sua profonda preoccupazione" per l’inabilitazione che resta in vigore nei confronti della pre-candidata presidenziale María Machado e di altre figure politiche dell'opposizione venezuelana. 

"Il Governo della Repubblica Bolivariana del Venezuela rifiuta categoricamente la dichiarazione attribuita oggi all'Alto Rappresentante dell'Unione Europea per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, Josep Borrell, che rappresenta un nuovo atto di interferenza in questioni che sono di esclusiva competenza delle autorità pubbliche venezuelane", si legge in una dichiarazione rilasciata dal Ministro degli Esteri Yván Gil.

Le dichiarazioni di Borrell fanno riferimento all’inabilitazione decretata dalla Contraloría General de Venezuela in vigore dal 2015 nei confronti della candidata dell'opposizione María Machado, per aver violato le leggi locali contro la corruzione.

Queste le parole di Borrell: “L'UE esprime profonda preoccupazione per le decisioni volte a impedire ai membri dell'opposizione di esercitare i loro diritti politici fondamentali, come nel caso di María Corina Machado e di altri esponenti politici. Queste decisioni minano la democrazia e lo Stato di diritto e non faranno altro che aggravare la lunga crisi politica e sociale del Venezuela”.

Da parte sua, Caracas ha ricordato che negli ultimi anni l'UE ha "fallito" nei suoi tentativi di "imporre un falso presidente" in Venezuela e ha avvertito che oggi gli europei "continuano sulla stessa strada del fallimento, piegati a una retorica irrazionale e colonialista nei confronti del governo costituzionale".

"Più di 200 anni fa, noi venezuelani abbiamo cacciato l'imperialismo dalla nostra terra e hanno iniziato a percorrere il cammino della sovranità. Il Venezuela non accetta la tutela di nessuna potenza o gruppo di Paesi allineati con reminiscenze imperialiste", ha aggiunto il Ministero degli Esteri venezuelano.

Nel comunicato attribuito a Borrell, il dirigente guerrafondaio europeo ha affermato che la posizione del blocco si basa sul lavoro svolto dall'UE "con i partner venezuelani e internazionali" per raggiungere "una soluzione pacifica e democratica guidata dal Venezuela per porre fine alla crisi politica e sociale".

Secondo Borrell, questa soluzione deve andare verso "elezioni presidenziali credibili, trasparenti e inclusive nel 2024". Ha inoltre ricordato che l'UE ha fornito "23 raccomandazioni" attraverso la sua Missione di osservazione elettorale del 2021, dove un punto chiave, secondo il blocco, è quello di "abolire la prerogativa del Controllore Generale", Elvis Amoroso, di "privare i cittadini del loro diritto fondamentale di candidarsi alle elezioni".

Secondo gli europei, le inabilitazioni della Contraloría venezuelana sono effettuate "attraverso una procedura amministrativa e senza una notifica tempestiva", il che "ha un impatto negativo sul diritto alla difesa".

A questo proposito, l'UE invita il Venezuela a "fare pieno uso" delle sue raccomandazioni "per migliorare le condizioni elettorali" nel Paese sudamericano.

Nel frattempo, Caracas ha ricordato ai rappresentanti dell'UE "che la legalità e la legittimità del processo elettorale venezuelano non dipende, né dipenderà, da alcun attore straniero, ma dalle decisioni che il popolo venezuelano decide sovranamente".

Per questo motivo, il governo venezuelano ha chiesto agli europei di "astenersi dal rilasciare dichiarazioni di ingerenza, al fine di preservare una relazione di rispetto reciproco".

Il parere della Corte Suprema di Giustizia venezuelana

Sulla vicenda delle inabilitazioni è intervenuta anche la Corte Suprema di Giustizia (TSJ) della Repubblica Bolivariana del Venezuela. 

La Camera Costituzionale della Corte Suprema di Giustizia ha stabilito una distinzione tra interdizione amministrativa e interdizione politica.

Tale differenziazione è descritta nella sentenza n. 1547 pubblicata il 17 ottobre 2011, e redatta dal giudice Arcadio Delgado Rosales.

Questa sentenza è la risposta a un ricorso presentato dalla Procura Generale della Repubblica, che chiedeva di analizzare una decisione della Corte Interamericana dei diritti umani che ordinava allo Stato venezuelano di annullare le due interdizioni dai pubblici uffici inflitte a Leopoldo López dal Controllore Generale della Repubblica nell'agosto e nel settembre 2005, per un periodo rispettivamente di 3 e 6 anni.

Alla luce di queste inabilitazioni, López ha denunciato lo Stato venezuelano alla Corte Interamericana, che ha dichiarato la responsabilità del Paese per la presunta violazione del diritto al suffragio passivo (di essere eletto), che va contro l'articolo 23 della Convenzione americana dei diritti umani.

Ha inoltre stabilito "che le sanzioni di inabilitazione non costituiscono un impedimento alla candidatura del signor López Mendoza nel caso  in cui voglia registrarsi come candidato nei processi elettorali". Si alludeva alle aspirazioni di López a diventare sindaco metropolitano di Caracas.

Il leader di Voluntad Popular aveva denunciato alla Corte interamericana di essere stato inabilitato politicamente, richiesta respinta dalla Procura Generale del Venezuela, "poiché l’inabilitazione politica corrisponde alle sanzioni che possono essere imposte da un giudice penale, come pena accessoria alla detenzione (articolo 13 del Codice penale), mentre l'interdizione amministrativa dall'esercizio delle funzioni pubbliche è una sanzione complementare che può essere comminata dal Controllore Generale della Repubblica nei casi in cui sia stata evidenziata la responsabilità amministrativa di un funzionario, vale a dire che la natura delle due sanzioni è diametralmente diversa". 

Per affrontare questa situazione, l'Ufficio del Procuratore, quindi chiedeva al TSJ di dichiarare la sentenza della Corte interamericana "inapplicabile e incostituzionale", perché ignora "la lotta dello Stato venezuelano contro la corruzione".

A questo proposito, i magistrati hanno ricordato che in caso di contrasto tra la Costituzione e una convenzione o un trattato internazionale, "devono prevalere le norme costituzionali che privilegiano l'interesse generale e il bene comune, e devono essere applicate le disposizioni che privilegiano gli interessi collettivi rispetto a quelli particolari...".

In questo senso, la Camera evidenzia che se un organismo internazionale, legalmente accettato dalla Repubblica, dovesse proteggere chi viola i diritti umani di gruppi o individui all'interno del Paese, tale decisione dovrebbe essere respinta "anche se proviene da organismi internazionali che tutelano i diritti umani...(...)".

Chiarisce inoltre che, sebbene l'articolo 65 della Costituzione venezuelana affermi che il divieto di candidarsi a cariche pubbliche nasce come conseguenza di una condanna giudiziaria per la commissione di un reato, "non impedisce nemmeno che tale divieto abbia un'origine diversa; la norma pone solo un'ipotesi, non nega altri casi simili".

Per rafforzare questa argomentazione, i magistrati della Camera Costituzionale hanno indicato che il Venezuela è firmatario della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, che all'articolo 30.7 prevede espressamente la possibilità di interdire "per ordine giudiziario o con altri mezzi appropriati e per un periodo determinato dal proprio diritto interno" le persone soggette a corruzione.

Su questa base, i magistrati hanno stabilito che "l'interdizione amministrativa si differenzia dall'interdizione politica, in quanto la prima è finalizzata solo a impedire temporaneamente l'esercizio della carica pubblica, come meccanismo di garanzia dell'etica pubblica, e non impedisce di partecipare a qualsiasi evento politico organizzato all'interno del suo partito o convocato dalla cosiddetta Mesa de la Unidad Democrática”.

Amnesie

Dopo che le autorità di Caracas hanno ricordato all’opposizione che alcuni suoi dirigenti restano inabilitati, emerge una sorta di amnesia che ha colpito tanto l’opposizione venezuelana quanto i soliti noti nell’Unione Europea che lavorano incessantemente per rovesciare la Rivoluzione Bolivariana. 

L'amnesia selettiva del candidato alle elezioni primarie di Voluntad Popular (VP), Freddy Superlano, è diventata evidente durante un'intervista. Dopo aver assicurato di "non ricordare" che la sua organizzazione politica ha promosso politiche interventiste in Venezuela. 

In un'intervista, a Superlano è stata chiesta la sua opinione sulla politica interventista adottata da Voluntad Popular contro il Venezuela, quindi contro quello stesso popolo che vorrebbe rappresentare. A tal proposito Superlano ha avuto l’ardire di rispondere che si tratta di una "una narrazione del regime".

Ha anche affermato che "non ricorda" che il partito di opposizione abbia promosso "qualcosa di questo tipo”. Al contrario, ha precisato che "sono stati molto favorevoli ai processi elettorali".

La dichiarazione di Freddy Superlano è un chiaro segno di amnesia o di autoinganno, dato che in ripetute occasioni Voluntad Popular non solo ha invitato all'astensione, ma non ha partecipato ai processi elettorali che si sono svolti in Venezuela. Probabilmente anche perché Washington esigeva che si seguisse un percorso golpista contro il governo bolivariano.

A questo si aggiunge la figura del suo autoproclamato presidente ad interim Juan Guaidó, che ha lasciato le fila di questo partito. Questo golpista da operetta senza alcun sostegno popolare, insieme al suo partito di allora Voluntad Popular, ha ripetutamente lanciato appelli alla violenza, a politiche interventiste e alle sanzioni.

Sebbene il ‘candidato’ Superlano affermi che il suo partito sia sempre stato “molto elettorale”, correva il 2018 quando Voluntad Popular annunciava che non avrebbe partecipato alle elezioni presidenziali.

"Non nomineremo né appoggeremo alcun candidato e chiediamo a tutte le organizzazioni politiche democratiche di non partecipare o convalidare la frode del 22 aprile”, scriveva in un comunicato il partito di estrema destra e golpista. 

Nel 2019, il partito in una conferenza stampa sosteneva le azioni della vecchia Assemblea Nazionale che aveva approvato il Trattato interamericano di Assistenza Reciproca (TIAR). Con questo meccanismo, l'opposizione cercava di dare legalità a un'invasione del Venezuela.

Nel 2020 stesso scenario con il partito di estrema destra che rifiutava la partecipazione alle elezioni parlamentari. 

Sembra proprio che l’amnesia palesata da Superlano includa l'ammissione dell'esistenza di condizioni elettorali in Venezuela. Dato che ora parteciperanno alle elezioni presidenziali, che si terranno con lo stesso Consiglio Nazionale Elettorale (CNE) che ha accompagnato le elezioni negli ultimi anni.

Evidentemente è la strategia dei burattinai di Washington che tirano i fili di questi figuri a essere cambiata.

La Redazione de l'AntiDiplomatico

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