Cosa succede nel regime saudita?

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Il principe saudita Khaled bin Farhan, rifugiato in Germania, ha lanciato un appello ai membri della famiglia reale per deporre Mohemed bin Salman, il principe ereditario che governa Ryad (anche se formalmente la corona è ancora di re Salman).
 

Bin Farhan e la dissidenza saudita

 

Nel suo appello, bin Farhan ha definito “irrazionale, instabile e stupido” quanto sta facendo bin Salman, e sostiene che se i potenti principi Ahmed bin Abdulaziz e Muqrin bin Abdulaziz li sosterranno, i dissidenti avrebbero la forza di prendere il potere.
 

L’appello di bin Farhan segue la dura nota del fratello di re Salman, Mamdouh bin Abdul Aziz, su The Response, sito ufficiale del Regno. “Probabilmente l’ultimo articolo che scrivo” nel mio Paese, scrive, spiegando che il nuovo corso ha introdotto una deriva laicista foriera di sventure.
 

In altra nota avevamo riportato l’attacco a bin Salman da parte di Mohamad BIn Nayef, principe ereditario, prima di essere prevaricato dall’attuale, spiegando che non poteva trattarsi di un fulmine a ciel sereno, ma di una voce supportata da un malcontento diffuso.
 

L’appello alla ribellione di bin Farhan, la protesta di Mamdouh bin Abdul Aziz e di bin Nayef danno la misura di quanto sia diffuso tale malcontento. Lo stesso bin Farhan, peraltro, ha affermato di ricevere tanti messaggi sconfortati dalla sua perduta patria.
 

Interessante anche il passaggio in cui quest’ultimo spiega che l’Arabia saudita è un vulcano in eruzione.
 

Considerando che la popolazione è un composito mosaico tribale, preda di un wahabismo radicale, c’è il rischio che il Paese sprofondi nel caos e si trasformi in una centrale del Terrore globale: un Califfato 2.0.
 

La dittatura fantasma dell’Arabia Saudita


Nella nota citata avevamo riferito che bin Salman da un mese è sparito dalla scena. Da quando, il 21 aprile, è accaduto qualcosa di misterioso al Palazzo reale. Forse un attacco nel quale sarebbe rimasto ferito.


Bin Salman ha anche disertato la cerimonia del giuramento dei cadetti dell’Accademia Militare “Re Abdulaziz”, cosa inusuale. Né ci sono fotografie che lo ritraggano con il primo ministro etiope Abiy Ahmed, che ha visitato la monarchia la settimana scorsa.
 

Non bastano a dissipare le ombre le foto fatte circolare in questi giorni in cui posa con il presidente egiziano al Sisi. Infatti, potrebbero essere datate.


Momento delicato per l’Arabia Saudita, che il nuovo corso ha consegnato definitivamente alla dottrina neocon.


Non che prima il Regno fosse un collegio di educande, dal momento che alimentava lo jihadismo internazionale (con derive terroriste).


Però i monarchi erano consci della necessità di evitare un confronto diretto con l’Iran, perché tale prospettiva rischiava di incenerire il loro Regno.
 

Anche per questo re Salman aveva visto in Putin un garante dell’instabile stabilità della regione. Tanto che nell’ottobre del 2017 l’aveva incontrato in una storica visita. Una mossa ormai relegata al passato remoto.
 

Il rischio di un’Arabia saudita preda della destabilizzazione, invece, non spaventa affatto i neocon, che anzi potrebbero usarne per i loro progetti; il loro Credo, infatti, si fonda sulla propalazione del caos.
 

Difficile prevedere come evolverà la vicenda. Da vedere se è vero ciò che spiega Jeshua Landis, accademico Usa, esperto di Medio oriente, ovvero che Mohamed bin Salman ha il “pieno controllo dell’esercito e del petrolio“, quindi la dissidenza sarebbe destinata a subire il dittatore.
 

Resta però da capire se siamo di fronte al primo esperimento di una dittatura virtuale, stante che il dittatore potrebbe anche esser morto il 21 aprile o dopo. O, in altri termini, se i neocon abbiano rispolverato certe usanze sovietiche di “imbalsamare” i dittatori per perpetuarne la reggenza.
 

O forse il piccolo principe è solo cauto e si nasconde dagli intrighi di corte. Ma vitale o meno che sia (e il decesso non lo si augura a nessuno), resta che il Regno di bin Salman ha posto una variabile impazzita e pericolosa nella geopolitica globale.

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