Chi odia davvero la Cina e quanto

Chi odia davvero la Cina e quanto

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di Andre Vltchek - New Eastern Outlook 17.06.2018
 

Sembra che il pubblico occidentale, sia relativamente ‘colto’ che completamente ignorante, possa, dopo una certa persuasione, essere d’accordo su alcuni fatti molto basilari. ad esempio che la Russia fu storicamente vittima di innumerevoli aggressioni europee, o che Paesi come Venezuela, Cuba, Iran o Corea democratica (RDPC) non hanno mai attraversato i confini di nazioni straniere nella storia moderna per attaccare, saccheggiare o rovesciare governi. OK, certamente ci vorrebbe un po’ di ‘persuasione’, ma almeno in circoli specifici della società occidentale, altrimenti irrimediabilmente indottrinata, del dialogo limitato sia ancora occasionalmente possibile. La Cina è diversa. Non c’è “pietà” per la Cina in occidente. Per molti standard, la più grande e una delle più antiche culture sulla Terra viene sistematicamente imbrattata, insultata, ridicolizzata e giudicata con arroganza da opinionisti, propagandisti, accademici e stampa ufficiale a Londra, New York, Parigi e molti altri luoghi che l’occidente chiama centri di “erudizione” e “libertà d’informazione”. I messaggi anti-cinesi sono talvolta palesi, ma per lo più sottilmente velati. Sono quasi sempre razzisti e basati sull’ignoranza. E la realtà terrificante è che funzionano! Funzionano per molte ragioni. Una è che mentre gli asiatici del Nord in generale, e il popolo cinese in particolare, hanno imparato con zelo da tutto il resto del mondo, l’occidente è completamente all’oscuro di quasi tutto ciò che è asiatico e cinese. Ho condotto personalmente una serie di “esperimenti” semplici ma rivelatori in Cina, Corea e Giappone, oltre che in diversi Paesi occidentali: mentre quasi tutti i bambini dell’Asia settentrionale possono facilmente identificare almeno alcune “icone” della cultura occidentale, tra cui Shakespeare e Mozart, la maggior parte dei professori universitari europei con dottorato non potevano nominare un solo regista coreano, un compositore di musica classica cinese o un poeta giapponese. Gli occidentali non sanno nulla dell’Asia! Non il 50% di loro, neanche il 90%, ma molto probabilmente intorno al 99,9%. E va da sé che la Corea produce alcuni dei migliori film del mondo, mentre Cina e Giappone sono rinomati per la loro squisita arte classica, così come per i capolavori moderni. In occidente, la stessa ignoranza si estende a filosofia, sistema politico e storia cinesi. In Europa e Nord America c’è buio assoluto, un’ignoranza avvizzita sulla visione cinese del mondo. A Parigi o Berlino, la Cina viene giudicata esclusivamente dalla logica occidentale, dagli “analisti” occidentali, con un’arroganza insuperabile. Il razzismo è l’unica spiegazione fondamentale, sebbene ci siano molte altre ragioni secondarie per tale stato di cose.

Il razzismo occidentale, che aveva umiliato, attaccato e rovinato la Cina per secoli, ha gradualmente modificato tattiche e strategie. Da apertamente e coloritamente insultante e volgare, si è costantemente evoluto in qualcosa di molto più “raffinato” ma sempre manipolativo. La natura dispettosa del lessico occidentale della superiorità non è scomparsa. In passato, l’occidente era solito raffigurare i cinesi come animali sporchi. A poco a poco, iniziò a raffigurare la rivoluzione cinese come un animale, così come l’intero sistema cinese, gettando nella lotta contro RPC e Partito comunista cinese, concetti e slogan come “diritti umani”. Non si parla di diritti umani che potrebbero e dovrebbero essere applicabili e rispettati in tutto il mondo (come il diritto alla vita) di protezione dei popoli del Pianeta. Questo perché è chiaro che i più clamorosi violatori di tali diritti sono stati, per secoli, i paesi occidentali. Se tutti gli umani dovessero essere rispettati come esseri uguali, i Paesi occidentali dovrebbero essere processati e incriminati, quindi occupati e duramente puniti per innumerevoli genocidi e olocausti commessi nel passato e nel presente. Le accuse sarebbero chiare: barbarie, furti, torture e massacro di centinaia di milioni di persone in Africa, Medio Oriente, l’attuale America Latina e, naturalmente, quasi ovunque in Asia. Alcuni dei crimini più atroci dell’occidente furono commessi contro la Cina e il suo popolo. Il concetto di “diritti umani”, che l’occidente usa costantemente contro la Cina, è “mirato”. La maggior parte delle accuse e dei “fatti” sono stati sottratti al contesto di ciò che accade su scala globale (ora e nella storia). Esclusivamente furono applicate le visioni ed “analisi” eurocentriche. La filosofia e la logica cinesi furono completamente ignorate; mai prese sul serio. Nessuno in occidente chiede al popolo cinese cosa realmente vuole (solo ai cosiddetti “dissidenti” è consentito parlare dai mass media al pubblico occidentale). Un tale approccio non difende o aiuta nessuno; invece è degradante, progettato per causare il massimo danno al Paese più popoloso della Terra, al suo sistema unico e, in misura crescente, alla sua importante posizione globale.

È ovvio che gli accademici e media di massa occidentale sono finanziati da centinaia di milioni e miliardi di dollari per censurare le voci cinesi tradizionali e promuovere il nichilismo oscuro anticomunista e anti-RPC. Conosco un accademico irlandese che vive in Asia del Nord che insegnava in Cina. Mi disse con orgoglio che era solito provocare studenti cinesi: “Sai che Mao era un pedofilo?” E ridicolizzava chi lo sfidava e considerava i suoi discorsi disgustosi. Ma un approccio del genere è abbastanza accettabile per l’accademico occidentale in Asia. Invertire i tavoli e immaginare un accademico cinese che va a Londra per insegnare lingua e cultura cinese, iniziando le lezioni chiedendo agli studenti se sanno che Churchill era solito fare sesso cogli animali? Cosa succederebbe? Sarebbe licenziato subito o alla fine della giornata?

L’occidente non si vergogna, ed è ora che il mondo capisca questo semplice fatto. In passato, spesso confrontavo questa situazione a un villaggio medievale, attaccato e saccheggiato dai briganti (occidente). I negozi di alimentari saccheggiati, le case bruciate, le donne violentate e i bambini costretti alla schiavitù e sottoposti a un accurato lavaggio del cervello. Ogni resistenza schiacciata brutalmente. Alla gente veniva detto di spiarsi a vicenda, denunciare “terroristi” e “elementi pericolosi” nella società, al fine di proteggere il regime di occupazione. Si ammettevano solo due “sistemi economici”: feudalesimo e capitalismo. Se gli abitanti del villaggio eleggevano un sindaco pronto a difendere i loro interessi, i briganti lo uccidevano senza tante cerimonie. Omicidio o rovesciamento, quindi c’era sempre lo status quo. Ma doveva esserci qualche nozione di giustizia, giusto? Di tanto in tanto, il consiglio dei briganti catturava un ladro che aveva rubato pochi cetrioli o pomodori. E si sarebbero poi vantati di proteggere la gente e il villaggio, mentre avevano ridotto in cenere tutto.

Data storia e presente della Cina, data la natura orrida e genocida del passato occidentale, antico e moderno, dato che la Cina è secondo tutte le definizioni la più grande nazione pacifica sulla Terra, come può qualcuno in occidente pronunciare parole come “diritti umani” e criticare Cina, Russia, Cuba o qualsiasi altro Paese che ha messo sulla sua lista? Certamente, Cina, Russia e Cuba non sono “Paesi perfetti” (non ce ne sono sulla Terra, e non ci saranno mai), ma un ladro e un genocida dovrebbero essere autorizzati a giudicare qualcuno? Ovviamente sì! Succede costantemente. L’occidente non si scusa. Perché è ignorante, completamente privo di informazioni sulle proprie azioni passate e presenti, o condizionato a non essere informato. È anche perché l’occidente è veramente una società fondamentalista, incapace di analizzare e confrontare. Non può più vedere. Ciò che viene offerto dai suoi politici e replicato dalle accademie servili e dai mass media è totalmente distorto. Quasi tutto il mondo è nelle stesse condizioni del villaggio appena descritto. Ma è la Cina (e anche Russia, Cuba, Venezuela, Siria, Iran e altre nazioni) ad essere ritratta come malvagio e tormentatrice di popolo. Il nero diventa bianco La guerra è pace. La schiavitù è libertà. Uno stupratore di massa è un pacificatore e poliziotto.

Ancora una volta: l’occidente odia la Cina. Siamo assolutamente onesti. La Cina deve capirlo e agire di conseguenza. Prima piuttosto che dopo. Come abbiamo già stabilito, l’odio verso la Cina è irrazionale, illogico, puramente razzista; principalmente basato sul complesso di superiorità dei “pensatori” occidentali. Ma anche si basa sulla paura subconscia degli occidentali che la cultura cinese e il suo sistema socialista (con tutte le sue ‘imperfezioni’) siano di gran lunga superiori alla cultura del terrore e del teppismo spacciati sulla Terra da europei che nordamericani. Diversi anni fa fui intervistato da vari media cinesi, tra cui il leggendario Quotidiano del Popolo, China Radio International e CCTV (ora CGTN). Tutti volevano sapere perché, nonostante i grandi sforzi della Cina per fare amicizia col mondo, c’è tanta fobia nei Paesi occidentali. Ho dovuto affrontare la stessa domanda, ancora e ancora: “Cos’altro potremmo fare? Abbiamo provato tutto… che altro?” A causa del tremendo ottimismo ereditario, la nazione cinese non riusciva a cogliere un fatto semplice ma essenziale: più la Cina fa per il mondo, meno si comporta in modo aggressivo, più sarà odiato e demonizzato in occidente.

Proprio perché la Cina, a differenza dell’occidente, cerca di migliorare la vita sulla Terra, che non sarà mai lasciata in pace, mai apprezzata, ammirata o compresa in posti come Londra, Parigi o New York York. Risposi a chi mi intervistava: “Vi odiano, quindi state facendo la cosa giusta!” La mia risposta forse sembrava troppo cinica al popolo cinese. Tuttavia, non cercavo di essere cinico, cercavo solo di rispondere, onestamente, a una domanda sulla psiche della cultura occidentale, che ha già assassinato centinaia di milioni di esseri umani in tutto il mondo. Dopotutto, fu il più grande psicologo europeo di tutti i tempi, Carl Gustav Jung, a diagnosticare la cultura occidentale come “patologia”.

Ma chi odia davvero la Cina e quanto?Prendiamo i numeri: chi odia la Cina e quanto? Principalmente, gli occidentali, europei e nord americani. E il Giappone, che in realtà uccise decine di milioni di cinesi, oltre al principale rivale regionale della Cina, il Vietnam. Solo il 13% dei giapponesi vede la Cina favorevolmente, secondo un sondaggio del Pew Research Center condotto nel 2017. L’83% dei giapponesi, un Paese che è l’alleato principale dell’occidente in Asia, vede la Cina “sfavorevolmente”. In Italia che è istericamente anti-cinese e scandalosamente razzista, il rapporto è favorevolmente del 31% e il 59% sfavorevole. Scioccante? Ovviamente. Ma la Germania non va meglio, col 34% e il 53%. Gli Stati Uniti 44% – 47%. Francia 44% – 52%. Metà della nazione spagnola vede la Cina sfavorevolmente, 43% – 43%. Ora qualcosa di veramente scioccante: il “resto del mondo”.

I numeri sono totalmente opposti! Sudafrica: il 45% vede la Cina favorevolmente, il 32% sfavorevolmente. Argentina 41% – 26%. Persino le Filippine, costantemente spinte dall’occidente al confronto con la Cina: 55% favorevolmente – 40% sfavorevolmente. L’Indonesia che perpetrò diversi pogrom anti-cinesi e addirittura bandì la lingua cinese dopo il colpo di Stato sponsorizzato dagli Stati Uniti nel 1965: 55% favorevolmente – 36% sfavorevolmente. Messico 43% – 23%. Repubblica Bolivariana del Venezuela: 52% – 29%. Cile 51% – 28%. Poi diventa ancora più interessante: Libano: 63% – 33%. Kenya: 54% – 21%. Brasile 52% – 25%. Tunisia 63% – 22%. Russia: 70% – 24%. Tanzania 63% – 15%. Senegal 64% – 10%. E il Paese più popoloso dell’Africa sub sahariana, la Nigeria. 72% – 13%. Il sondaggio della BBC World Service 2017, opinioni sull’influenza della Cina per paese, dà risultati ancora più scioccanti: Ai due estremi, in Spagna, solo il 15% vede l’influenza della Cina come positiva, mentre il 68% lo giudica negativo. In Nigeria, l’83% è positivo e solo il 9% negativo. Ora, pensate per un momento cosa dicono veramente questi numeri. Chi davvero beneficia della crescente importanza della Cina sulla scena mondiale? Certo: i miserabili della Terra; la maggior parte del nostro pianeta! Chi cerca d’impedire alla Cina di aiutare i popoli colonizzati e oppressi? Vecchie e nuove potenze colonialiste!

La Cina è odiata in modo predominante dai Paesi imperialisti occidentali (e dai loro clienti come Giappone e Corea del Sud), mentre è amata dagli africani, dalla maggioranza degli asiatici e dei latinoamericani, così come dai russi. Dite a un africano cosa si dice agli europei sull’influenza negativa o addirittura “neo-imperialista” della Cina nel continente africano, e morirà a crepapelle.

Poco prima d’inviare questo saggio, ricevetti un commento dal Kenya dal compagno Booker Ngesa Omole, segretario organizzativo nazionale del SDP-Kenya (socialista): “Il rapporto tra Cina e Kenya in particolare e in generale l’Africa ha portato non solo all’enorme sviluppo nelle infrastrutture, ma anche ad un autentico scambio culturale tra popolazioni cinese e africana, fece anche capire al popolo africano i cinesi, lungi dalle mezze verità e bugie generate contro la Cina e il popolo cinese e diffuse globalmente dalle fabbriche delle bugie come la CNN. Ed anche dimostrò che esiste un modo diverso di relazionarsi coi cosiddetti partner dello sviluppo e del capitale internazionale; i cinesi hanno sviluppato una politica di non interferenza negli affari interni di un Paese sovrano, diversamente da USA e Paesi occidentali attraverso FMI e Banca Mondiale con cui imposero politiche distruttive sul continente portando sofferenze e morte di molti africane, come il famigerato Piano di adeguamento strutturale, un piano killer, che dopo l’attuazione la disoccupazione kenyota salì alle stelle, e ne mise il paese in bancarotta. Un altro confronto è la velocità con cui i progetti vengono eseguiti, in passato vedevamo un processo burocratico, raccapricciante e costoso, che richiedeva anni prima che qualsiasi lavoro iniziasse. Questo cambiò con l’arrivo del capitale cinese, vediamo che i progetti vengono eseguiti in tempo, vediamo un lavoro di altissima qualità contrariamente a quello che i media occidentali vogliono far intendere, che tutto ciò che proviene da Cina e Russia è fasullo”.

Il sistema cinese (comunismo o socialismo con caratteristiche cinesi), è nell’essenza veramente internazionalista. Come scrisse il presidente Mao Tse Tung nel suo “Patriottismo e internazionalismo”: “Può un comunista, un internazionalista, allo stesso tempo essere un patriota? Riteniamo che non solo possa esserlo ma anche debba esserlo… La vittoria della Cina e la sconfitta degli invasori imperialisti aiuteranno i popoli di altri Paesi…” Il Presidente Mao lo scrisse durante la lotta di liberazione della Cina dagli invasori giapponesi. Tuttavia, non molto è cambiato da allora. La Cina è decisamente disponibile e capace di rimettere in piedi buona parte del mondo devastato dall’imperialismo occidentale. È abbastanza grande da farlo, abbastanza forte, determinata e ottimista. L’occidente produce, direttamente, crisi e scontri come quello sylla Piazza Tiananmen di Pechino nel 1989, o quello mai “decollato” (principalmente per il disgusto della popolazione locale verso manifestanti egoisti e filo-occidentali) ad Hong Kong nel 2014. Tuttavia, questi agenti occidentali sono tutto ciò che la maggior parte degli europei e dei nordamericani sa della Cina (RPC): “Diritti umani”, Falun Gong, Tibet, Dalai Lama, “Nordovest del Paese” (qui non ricordano o non possono pronunciare i nomi, ma nei media occidentali fu detto che la Cina vi fa “qualcosa di sinistro”, quindi vanno ripetendolo), Piazza Tiananmen, Ai Wei-Wei e pochi altri cortili sconnessi, “eventi” e nomi. È così che questo colosso da migliaia di anni di storia, cultura e filosofia, è percepito, giudicato e mal compreso. La situazione sarebbe ridicola, se non fosse tragica, terribilmente spaventosa e pericolosa. È chiaro chi odia davvero la Cina: non il “mondo”, né i Paesi di tutti i continenti brutalizzati e schiavizzati dagli imperialisti occidentali. Lì, la Cina è amata. Chi odia la Cina sono le nazioni che non vogliono mollare le loro colonie. Le nazioni abituate a una vita buona, troppo buona e facile a scapito degli altri. Per esse, la storicamente egualitaria e da decenni socialisti/comunisti (con caratteristiche cinesi) Cina rappresenta una grave minaccia: non alla loro sopravvivenza od esistenza pacifica, ma al saccheggio e allo stupro che infliggono al mondo. L’atteggiamento internazionalista della Cina nei confronti del mondo, il suo egualitarismo e umanesimo, l’enfasi sul duro lavoro e l’enorme ottimismo del suo popolo potrebbero presto, molto presto, spezzare gli orrendi inerzia e letargo iniettato da Europa e Stati Uniti nelle vene delle nazioni stuprate, saccheggiate e umiliate.

Nel suo rivoluzionario libro “La Cina è comunista, dannazione!”, un importante esperto cinese, Jeff Brown (attualmente a Shenzhen), scrive del trattamento disumanizzante che il popolo cinese subì dagli occidentali per secoli: “… innumerevoli nel diciannovesimo secolo… furono pestati e rapiti per essere mandati nel Nuovo Mondo a lavorare come schiavi. Il razzismo su questi coolies cinesi fu istruttivo. Durante il viaggio dalla Cina a Vancouver, in Canada, erano stretti e tenuti in stive buie e scarsamente ventilate per un viaggio di tre settimane, quindi non avevano alcun contatto coi bianchi che viaggiavano a bordo. Niente luce, niente aria fresca. L’equipaggio delle navi parlava abitualmente di questi alleati cinesi come “bestiame” e venivano trattati come tali. In realtà, furono trattati peggio di bovini, maiali, pecore e cavalli, in quanto vi erano leggi che richiedevano che gli animali ottenessero aria aperta ed esercizio al giorno, nel viaggio… Tale trattamento inumano di cittadini cinesi fu spassionatamente descritto nei diari di un ufficiale inglese incaricato di sorvegliarli, “Da bambini, ci fu insegnato che Caino e Coolies erano assassini fin da subito; non ci si poteva fidare dei coolie; era un cane giallo… Il compito di sistemare i coolies è faticoso. Negli ordini si allude ad “imbarco”. Chi ha esperienza col lavoro, lo conosce più come “imballaggio”. I coolies non sono passeggeri in grado di trovarsi una cabina. I cooli sono dei carichi, bestiame, che vanno riposti. Mentre l’esperienza l’incalzava incessantemente, il suo atteggiamento verso l’esistenza è quello di un animale domestico”. Il tenente inglese Daryl Klein, nelle sue memorie “With the Chinks”, parlava da vero razzista imperialista occidentale. Ovviamente, usava i peggiori insulti contro i cinesi. Con l’equivalente del negro giallo. Il termine Coolie non è migliore. È come chiamare qualcuno dell’America Latina clandestino. Almeno il tenente Klein era onesto nella totale disumanizzazione del temuto altro. Ci sono innumerevoli esempi di discriminazione ed umiliazioni del popolo cinese da parte dei colonialisti occidentali, in Cina. I cinesi furono letteralmente massacrati e ridotti in schiavitù nel loro territorio, dagli occidentali e dai giapponesi. Tuttavia, ci furono anche crimini spregevoli commessi contro il popolo cinese negli Stati Uniti, il linciaggio ed altri tipi di omicidio. Lavorando sodo, molti cinesi furono portati come schiavi negli Stati Uniti e in Europa, dove furono spesso trattati peggio degli animali. Per alcun’altra ragione che non essere semplicemente cinesi. Alcuna scusa o risarcimento fu mai offerta per tali barbarie; nemmeno decenni e secoli dopo. Finora c’è silenzio sull’argomento, anche se ci si deve chiedere se sia davvero un semplice ‘silenzio’ che nasce dall’ignoranza o qualcosa di molto più sinistro; forse sfida e rifiuto conscio o subconscio di condannare i frutti della cultura occidentale, imperialismo, razzismo e fascismo.

Gwen Sharp, PhD, scrisse il 20 giugno 2014 i quadri sociologici sul suo saggio “Vecchio pericolo giallo – propaganda anti-cinese”: “I cinesi erano stereotipati come eroinomani degenerati la cui presenza incoraggiava la prostituzione, il gioco d’azzardo e altre attività immorali. Numerose città sulla costa occidentale subì rivolte in cui i bianchi attaccarono gli asiatici e distrussero le sezioni cinesi delle città. Le rivolte a Seattle nel 1886 fecero sì che praticamente tutta la popolazione cinese venisse radunata e deportata a San Francisco. Situazioni simili in altre città incoraggiarono i lavoratori cinesi in occidente a trasferirsi creando le Chinatown in alcune grandi città della costa occidentale. Nel corso della storia, la Cina e il suo popolo soffrirono per mano degli occidentali, europei e nordamericani. Secondo diverse fonti accademiche e di altro tipo, tra cui la pubblicazione “History And Headlines” (Storia: 9 ottobre 1740: Chinezenmoord, The Batavia Massacre): “Il 9 ottobre 1740, i signori coloniali olandesi sull’isola di Giava (ora principale isola dell’Indonesia) nella città portuale di Batavia (oggi Giacarta, capitale dell’Indonesia) guidarono una folle serie di assassinii etnici uccidendo 10000 persone di etnia Cinese. La parola olandese “Chinezenmoord” significa letteralmente “omicidio di cinesi”. Anche i massacri anti-cinesi furono ripetutamente commessi dagli occupanti spagnoli delle Filippine, e ci furono innumerevoli altri casi di pulizia etnica anti-cinese e massacri commessi dalle amministrazioni colonialiste europee, in varie parti del mondo. Il saccheggio del Palazzo d’Estate di Pechino da parte delle forze francesi ed inglesi fu uno dei crimini più atroci commessi dagli occidentali sul territorio cinese. Un romanziere francese oltraggiato, Victor Hugo, scrisse: “Ci definiamo civili e barbari. Ecco cosa ha fatto la civiltà alla barbarie”.

L’occidente non può più trattare i cinesi in questo modo, ma se potesse, sicuramente lo farebbe ancora. Il complesso di superiorità in Europa e Nord America è potente e senza scuse. C’è un grave pericolo reale che se non controllato e non contrastato, possa presto por fine alla vita sul nostro Pianeta. L’olocausto finale sarebbe accompagnato da discorsi ipocriti, arroganza sfrenata, ignoranza ansimante sullo stato del mondo, e generalmente alcun rimpianto. Il popolo cinese non può più essere battuto per le strade dell’Europa o del Nord America; non può essere, almeno teoricamente, insultato direttamente solo per essere cinesi (anche se ciò accade ancora). Ma ci sono molti mod di ferire e ferire profondamente un essere umano o Paese.

Il mio caro amico, un brillante pianista cinese Yuan Sheng, una volta mi disse, subito dopo aver lasciato la carica d’insegnante ben retribuito a New York, trasferitosi definitivamente a Pechino: “Negli Stati Uniti, piangevo fino a tarda notte, quasi ogni notte… mi sentivo impotente. Su cose che dicevano del mio Paese… Ed era impossibile convincerli che si sbagliavano completamente!” Diversi anni dopo, al “Primo Forum Culturale Mondiale” tenutosi a Pechino, un pensatore egiziano-francese, Amin Said, sostenne che siamo tutti vittime del capitalismo. Fui nettamente in disaccordo e l’affrontai lì, a Pechino e a Mosca, dove parlammo, ancora una volta, faccia a faccia. “Il bigottismo, la brutalità e l’imperialismo occidentali sono molto più antichi del capitalismo. Credo che le cose siano esattamente l’opposto: la cultura violenta occidentale è il cuore del selvaggio capitalismo”. Recentemente, mentre mi rivolgevo a studenti e insegnanti in una delle vecchie scuole alternative e ufficialmente progressiste della Scandinavia, finalmente compresi la portata dei sentimenti striscianti anti-cinesi in Europa. Durante la presentazione dei conflitti globali alimentati da Stati Uniti ed Europa, il pubblico era silenzioso e attento. Parlai in una sala enorme, rivolgendomi a circa 2-3mila persone, la maggior parte futuri insegnanti. Ci fu una specie di standing ovation.

Quindi domande. Quindi discussione al caffè. Lì, proprio allora, le cose andarono storte. Una ragazza venne e con un sorriso angelico disse: “Scusa, non so nulla della Cina… E sul nord-ovest di quel Paese?” Il nordovest della Cina è più grande della Scandinavia. Poteva essere più specifica? No, non poteva: “Sa, diritti umani… Minoranze…” Una ragazza italiana mi contattò dicendo che studiava filosofia. La stessa serie di domande: “Non so molto della Cina, ma…” Poi le sue domande si fecero aggressive: “Cosa intende quando parla di “umanesimo cinese?” Non chiedeva, aggrediva. Le dissi: “Non vuoi ascoltare, vuoi semplicemente sentirti ripetere ciò con cui ti hanno fatto il lavaggio del cervello”.

Uno degli organizzatori della conferenza odiava la mia interazione coi suoi marmocchi viziati, rozzi, egocentrici e ignoranti. Non me ne poteva importare di meno. Glielo dissi direttamente in faccia. “Allora perché hai accettato l’invito da oratore principale?” Chiese. Risposi, onestamente: “Studiare gli europei, antropologicamente. Affrontarne razzismo ed ignoranza”. Il giorno dopo, lo stesso. Mostrai il mio scioccante documentario “Ruanda Gambit”, su come l’occidente creò la narrativa del Ruanda totalmente falsa e come scatenò il vero genocidio nella Repubblica Democratica del Congo (RDC). Ma tutto ciò che il pubblico voleva discutere era la Cina! Uno disse: “Ho visto una compagnia governativa cinese che costruiva due stadi sportivi nello Zambia. Non è strano? Veramente? Strano? Il sistema sanitario cinese si basa principalmente sulla prevenzione e ha successo. Costruire stadi è un crimine? Un altro ricordò che nell’Africa occidentale “la Cina piantava anacardi”. Doveva abbinarvi secoli di orrori del colonialismo occidentale, stragismo e schiavitù di centinaia di milioni di africani per mano di inglesi, francesi, tedeschi, belgi e altri. All’aeroporto, tornando in Asia, volli vomitare e contemporaneamente gridare di gioia. Stavo andando a casa, lasciando questo continente soggiogato, questo bordello intellettuale. L’occidente è senza speranza di salvezza. Non si fermerà o non si pentirà. Può essere fermato e va fermato.

Jeff Brown nel suo libro “China Is Communist, Damn It!” evidenziò una differenza essenziale tra la mentalità cinese e quella occidentale: “Cina ed occidente non potrebbero essere più diversi. La civiltà occidentale è fondata su filosofia, cultura, politica ed economia greca. L’antica Grecia era composta da centinaia di città-stato relativamente piccole e indipendenti, relativamente isolate, separate da mare o catene montuose, sistemati in baie e valli. La popolazione di ogni città-stato di solito contava migliaia, non milioni di abitanti. C’erano numerosi dialetti diversi, con vari gradi di comprensione reciproca, da incomprensioni familiari a incomprensioni totali. I contatti tra esse si basava sul commercio, fondando l’economia occidentale sui precetti del capitalismo. La nozione di interesse personale in occidente si basa su tale sistema economico, in cui agricoltori, proprietari terrieri, commercianti e artigiani potevano lavorare e prendere decisioni singolarmente, tra di loro. Ogni città-stato aveva il proprio governo indipendente e nei secoli ci furono monarchia, oligarchia, tirannia e democrazia. Le guerre locali erano frequenti, nel risolvere i disaccordi. Tali battaglie erano continue, poiché la produzione agricola della Grecia antica non era abbondante, per via di terreni poveri e dalle coltivazioni limitate.

Quando il cibo scarseggiava per la siccità, il commercio agricolo poteva essere interrotto per via delle carenze, alimentando così il bisogno della guerra per recuperare il cibo perso. La Cina antica e moderna non poteva essere più radicalmente diversa. Vita, economia e sviluppo ruotavano attorno al grande governo centrale guidato dall’imperatore. Invece di basarsi sul commercio, l’economia cinese si era sempre stata fondata sulla produzione agricola e i raccolti erano e sono ancora in gran parte venduti allo Stato. Perché? Perché il governo doveva mantenere il mandato celeste, il che significa assicurarsi che tutti i cittadini avessero abbastanza da mangiare. Pertanto, gli agricoltori sapevano sempre che il grano che coltivavano poteva facilmente finire da un’altra parte della Cina, a causa di lontane siccità. Tale pianificazione centrale si estese al controllo delle inondazioni.

Le comunità in una zona della Cina avevano il compito di costruire dighe o canali, non per contribuire a ridurre il rischio di inondazioni per se stessi, ma per altri lontani cittadini, a valle, per il bene collettivo. L’idea di città-stato indipendente è un anatema in Cina, in quanto ha sempre contraddistinto la frattura della coesione e del governo centrale, dalla frontiera al confine, che conduce alle guerre locali, scontri e fame”. Il sistema socialista cinese (o chiamatelo comunista) ha chiaramente radici nella storia antica della Cina. Si basa su condivisione e cooperazione, solidarietà ed armonia. È un sistema molto più adatto all’umanità di quello che l’occidente ha imposto con la forza in tutto il mondo. Quando l’occidente riesce in qualcosa, crede di aver “vinto”. Impianta la bandiera sulla terra, si beve una birra per festeggiare e si sente superiore, unico. La Cina pensa in modo diverso: “se i nostri vicini stanno bene e sono in pace, allora anche la Cina prospererà e godrà della pace. Possiamo commerciare, visitarci, scambiare idee “. Nei tempi antichi le navi cinesi visitavano l’Africa, l’attuale Somalia e il Kenya. Le navi erano enormi. In quei giorni, l’Europa non aveva nulla del genere a disposizione. Le navi cinesi erano armate contro i pirati, ma viaggiavano principalmente con scribi, studiosi, dottori e ricercatori. Quando raggiunsero le coste africane, stabilirono contatti con la gente del posto. Si studiavano a vicenda, scambiavano doni (alcune ceramiche cinesi si trovano ancora nei pressi dell’isola di Lamu). Non c’era molto terreno comune tra le due culture, al momento. Gli scribi cinesi registrarono: “Non è ancora il momento giusto per un contatto permanente”. Lasciarono regali sulla riva e tornarono a casa. Nessuno morì o fu “convertito”. Nessuno fu stuprato. La terra africana apparteneva ancora agli africani. Gli africani erano liberi di fare ciò che volevano. Un secolo o due dopo, arrivarono gli occidentali…

Conosco la Cina, ma ancora meglio, conosco il mondo in cui opera la Cina. Più vedo, più sono impressionato, voglio davvero che la Cina sia ovunque, e il prima possibile! Ho lavorato in tutte le piccole e grandi nazioni dell’Oceania (Polinesia, Melanesia e Micronesia), tranne che a Niue e Nauru. Lì, l’occidente divise questa splendida e una volta orgogliosa parte del mondo, creando confini bizzarri, costringendo la gente a mangiare merda (buttando cibo animale nei negozi locali), gravandoli di prestiti stranieri e imponendo la cultura della dipendenza e distruzione (esperimenti nucleari e basi militari). A causa del riscaldamento globale, RMI, Kiribati e Tuvalu hanno iniziato a “affondare” (in realtà, l’acqua sale).

La Cina arrivò, con una vera determinazione internazionalista, ed iniziò a fare tutto bene, piantando mangrovie, costruendo impianti sportivi per persone in Paesi dove oltre la metà della popolazione deve convivere col diabete. Costruì edifici governativi, ospedali, scuole. La risposta dell’occidente? Incoraggiare Taiwan a corrompere i governi locali e a fargli riconoscere Taipei capitale di un Paese indipendente, costringendo la Cina a rompere i rapporti diplomatici. In Africa vidi i cinesi costruire strade, ferrovie, persino tram, scuole, ospedali, combattere la malaria. Questo continente fu saccheggiato solo dall’occidente. Gli europei e i nordamericani non hanno costruito nulla.

La Cina ha fatto e fa ancora miracoli. Per solidarietà, secondo i principi internazionalisti così chiaramente definiti decenni fa dal presidente Mao. E non m’interessa davvero cosa pensano i propagandisti e gli ideologi occidentali su Partito Comunista Cinese, Mao e Presidente Xi Jinping. Vedo risultati! Vedo la Cina, enorme, compassionevole e fiduciosa, in ascesa, e coi suoi stretti alleati come la Russia, pronta a difendere il mondo. La Cina ha salvato Cuba. Gli intellettuali occidentali di “sinistra” non ne hanno parlato. L’ho fatto. Fui attaccato. Quindi, Fidel confermò personalmente che avevo ragione. La Cina aiuta il Venezuela e la Siria. Non a scopo di lucro, ma perché era suo dovere internazionalista. Ho visto la Cina in azione a Timor Est), minuscolo Paese povero che l’occidente sacrificò consegnandolo su un piatto d’argento al dittatore omicida indonesiano Suharto e ai suoi compari militari. Il 30% del popolo fu brutalmente massacrato. Dopo l’indipendenza, l’Australia iniziò a derubare il debole nuovo governo del gas naturale in un’area contesa. La Cina entrò, vi costruì il settore energetico e un eccellente ospedale moderno (pubblico), con i migliori chirurghi cinesi (mentre Cuba inviò medici sul campo). Afghanistan? Dopo 16 anni di mostruosa occupazione della NATO, questa una volta Paese orgoglioso e progressista (prima che l’occidente costruisse movimenti terroristici per combattere il socialismo) è uno dei più poveri sulla Terra. L’occidente costruì muri, recinti di filo spinato, basi militari e miseria totale. La Cina? Costruì un ospedale enorme e moderno, in realtà l’unica struttura medica pubblica decente e funzionante del Paese. Questi sono solo alcuni dei tanti esempi a cui assistetti durante il mio lavoro, nel mondo.

Quando vivevo in Africa (fui a Nairobi per diversi anni), dall’altra parte del piano c’era un appartamento con quattro ingegneri cinesi. Mentre gli occidentali in Africa sono quasi sempre segreti, snob e arroganti, questo gruppo di costruttori cinesi era rumoroso, entusiasta e sempre di ottimo umore. Rumorosamente scesero al piano di sotto, nel giardino, per mangiare e scherzare insieme. Sembravano un buon vecchio manifesto del “realismo socialista”. Erano chiaramente in missione. Stavano costruendo, cercando di salvare il continente. Ed era così chiaro quanto fossero fiduciosi. Stavano costruendo, e io realizzavo documentari su ciò che l’occidente ha fatto all’Africa, incluso il mio Rwanda Gambit. Era chiaro dove mi trovavo. Era chiaro dov’erano gli ingegneri cinesi. Siamo rimasti col popolo africano. Fermamente. Indipendentemente da ciò che propaganda, mondo accademico e mass media occidentali continuano a inventare, è lì che ci trovavamo, ed è qui che ci troviamo in questo momento, anche se geograficamente distanti. Una volta compagni, sempre compagni. E se cadiamo, è così che cadiamo, senza rimpianti, costruendo un mondo di molto migliore.

E i popoli di Africa, Oceania, America Latina e sempre più Asia cominciano a capire. Apprendono cosa sia la Belt and Road Initiative (BRI), la “civiltà ecologica”. Apprendono lentamente che non tutti sono uguali; che ogni Paese ha cultura e obiettivi diversi. Comprendono che non tutto nella vita è bugia o profitto. Sì, certo, le risorse non sono illimitate e le spese vanno coperte, ma c’è molto di più nella vita che freddi calcoli. L’occidente e i suoi Stati clienti non lo capiscono. Oppure possono, ma non vogliono. Moralmente sono finiti. Possono combattere solo per i propri interessi, dato che i loro lavoratori a Parigi combattono solo per i propri benefici; sicuramente non del mondo. L’occidente cerca d’infangare tutto ciò che è puro e ripete che “tutti in questo mondo sono essenzialmente uguali” (ladri). Il loro mondo accademico (principalmente occidentale, ma anche sud coreano, taiwanese, di Hong Kong e giapponese) ne è profondamente coinvolto. Si è già infiltrato nel mondo intero, in particolare in Asia, inclusa la Cina stessa. Insegna ai giovani cinesi che il loro Paese non è in realtà ciò che pensano! Ad un certo punto, gli studenti cinesi viaggiano ad ovest, per studiare… la Cina! Le università nordamericane ed europee spacciano finanziamenti e cercando di manipolare le migliori menti cinesi. In altre parti dell’Asia, sempre con finanziamenti e borse di studio, gli accademici locali “si accordano” con le controparti anticomuniste e filo-occidentali che operano nelle università della Repubblica Popolare Cinese. Tale problema è stato, fortunatamente, identificato nella RPC e gli attacchi spudorati al sistema educativo cinese affrontati. I mass media e le librerie non sono indietro. La propaganda anti-cinese è ovunque. La propaganda anticomunista è ovunque. Eppure, la Cina avanza, nonostante razzismo, bugie e notizie false. La Cina socialista e internazionalista avanza lentamente ma fiduciosamente, senza confrontarsi con nessuno, senza fare troppo rumore per il trattamento ingiusto ed aggressivo che riceve dall’occidente e da Paesi come il Giappone. Sembra che la sua leadership abbia nervi d’acciaio. O forse i millenni di grande cultura sono semplicemente autorizzati a parlare da soli. Quando un grande Drago vola, puoi abbaiare, insultare, persino sparargli. È troppo grande, antico, saggio e deciso: non si fermerà, non tornerà indietro né cadrà dal cielo. E quando le persone sulla Terra avranno tempo per osservarlo in piena gloria e ascesa, finalmente capirà che la creatura non è solo potente, ma anche straordinariamente bella e gentile.
 

Andre Vltchek è filosofo, romanziere, regista e giornalista investigativo. È creatore di Vltchek’s World in Word and Images, autore del romanzo rivoluzionario Aurora e diversi altri libri Scrive in esclusiva per la rivista online “New Eastern Outlook“.


Traduzione di Alessandro Lattanzio per Aurorasito

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