Vuote ma assassine: le parole come fiumi di sangue

Assistiamo a massacri, deportazioni e stragi anche perché siamo abituati a dare credito a parole vuote, astratte e assolute; a parole senza limiti e senza confronti e, soprattutto, prive di contatto con la realtà. Sono parole intrise di sangue, soprattutto innocente. Questa riflessione è legata a quanto accade da quasi due anni in Palestina, a Gaza nello specifico, ad opera dell'Unica Democrazia del Medio Oriente.

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Vuote ma assassine: le parole come fiumi di sangue


di Diego Angelo Bertozzi per l'AntiDiplomatico

 

Libertà, Civiltà, Occidente, Terrorismo, Sicurezza così come Unica Democrazia del Medio Oriente. Perché scrivere in maiuscolo queste parole? Perché da diversi lustri sono divenute pane (a buon mercato) da masticare per un pubblico ormai disabituato all'autonomia di giudizio (capacità critica) e tendenzialmente narcotizzato dalla propaganda? Anche per questo motivo certamente, ma più di tutto perché questa apparentemente innocente scelta grammaticale - e dichiaro subito il mio debito nei confronti di Simone Weil - sostiene, protegge, giustifica guerre e vere e proprie operazioni di sterminio. Sono parole, queste, con l'iniziale maiuscola intrise di sangue, soprattutto innocente.

Questa riflessione è legata a quanto accade da quasi due anni in Palestina, a Gaza nello specifico, ad opera dell'Unica Democrazia del Medio Oriente.

Parole con la maiuscola, appunto, che rappresentano ormai uno slogan, il lasciapassare indispensabile per accedere al pubblico dibattito, sebbene quest'ultimo di "pubblico" abbia ben poco alla luce di una ossessionante unilateralità di giudizi e della ristrettezza della cerchia di "chierici" ammessi.

A sostenere le catastrofi più assurde, le più inumane, le più spregevoli come i bombardamenti devastanti intere città (con tanto di scuole e ospedali), il trasferimento forzato di intere popolazioni e il chirurgico eccidio per fame e malattie, non sono solo le motivazioni geopolitiche o quelle economiche, ma anche le "parole ornate di maiuscole" (Simone Weil, Il libro del potere, Garzanti) che, seppur ribollenti di sangue e lacrime, se osserviamo da vicino e stringiamo nelle mani troveremo vuote.

Sono parole assassine proprio perché non hanno un senso e non hanno un contenuto. Scriveva la coraggiosa filosofa francese che "mettiamo la maiuscola a parole prive di significato e, alla prima occasione, gli uomini spargeranno fiumi di sangue, a furia di ripeterle accumuleranno rovine su rovine, senza mai ottenere davvero qualcosa di corrispondente; niente di reale può davvero corrispondere a tali parole, perché non significano niente".

Abbiamo le prove e dimostrazioni sotto gli occhi: Democrazie sorte e in ottima salute in Libia o in Afghanistan! Sono vuote in quanto astratte; astratte in quanto assolute perché mancano di misura, di proporzione, di limiti, di rapporti, connessioni o condizioni. Quando mai ci capita di sentire che l'Unica Democrazia del Medio Oriente è tale "nella misura in cui..."? Mai in quel che chiamiamo dibattito pubblico. Mai perché sarebbero da riempire con contenuti che ne rivelerebbero l'inconsistenza: occupazione militare, sterminio pianificato della popolazione coloniale, diritti limitati alla comunità dei dominatori, violazione costante di quella che definiamo legalità internazionale, ecc...

Che democrazia (la "d" è minuscola) sarebbe? Con quale coraggio continueremmo imperterriti ad associare questo concetto allo Stato di Isreale? Portiamo impunemente morte, assistiamo pavidi ai massacri perché abituati a parole che non hanno più misura e limiti, vale a dire che non mettiamo in relazione con la realtà concreta.

Diego Bertozzi

Diego Bertozzi

Laureato in Scienze Politiche all'Università degli Studi di Milano e in Filosofia e Scienze filosofiche all'Università degli Studi di Verona, si occupa da tempo di storia del movimento operaio e di Cina. Ha pubblicato per Diarkos  "La nuova via della seta. Il mondo che cambia e il ruolo dell'Italia nella Belt and Road Initiative" (2019)
 
 
 

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