Coronavirus, breve promemoria delle cose da ricordare per quando (presto o tardi) sarà finita
di Antonio Di Siena
Il Coronavirus, per quanto sia un banale e ignorantissimo microrganismo sprovvisto di adeguato titolo di studio, ci sta impartendo una lezione politico-economica molto, molto importante.
Attraverso un metodo di insegnamento un po’ all’antica (le mazzate) ci sta infatti paternalisticamente facendo capire le seguenti cose.
Che in un mondo globalizzato ed eccessivamente interconnesso se si blocca un paese chiave (ad es. la Cina) il sistema collassa in pochi giorni.
Che questa follia chiamata liberismo ci sta facendo affrontare una pandemia virale senza medici, senza posti letto e senza avere neanche una singola fabbrica che produca mascherine in tutto il territorio nazionale italiano.
Che, quindi, se un paese vuole ragionevolmente crescere e prosperare (o più banalmente sopravvivere a gravi imprevisti) non può dipendere esclusivamente dall’export e dal turismo. Ma piuttosto deve sostenere e privilegiare la produzione e la domanda interna.
Che senza la sanità pubblica i malati stavano a crepare per strada. E senza i confini i morti nel mondo sarebbero stati già diversi milioni.
Che senza gli Stati nazionali, politiche economiche autonome e massicci investimenti pubblici dalle crisi (che siano economiche, sanitarie o ecologiche poco importa) non se ne esce.
Che, in altre parole, le relazioni umane non possono essere governate esclusivamente da una spinta in avanti, da vicinanza, promiscuità, baci e abbracci. Giacché anch’esse possono diventare pericolose.
Ma che ogni tanto è necessario fare qualche passo indietro e ripristinare la “giusta distanza”.
Nell’interesse di tutti.