Tria e la regola di Gita: aumento dell'Iva e contestuale taglio del cuneo fiscale. Una mossa per la competitività delle merci nazionali

Tria e la regola di Gita: aumento dell'Iva e contestuale taglio del cuneo fiscale. Una mossa per la competitività delle merci nazionali

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di Giuseppe Masala
 

Ritornando alla pregevole intervista di oggi del Professor Tria credo che forse non si è colto bene che il punto più importante è quello riferito all'aumento dell'Iva e al contestuale taglio del cuneo fiscale: «In questo modo si tassano anche i beni importati, mentre la tassazione sui redditi delle persone si riflette sui costi di produzione attraverso il cuneo fiscale».


Un modo elegante per dire che si da maggior competitività alle merci nazionali rispetto a quelle importate dall'Estero (dove per estero bisogna intendere anche quei paesi con i quali condividiamo la moneta). Oppure è un modo diplomatico per introdurre dazi per via fiscale (compresi quei paesi con i quali condividiamo la stessa moneta). O se si preferisce dirla con la teorica di questo ordigno fatto di aumento della tassazione dei beni e di contestuale detassazione del costo del lavoro sui beni prodotti nel luogo ove lo stato ha sovranità fiscale, è un modo per introdurre le svalutazioni competitive tra paesi che hanno la stessa moneta . Già avevo parlato di questa intuizione potentissima proposta dalla capo economista del Fondo Monetario Internazionale Gita Gobinath (leggete se volete il mio pezzo sotto del 17 Aprile pubblicato su #Contropiano e ripreso da altri).
Anche Daniel Gross, quotatissimo economista tedesco, intervistato dall'Espresso di questa settimana propone per l'Italia l'aumento dell'Iva con contestuale abbattimento del cuneo fiscale per dare slancio competitivo ai beni prodotti in Italia. Quindi ormai l'idea micidiale dell'economista indiana del FMI è diventata mainstram (credo anche a causa del fatto che i francesi già l'hanno applicata, evidentemente con risultati positivi).


C'è però un problema. Ed è un problema grosso. Ovvero che qualcuno dovrebbe spiegare che senso possa avere una moneta (l'Euro) dove gli stati dove viene utilizzata introducono misure il cui combinato disposto ha lo stesso effetto di un dazio. Rispondo io, anche se non ho i gradi di nobilità per rispondere alla difficilissima domanda. L'Euro non ha alcun senso. Perchè non ha alcun senso un area valutaria dove la libera circolazione dei beni sia ostacolata da misure tendenti a favorire i beni nazionali.


Il discorso sarebbe lungo, si potrebbe dire che l'Euro sconta l'enorme tara genetica con cui è nato: l'assenza di un ministero del tesoro europeo che faccia trasferimenti (mediante eurobond) tra zone in surplus e zone in deficit dal punto di vista della Bilancia delle Partite Correnti. E' normale che alla lunga se i paesi in deficit di Partite Correnti vengono strangolati lavorano per introdurre misure che li aiutino a levarsi il cappio. O detto in altri termini, introducono misure che proteggano le produzioni locali dall'invasione estera. Non potendo svalutare la moneta semplicemente trovano il modo di tartassare maggiormente i prodotti esteri.


Ciò che conta al di là di questo discorso che sarebbe lunghissimo è capire che l'area valutaria euro la stanno smontando pezzo a pezzo.
E attenzione, non la stanno smontando gli economisti barbari antieuro come Borghi e Bagnai con i loro minibot. Ma la stanno smontando gli economisti dal sangue blu che a parole fanno professione di europeismo ogni tre per due ma che nei fatti propongono ai politici misure che portano esattamente alla fine dell'Euro.


Detesto dirlo, ma ve l'avevo detto. [Leggere articolo sotto]

La “Regola di Gita” porta il Colbertismo Competitivo in Europa

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