Scandalo Burisma: l’ombra delle influenze dei Biden sull'Ucraina


di Clara Statello per l'AntiDiplomatico

E’ un inizio con colpi bassi quello della campagna elettorale per le presidenziali negli Stati Uniti. Mentre Donald Trump è travolto da uno scandalo per molestie sessuali che potrebbe precludergli la candidatura, Joe Biden è di nuovo alle prese con i guai del figlio Hunter.

I repubblicani accusano la famiglia del presidente di aver intascato 10 milioni di dollari da entità straniere, mentre era vice di Obama. In una conferenza stampa tenuta martedì, il presidente del comitato di supervisione della Camera, il repubblicano James Comer, ha presentato un dossier di 36 pagine sulle attività all’estero dei Biden.

Anche se per il momento le indagini riguardano unicamente gli affari di Hunter Biden, il padre è chiamato in causa dai repubblicani come persona a conoscenza dei fatti. Non ci sarebbero implicazioni penali, ma le accuse potrebbero condizionare la sua corsa alla Casa Bianca, a cui il presidente non ha intenzione di rinunciare. La vicenda piomba proprio quando un altro caso spinoso per i Biden sembrava essere arrivato ad una svolta: quello della più grande tangente della storia dell’Ucraina, versata per risolvere l’inchiesta sui vertici della Burisma Holding.

Hunter Biden era stato nominato a sorpresa membro del CdA della società energetica poco dopo l’Euromaidan.


Il rilascio del numero due di Burisma

Lo scorso 28 marzo Andriy Kicha viene messo in libertà, benché riconosciuto dall’Alta Corte Anticorruzione ucraina colpevole di “favoreggiamento nella concessione di un beneficio illegittimo, con precedente associazione a delinquere di un gruppo di persone”. Kicha è il direttore legale di Burisma, nonché il più stretto collaboratore di Mykola Zlochevsky, proprietario della compagnia ed ex ministro dell’Energia.

La procura indagava su di lui nel 2020 per una serie di reati economici, in particolare appropriazione indebita di fondi dalla Banca Nazionale Ucraina e prelievo illegale di fondi dall'Ucraina.

Il 12 giugno 2020 gli agenti dell’anticorruzione hanno fermato la consegna di una tangente da 6.000.000 di dollari. Le immagini dei sacchi di denaro e degli agenti che contavano una enorme quantità di banconote hanno shockato l’Ucraina.

La maxi mazzetta era destinata al capo della SAP (Procura speciale anticorruzione), Nazar Kholodnitsky, e al capo del NABU (Ufficio nazionale anticorruzione dell'Ucraina), Artem Sytnik, per la chiusura del caso contro Zlochevsky.

Oltre a Kicha sono state arrestate anche il vice capo dell'ufficio delle imposte di Kiev, Mykola Ilyashenko e l'ex capo del dipartimento del Servizio fiscale statale, Olena Mazurova.

Una tangente da 50 milioni di dollari

I 6 milioni recuperati dall’anticorruzione sarebbero solo una piccola tranche di una più grande tangente da 50 milioni di dollari. Sono queste le sconcertanti dichiarazioni rese il 22 giugno 2020 dall’ex capo della Procura generale Kostantin Kulyk all’agenzia ucraina Interfax.

La somma sarebbe stata stanziata da Zlochevsky per chiudere tutti casi penali relativi alle attività della società Burisma. Uno di questi, il caso n. 1590 riguarda il riciclaggio di denaro tramite Burisma e la Rosemont Seneca riconducibile ad Hunter Biden. I vertici della compagnia dunque avrebbero stanziato 50 milioni di dollari per chiudere non solo il caso di Zlochevsky, ma anche quello contro la società vicina all'attuale inquilino della Casa Bianca.

Kulyk afferma di essere venuto a conoscenza di queste informazioni nell’agosto del 2019 e di aver raccolto questi dati in un dossier, mentre svolgeva le indagini sui crimini economici dell’ex presidente Viktor Yanukovic. Il 27 novembre dello stesso anno viene rimosso dall’incarico con l’accusa di aver favorito l’oligarca Igor Kolomoysky.

Intanto, dopo gli arresti, l’ufficio del procuratore ha poi voluto specificare il non coinvolgimento di Hunter Biden sui casi di corruzione, senza però fornire chiarimenti sui restanti 44 milioni di dollari spariti dall’indagine.

Le influenze dei Biden

Nessuno meglio del legale di Burisma avrebbe potuto fornire spiegazioni in merito alle dichiarazioni di Kulyk. Andriy Kicha era a conoscenza di ogni dettaglio sugli affari della società energetica, dunque anche delle attività riguardanti Hunter Biden. Davanti ai giudici si è dichiarato colpevole e si è impegnato a collaborare. E’ stato condannato ad un anno di libertà vigilata e a pagare la somma di 2,7 milioni di dollari al fondo United24, fondato da Zelensky per sostenere le forze armate ucraine.

La decisione della Corte che mette il punto definitivo alle indagini su Burisma, arriva alla vigilia della campagna presidenziale negli Stati Uniti, come un regalo di in bocca al lupo al maggiore alleato di Volodymir Zelensky. Un esito del genere del più grande scandalo di corruzione della storia ucraina sarebbe stato impensabile negli scorsi anni, prima che in Ucraina il potere venisse concentrato nell’Ufficio del Presidente, strettamente legato alla Casa Bianca.

Di certo non è possibile affermare che la riduzione della condanna sia stata condizionata da Washington, ma l’ombra delle influenze dei Biden incombe sulle inchieste ai vertici di Burisma, nonostante alcuni organi di informazione mainstream abbiano stigmatizzato la questione come “teoria del complotto”. E’ un fatto che nel 2015, mentre ricopriva l’incarico di vicepresidente, Joe Biden costrinse l’ex presidente ucraino Petro Poroshenko a rimuovere il procuratore generale Viktor Shokin, condizionando al suo imminente licenziamento l’erogazione di un finanziamento di un miliardo di dollari al governo di Kiev.

La giustificazione di tale ingerenza fu la lotta alla corruzione, ma lo stesso Shokin ha una visione diversa della faccenda. In una dichiarazione giurata datata 4 settembre 2019 per un tribunale in Austria, ha dichiarato:

“La verità è che sono stato costretto ad andarmene perché stavo conducendo un'indagine di corruzione ad ampio raggio su Burisma Holdings, una società di gas naturale attiva in Ucraina e il figlio di Joe Biden, Hunter Biden, era un membro del Consiglio di Amministrazione”.

Shokin ha continuato, affermando che, “In diverse occasioni il presidente Poroshenko mi ha chiesto di dare un'occhiata al procedimento penale contro Burisma e considerare la possibilità di concludere le azioni investigative nei confronti di questa società, ma mi sono rifiutato di chiudere questa indagine”.

Il 27 febbraio 2020, una sentenza del tribunale ucraino ha costretto gli investigatori ad aprire un'indagine sulle pressioni di Joe Biden su Poroshenko affinché licenziasse Shokin. L'inchiesta è stata chiusa nel novembre 2020 proprio dopo la sua elezione a Presidente degli Stati Uniti.

Un altro episodio che mostra la capacità di influenza dei Biden è la controversa email pubblicata dal New York Post nel 2020. Secondo quanto emerso dai Twitter file venne organizzata una campagna per screditarla come disinformazione russa, ma il contenuto sarebbe veritiero ed il laptop apparterrebbe davvero a Biden figlio.

Nella lettera un alto dirigente di Burisma ringraziava Hunter Biden per aver favorito l’incontro con il padre, mentre in un altro carteggio chiedeva di utilizzare la sua influenza per la società. Ciò spiegherebbe il perché del suo ingresso nel CdA.

Alla vigilia della corsa alla Casa Bianca, all’orizzonte si profila un’altra bufera sulle attività con l’estero della famiglia del presidente. Secondo il Comitato a guida GoP i Biden avrebbero ricevuto almeno 10 milioni di dollari dall’estero. Inoltre avrebbero organizzato schemi di spaccio di influenze con Paesi stranieri.

Al momento non è specificato se l’indagine riguarda anche le attività in Ucraina di Hunter Biden e l’inchiesta su Burisma Holding, chiusa senza un nulla di fatto. A differenza del 2015, però, l’influenza di Washington è aumentata, dal momento che oltre alle capacità finanziarie, fornisce l’assistenza militare a Kiev. Pertanto ci sono pochi dubbi sul fatto che l’amministrazione ucraina asseconderà qualsiasi pressione della Casa Bianca.

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