Bonomi di Assolombarda si prepara già alla lotta di classe. Stavolta facciamola anche noi
di Giorgio Cremaschi
Il presidente di Assolombarda Carlo Bonomi, in predicato di futura guida della Confindustria, mette già le mani avanti sulla chiusura delle fabbriche. Che naturalmente ora subisce a denti stretti, continuando ad affermare che le aziende sono sicure e che non si può dare alle imprese colpa per il contagio. Ma questa sfacciataggine irresponsabile oggi non ci interessa, su questa faremo i conti ricordando la strage di Brescia e Bergamo, dove avere lasciato le fabbriche aperte ha significato non chiudere davvero nulla.
Qui ci interessa vedere come Bonomi si prepari già al dopo, quando finita l’epidemia resterà la crisi economica. Il padrone lombardo già ora dice no ad una nuova IRI e allo stato che intervenga direttamente nell’economia. Egli vuole i soldi pubblici per le imprese private ed il mercato, come negli ultimi trent’anni, con i risultati che ora subiamo nella sanità e nei servizi pubblici.
In questo modo Bonomi chiarisce e anticipa quale sarà il bivio e lo scontro del dopo epidemia. O lo stato e il pubblico che gestiscano e dirigano la ricostruzione con giustizia e solidarietà sociale - una, due, cento IRI - o il liberismo più stupido e feroce al servizio del profitto. Il presidente dell’Assolombarda parla di economia di guerra e la guerra gia la prepara, il nuovo atto di quella lotta di classe dall’alto che padroni e ricchi conducono e vincono da trent’anni. Ora tocca a noi farla e ribaltarne gli esiti.