Come usare il capitalismo nell'ottica del socialismo: l'esempio cinese

Come usare il capitalismo nell'ottica del socialismo: l'esempio cinese

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Marx XXI
 

“Il motivo per cui alcuni esitano a portare avanti la politica di riforma e apertura e non si azzardano verso nuovi orizzonti è che, in sostanza, temono che ciò significhi introdurre troppi elementi di capitalismo e, anzi, prendere la strada capitalista. Il fulcro del problema è se la strada è capitalista o socialista. Il principale criterio di questo giudizio dovrebbe riguardare la possibilità di promuovere la crescita delle forze produttive in una società socialista, accrescere la forza complessiva dello Stato socialista ed elevare il tenore di vita. Quanto a istituire le zone economiche speciali, alcuni non erano d’accordo fin dall’inizio, chiedendo se ciò non significasse introdurre il capitalismo.


I successi nella costruzione di Shenzhen hanno fornito una risposta definitiva a questa gente: le zone economiche speciali sono socialiste, non capitaliste. Nel caso di Shenzhen il settore pubblico è il pilastro dell’economia, mentre il settore a partecipazione estera ammonta solo a un quarto. E anche in questo settore beneficiamo di tasse ed opportunità di lavoro. Dovremmo avere più aziende a partecipazione estera dei tre tipi (miste, cooperative e di proprietà straniera). Non c’è motivo di averne paura. Finché teniamo la testa a posto non è il caso di allarmarsi. Abbiamo i nostri vantaggi: le grandi e medie imprese di proprietà statale e le imprese rurali. Cosa più importante, il potere politico è nelle nostre mani.


Alcuni sostengono che più investimenti stranieri affluiscono e più aziende di questi tre tipi si formano, più elementi di capitalismo saranno introdotti e più il capitalismo si espanderà in Cina. Questa gente manca delle conoscenze di base. Nella fase attuale alle imprese a capitale straniero in Cina è permesso fare soldi in accordo con le leggi e le politiche esistenti. Ma il governo riscuote tasse da quelle imprese, i lavoratori ricevono il salario e noi apprendiamo la tecnologia e la abilità gestionali. Inoltre possiamo ottenere informazioni che ci aiuteranno ad aprire ulteriori mercati. Pertanto, soggette ai limiti delle condizioni politiche ed economiche complessive della Cina, le imprese a capitale straniero sono utili supplementi all’economia socialista, e in ultima analisi sono buone per il socialismo.


La proporzione del piano rispetto alle forze di mercato non è la differenza essenziale tra il socialismo e il capitalismo. Un’economia pianificata non equivale al socialismo, giacché anche sotto il capitalismo esiste la pianificazione; un’economia di mercato non è capitalismo, poiché anche sotto il socialismo ci sono i mercati. Il piano e le forze di mercato sono entrambi mezzi per controllare l’attività economica. L’essenza del socialismo è la liberazione e lo sviluppo delle forze produttive, l’eliminazione dello sfruttamento e della polarizzazione, e infine la conquista della prosperità per tutti. Questo concetto dev’essere chiaro al popolo. I titoli e il mercato azionario sono buoni o cattivi? Comportano dei rischi? Sono propri del capitalismo? Il socialismo può farne uso? Lasciamo che il popolo si riservi di giudicare, ma dobbiamo sperimentare queste cose. Se dopo uno o due anni di prova si rivelano fattibili, possiamo espanderle. Altrimenti possiamo porre un freno e chiudere la faccenda. Possiamo fermare tutto in una volta o per gradi, totalmente o parzialmente. Cosa c’è da temere? Finché manteniamo questo atteggiamento andrà tutto bene, e non commetteremo gravi errori. In breve, se vogliamo che il socialismo consegua la superiorità sul capitalismo, non dovremmo esitare ad attingere dalle conquiste di tutte le culture e ad apprendere dagli altri paesi, inclusi i paesi capitalistici sviluppati, tutti i metodi di lavoro avanzati e le tecniche di gestione che riflettono le leggi che regolano la moderna produzione socializzata.”


(Deng Xiaoping, Opere scelte, vol. III, Edizioni in lingue estere, Pechino 1994, pp. 360-362)

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