La "sinistra" liberal-squadrista

La "sinistra" liberal-squadrista

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di Fabrizio Poggi

 

È noto che, così come per le persone, anche per i partiti politici non conta cosa dicano o pensino di se stessi. Per giudicare un partito politico, si deve guardare alle azioni, alle scelte, ai programmi, alle prospettive di tali scelte e azioni; guardare, in particolare, alla sua composizione sociale.
 

Si deve prestare particolare attenzione, soprattutto, a quali interessi di classe rappresentino i suoi programmi e le sue scelte, quali settori sociali risultino attaccati da quelle scelte e quali e in cosa ne beneficino; quali soggetti abbiano dato vita, o abbiano brigato per dar vita, e a quale scopo, al dato partito.


Non si deve nemmeno tralasciare l’indagine sulle scelte operate dalle diverse correnti interne al partito, che rispondono agli interessi di questa o quella fazione della classe dominante. Quello che dice di sé il dato partito o la data organizzazione, insomma, non esprime la sua reale natura. Tantomeno, un generale, proclamato, interclassismo simboleggia l’autentico soggetto sociale di riferimento di un partito.


Ciononostante, è quantomeno curioso dare una sbirciatina al chiacchiericcio social-serale a proposito delle primogeniture rivendicate, di qua e di là, sul “peccato originale” che sarebbe alla radice di quel partito che oggi, accanto ai tanti auto-praclamantisi partiti “comunisti”, ardisce spudoratamente rivendicare per sé la qualifica di “partito di sinistra”: il PD.


Che una loggia di funzionari di banche nostrali e d’importazione, di affiliati a consorterie transnazionali quali UE, NATO, Trilateral, Bildeberg e tronconi vari di “sottoproletariato miliardario”; un azionariato ristretto di bombardieri anti-jugoslavi e anti-libici, di apostoli delle democrazie golpiste latino-americane, ucraine, bielorusse e di là da venire; una propositura di fieri smascheratori di “foibe titine” e “crimini stalinisti” e ferventi laudatori in vita e in morte di ogni guerrafondaio mc-cainiano; che questi galantuomini, che arringano neo-nazisti dalle piazze ucraine e sponsorizzano tristi sceneggiate su chi ammazza giornalisti nei “posti sbagliati”, che concedono sale istituzionali e patrocini regionali a “Progetto Dinamo” e “Lealtà e Azione” varie, abbiano necessità di presentarsi come “sinistra”, è cosa tanto vomitevole quanto indispensabile alla politica antipopolare di cui da anni sono co-produttori, co-sceneggiatori e co-protagonisti.


In alternanza sincronizzata con la destra, che non abbisogna di travestimenti, nel true crime contro operai e masse lavoratrici, fatto di disoccupazione e precarietà, privatizzazioni, tagli a salari e spesa pubblica, “ordine pubblico” e missioni di guerra. Presentarsi come la “sinistra”, puntando agli stessi obiettivi e sulle stesse parole d’ordine della destra, risponde al copione per cui sono nati; o fatti nascere.


Il vertice circense lo ha forse raggiunto Matteo Renzi, annunciando che “Nel 2021 celebreremo l’anniversario della scissione di Livorno con un grande evento con tanti giovani, dove inviterò Tony Blair. Perché la sinistra o è riformista o perde e la vittoria di Joe Biden lo dimostra”. La “sinistra” di che?


Dunque, si diceva, è curioso occhieggiare come vedano tale formazione, come vi si riconoscano, come la definiscano, a quale concepimento, inavvertito o voluto, la facciano risalire, alcuni dei suoi presumibili “militanti”.


L’occasione l’ha fornita un post del PD medesimo sul “Fondatore del Partito Popolare, don Luigi Sturzo“, che “è stato uno dei più importanti riferimenti della nostra Repubblica. Libertà e giustizia sono stati la sua missione. Gli stessi valori da difendere sempre”.


Nella breve rassegna di commenti (NB: errori, abbreviature, sgrammaticature originali) all’immagine sacra, si trova di tutto, soprattutto, si coglie la diversa provenienza degli adepti. Si va da “uno dei pochi preti che mi è sempre piaciuto”, accanto a “gravissime responsabilità sulla mancata reazione al fascismo”, e comunque “una persona grande per quei tempi. Ha capito la laicità dello stato”.


Ecco, appunto. L’Unità del 7 ottobre 1924, in “Nè fascismo né liberalismo: soviettismo”, scriveva che “…Nella discussione sulla successione al fascismo … il popolo italiano è posto, dalle opposizioni, di fronte alla scelta: o fascismo o liberalismo; o un governo Mussolini di dittatura sanguinaria, o un governo Salandra, Giolitti, Amendola, Turati, don Sturzo, Vella, tendente a ristabilire la buona vecchia democrazia liberale italiana sotto la cui maschera la borghesia continuerà ad esercitare il suo dominio di sfruttamento. L’operaio, il contadino, il quale odia il fascismo che da anni l’opprime, crede dunque necessario per abbatterlo di allearsi alla borghesia liberale, di appoggiare coloro che nel passato, quand’erano al potere, hanno sostenuto e armato il fascismo contro gli operai e i contadini i quali ancora pochi mesi or sono formavano un solo blocco con il fascismo e ne condividevano pienamente tutta la responsabilità dei delitti? Ed è così che si pone il problema della liquidazione del fascismo? No! La liquidazione del fascismo deve essere la liquidazione della borghesia che lo ha creato”.
 

Un commento scoppia in un liberatorio “queste sono le ns radici democristiane”, seguito però da “non mi pare proprio, semmai Moro e Berlinguer” e poi “siamo una nazione laica, non confessionale”, “non esagerare.. mica parli ai fanciulli. E vai a letto che è ora…”, con auguri di incubi notturni di “bravo se vinceva il comunismo eravamo peggio della Bulgaria!!” e “io andrò a letto sereno e tranquillo. Tu continua a sperare che non arrivino i cinesi a comandarti”… “i Cinesi?…ma che cavolo dici, i Cinesi…torna a dormire, vai vai..”, “ah, sei già tu un sinistrato… ma va là pisquanello”.


Leggermente più in tema un “credo che non sarebbe poi così contento di vedere chi utilizza i suoi simboli in netto contrasto con i suoi ideali”, cui segue “mi spieghi quale è il partito che ricalca gli ideali di Don Sturzo,sono proprio curioso di sapere chi?”, “Purtroppo non c’è, esistono partiti che sono un pò di tutto” e “non saprei oggi come oggi, di SICURO NON IL P.D.,. Poco ma sicuro”.


Qui affiora il patriottismo di partito del (presumiamo) tesserato “detto così mi sembra molto di parte, lei vede gli ideali di Don Sturzo in questa destra della Meloni e Salvini?”. C’è poi il conciliatore: “Io sono del PD sono socialista, laico, repubblicano e spesso ardente anti sacrestia, mi trovo bene con i popolari. Del resto ci troviamo bene assieme fin dall’Aventino e così dobbiamo andare avanti”.


E infatti “...Dobbiamo invece insistere sulle responsabilità dei partiti dell’Aventino. Cominciamo dal Partito popolare. I suoi uomini più in vista sono i complici diretti di Nitti, di Giolitti, di Bonomi nel lavoro di preparazione della vittoria fascista. Meda e Micheli furono ministri con Giolitti; Mauri, Micheli, Di Rodinò – che alla Grazia e Giustizia continuò l’esempio di Fera assicurando l’impunità ai fascisti – furono Ministri con Bonomi… Il Partito popolare che agisce sotto l’influenza del Vaticano ha sostenuto di essere stato il precursore del fascismo nella lotta contro i lavoratori, ha istigato i fascisti alla violenza, ha condotto campagne favorevoli al fascismo, ha lavorato attivamente per stroncare la resistenza del proletariato spezzando l’unità dei sindacati di classe…

Ricordiamo il blocco popolar-fascista nelle elezioni amministrative di Torino nel 1920, ed il blocco popolar-fascista nelle elezioni amministrative di Milano avvenute poco dopo la strage di Torino. Dopo la marcia su Roma, il P.P. ha contribuito alla formazione del gabinetto Mussolini coi ministri Cavazzoni e Nava e con il sottosegretario Gronchi. Grazie al Partito popolare, il Vaticano può, con un’abile divisione del lavoro, continuare la sua doppia politica fascista e demagogica…”. (“Le opposizioni aventiniane”; L’Ordine nuovo, 1 marzo 1925)


A questo punto entra in scena l’osservatore probabilmente esterno “condividete meno Sturzi e più Gramsci!” cui rispondono “perché che problemi hai? Nel PD c’è anche un’anima centrista democristiana che può riferirsi anche a Don Sturzo” e via così.


Certamente non sarà di questa destra estrema l’eredità di Don Sturzo”, “giusto… ma neanche quella comunista o pentastellata”, “non sanno a chi aggrapparsi questi falliti”, “Quindi?arrivi al sodo oltre ad usare terminologie non consone alle situazione italiana”, “ok buona serata,uno che parla e dice comunisti mi ha già fatto capire chi è” e “non bisogna vergognarsi del passato… il pd è erede di quella cultura… non è un’offesa è uno stato di fatto… comunque buona serata”.


Ancora l’Unità, in “Il Partito popolare” (22 febbraio 1924) scriveva “Quello del Partito popolare è proprio il caso in cui le espressioni ‘destra, sinistra e centro’ non significano nulla per sé, ma acquistano un significato solo in relazione con la struttura dei gruppi sociali che nell’organismo unitario del partito si sono per un certo tempo confusi… Il fascismo considera un suo grande successo l’aver ottenuto il distacco dal tronco unitario del partito di un gruppo di ‘estrema destra’… dei vecchi cattolici reazionari: aristocrazia nera, proprietari di terre, già legati non tanto al rispetto della Costituzione dello Stato italiano quanto alla conservazione dell’ordine sociale esistente… Nel Partito popolare vi è sempre una “destra”, e noi comprendiamo in questa destra anche il cosiddetto “centro”. È una destra di professionisti, di borghesi medi e piccoli, la quale ha nel dopoguerra esercitato verso le masse popolari una funzione analoga a quella che i reazionari cattolici esercitavano verso le masse aderenti ad essi attraverso l’organizzazione della Chiesa.

Essa ha fatto accettare a queste masse un programma “riformista” nei confronti dello Stato italiano, cioè ha fatto credere che il soddisfacimento dei loro bisogni di liberazione economica e politica si potesse ottenere senza spezzare la macchina dello Stato, senza sostituire a uno Stato borghese, sedicente liberale, uno Stato degli operai e dei contadini, senza porre agli operai e ai contadini il problema della conquista del potere politico”.
 

Ma: si parlava per caso del PD? E, soprattutto: quale peso, e in forza di quali interessi lo hanno, le diverse “anime” del PD liberal-reazionario? Parafrasando un celebre detto: “le correnti vanno e vengono, la linea strategica rimane”.


C’è poi anche l’orgoglioso: “Io non mi vergogno del mio passato politico,ho fatto degli errori che penso di aver superato.Il PD di oggi nasce da una forza centrista la Margherita e le forze di sinistra.iEsistono poi fuori dal PD forze di sinistra più radicali che comunque appoggiano il governo. UN appoggio al governo viene anche da IV che io personalmente considero forza di centrodestra come lo era il PD di Renzi. Quindi vede come è fuorviante parlare di comunisti..buona serata”.


Il commento più “politico”: “Ma di cosa vi stupite? Il PD non è nato per essere un partito di sinistra, nell’idea dei suoi fondatori doveva essere per l’appunto un partito post-ideologico (vi ricorda qualche movimento? Sì sì proprio quello che il PD criticava perché dichiarava superate le categorie dx-sx) a favore del sistema bipolare e maggioritario . Quindi di che ci meravigliamo se i suoi riferimenti arrivano addirittura a Kennedy e Biden? Speriamo che finisca al più presto quest’esperienza e si faccia un partito seriamente ancorato nella tradizione socialdemocratica e socialista europea”.

…Abbiamo visto, in Italia, nello spazio di due anni, sorgere come dal nulla un potente partito della classe contadinesca, il Partito Popolare, che nel suo nascere presumeva rappresentare gli interessi economici e le aspirazioni politiche di tutti gli strati sociali della campagna, dal barone latifondista al medio proprietario terriero, dal piccolo proprietario al fittavolo, dal mezzadro al contadino povero.

Abbiamo visto il Partito Popolare conquistare quasi cento seggi in parlamento con liste di blocco, nelle quali avevano l’assoluta prevalenza i rappresentanti del barone latifondista, del grande proprietario di boschi, del grosso e medio proprietario di fondi, esigua minoranza della popolazione contadina.

Abbiamo visto iniziare subito e rapidamente diventare spasmodiche nel Partito Popolare le lotte interne di tendenza, riflesso della differenziazione che si attuava nella primitiva massa elettorale; le grandi masse dei piccoli proprietari e dei contadini poveri non vollero più essere la passiva massa di manovra per l’attuazione degli interessi dei grandi e medi proprietari; sotto la loro energica pressione il Partito Popolare si divise in un’ala destra, in un centro e in una sinistra, e abbiamo visto quindi, sotto la pressione dei contadini poveri l’estrema sinistra popolare atteggiarsi a rivoluzionaria, entrare in concorrenza col Partito Socialista…”. (“Il Partito comunista”; L’Ordine nuovo, 9 ottobre 1920).


La composizione sociale di un partito, quali classi e settori sociali siano prevalenti e ne orientino le scelte: questo è un serio indicatore della linea strategica del partito, indipendentemente dall’immagine che ne possano avere i suoi stessi aderenti.


Nei commenti, non manca l’osservazione “storicista: “Uno dei primi a capire il pericolo fascista, non a caso fu subito messo a tacere dalle alte gerarchie vaticane e dovette esiliare negli Usa. Che poi da anziano avesse un po’ perso la testa e proposto un’alleanza col Msi a Roma è un altro discorso”. Ah, è un altro discorso?!


Arrivano quindi (a giudicare da tutto) gli “esterni”, anche gaudenti: “Si vede che siete democristiani altro che comunisti”, “Mi fa piacere apprendere che farete un post anche per Bordiga”, “Togliatti e il centenario del PCI pure”; “A volte sembra che hanno rimosso completamente quel pezzo di storia, come se non fosse mai esistito, e che citano Berlinguer come citerebbero Neruda”.


Infine, qualcuno più scafato che sbeffeggia “Cos’è… uno scambio di galanterie? Da una parte il democristiano Renzi che vuole commemorare, lui, nel 2021, l’evento della nascita per scissione dell’allora Partito Comunista d’Italia; da questa parte invece esaltare figure politiche prettamente democristiane?” e anche “oppure é una gara a togliersi oggi l’un l’altro, per scopi non so quali, determinate origini politiche cmq altamente simboliche?…”.


Fino a un risolutivo “quindi i comunisti moriranno democristiani… la previsione era esatta allora. Buono a sapersi”. Non manca il buontempone con “Comunque è uguale a Pippo Franco” e il deluso, che sta in guardia: “sono sempre stato di sx. Ho sempre votato a sx. Vi ho votato in passato ma oggi mi fido di voi come Rocco Siffredi alle spalle”.


Non conosciamo i motivi per cui il deluso avesse “votato in passato” per quella… “sinistra” che pensa a don Sturzo, rimpiange il proprio passato democristiano, prevede di osannare Berlinguer per essersi accordato con la DC e pianifica una provocazione “giovanile” per il 21 prossimo gennaio.


Sappiamo però che le pozioni soporifere del “andrà tutto bene” se “restiamo uniti”, dell’abbraccio mortale tra padroni e operai, ricchi e poveri, hanno una storia reazionaria più che centenaria.

Il 15 maggio i cattolici hanno festeggiato l’anniversario dell’Enciclica Rerum Novarum di Leone XIII, che, mandata ai fedeli nel 1891, è considerata ancora come la “magna charta” del cattolicismo sociale… Il papa, propostosi di esaminare la questione operaia “secondo equità e giustizia”, comincia con una confutazione del socialismo, la cui soluzione sarebbe “dannosa ed ingiusta”. Dannosa agli operai, “perché toglie loro la libertà di investire nella proprietà privata i propri salari”, ingiusta, perché viola “il diritto naturale che l’uomo ha alla proprietà privata”… Gli operai sanno che i cattolici sono estremamente preoccupati del modo d’impiegare i risparmi; al che essi, socialisti o no, possono rispondere che la questione essenziale non è quella d’impiegare i risparmi, ma di poter risparmiare… Le dottrine sono dagli stessi cattolici così riassunte dall’enciclica papale: 1) Insegnare agli uomini a sopportare le inevitabili disuguaglianze sociali, le quali tornano di vantaggio comune; 2) Insegnare agli uomini a sopportare le fatiche e i patimenti, conseguenza della colpa originale; 3) Riconciliare i ricchi ed i poveri insegnando loro i doveri reciproci; 4) Dare un giusto concetto della vita e delle ricchezze, e delle tribolazioni ed offrirsi l’esempio e la gloria di Gesù Cristo; 5) Predicare ai ricchi i doveri inerenti all’uso delle ricchezze; 6) Insegnare ai poveri la dignità del lavoro e della povertà sull’esempio di Gesù Cristo… Di sei punti principali e riassuntivi cinque riguardano i “poveri”, come con linguaggio un po’ antiquato si continuano a chiamare dal papa gli “operai”, e si limitano a raccomandar loro la rassegnazione. Il programma sociale cattolico si risolve dunque in una vera truffa per gli operai, i quali non si convinceranno certo tanto facilmente che le disuguaglianze sociali “tornano di vantaggio comune”…”. (“L’Enciclica Rerum Novarum”; L’Ordine nuovo 31 maggio 1919)


Quella “sinistra” liberal-squadrista di cui sopra opera indefessamente per convincere le masse del “diritto naturale alla proprietà privata” e che “le disuguaglianze sociali tornano di vantaggio comune”.


Ma non è affatto detto che i suoi decotti narcotizzanti durino in eterno.

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