Da alunno di quella scuola vi dico: ingratitudine italiana e rammarico eritreo
di Daniel Wedi Korbaria
Oggi, 14 settembre, in Italia riaprono le scuole mentre in Eritrea la storica scuola pubblica italiana resta chiusa. A comunicarlo il 31 agosto scorso con un decreto è l’Ambasciata d’Italia in Asmara: “decreto cautelare di chiusura temporanea dell’Istituto Italiano Statale omnicomprensivo di Asmara” a firma di un “Incaricato d'affari ad interim” in cui, dopo 14 “Visto”, 6 “Considerato”, 1 “preso atto”, 1 “consapevole”, 1 “ritenuto” ha infine “decretato” la chiusura temporanea della scuola. Una scuola storica che, aperta nel 1903, è sopravvissuta al fascismo, alle due guerre mondiali, all’arrivo dei britannici, a quello degli etiopici del Negus Haile Selassie e poi a quello del Colonnello Menghistu Hailemariam. Una scuola che ha resistito durante i 30 anni di guerra di Liberazione e che ha visto nel 1993 la nascita di una Nazione dove ha insegnato per ben 27 anni.
Io ne sono testimone. Sono stato alunno di questa scuola che mi ha permesso di imparare la lingua italiana riuscendo ad esprimere così la mia creatività nella scrittura e mi rammarica alquanto assistere alla sua chiusura, vedendo in questa la volontà di negare la mia stessa opportunità ad altri studenti. Perciò mi domando: perché, dopo tutti i governi che in Italia si sono succeduti nell’arco di 117 anni, è toccato proprio al Governo Conte II togliere l’ossigeno all’ultima cosa bella e funzionante italiana rimasta sul suolo africano? Che cosa è successo di così drammatico da dover chiudere una scuola? Un conflitto armato italo-eritreo forse?
È veramente come ha scritto la propaganda di Avvenire che con il suo centesimo articolo anti Eritrea ne incolpa il suo Governo “brutto e cattivo”? E stavolta cosa avrà combinato Isaias Afewerki perché si sia arrivati a prendere una decisione così drastica lasciando a spasso migliaia di studenti dopo tanti anni di sacrifici loro e delle loro famiglie? Negli anni, infatti, il M.A.E. ha tagliato i fondi e la scuola italiana non era più totalmente gratuita. Se il Governo eritreo fosse così “feroce”, come dipinto dai media italiani, la scuola avrebbe chiuso molto prima, perché aspettare il 2020? Anche a leggere le due pagine e mezzo del decreto dell’Ambasciata d’Italia si capisce che il trend è sempre lo stesso. Identico sistema usato dalla Francia nei confronti delle sue ex colonie, ossia quello di dare la colpa di tutto agli stessi africani ed uscirne sempre e comunque puliti. Mai nessuna autocritica sul proprio operato o sul mancato rispetto degli accordi bilaterali tra Roma e Asmara del 2012 che l’Italia non ha mai onorato.
Ahimè la politica italiana ignora volutamente la sua Storia coloniale, argomento diventato tabù persino nei suoi libri scolastici, un passato che imbarazza ma che non possono cancellare con un colpo di spugna poiché è costato tanto dolore e tanti morti al popolo eritreo. Questa classe dirigente non serba nessuna gratitudine verso gli ascari eritrei che a centinaia di migliaia hanno dato la vita seguendo le mire espansionistiche italiche in Libia, Somalia ed Etiopia. Nessuna gratitudine neppure verso i figli e i nipoti degli ascari che non hanno mai chiesto alcun risarcimento per quelle vite che in seguito sono costate trent’anni di guerra con l’Etiopia con oltre 100000 vittime, nessuna gratitudine per aver perdonato il tradimento verso il popolo eritreo quando con i loro aiuti economici permisero al famigerato colonello Menghistu Hailemariam di bombardarli col napalm. Durante quei terribili anni in cui gli eritrei sfuggivano alle bombe l’Italia non riconosceva a quei pochissimi che arrivavano lo status da rifugiato e tanti si sono finti somali per avere i documenti di soggiorno. Quella classe dirigente ha preferito invece infilare la testa sotto la sabbia per non sentire le grida di dolore dei figli e dei nipoti degli ascari massacrati.
Avrebbero invece dovuto imparare a memoria le parole di un loro illustre concittadino Amedeo Guillet: “Gli eritrei furono splendidi. Tutto quello che potremo fare per l’Eritrea non sarà mai quanto l’Eritrea ha fatto per noi”.
Dal 1941, anno della disfatta italiana in Africa e del conseguente abbandono delle sue colonie, l’unico vero disgelo del rapporto fra i due Paesi è avvenuto con la visita del Premier Conte del 2018 in seguito alla dichiarazione di pace fra Etiopia ed Eritrea. Un momento storico in cui l’Italia davvero sembrava si fosse “desta” dall’oblio in cui aveva vissuto per lungo tempo. Un anno e mezzo fa la vice ministra agli Esteri Emanuela Del Re[1], che ha visitato proprio quella scuola e quella città nel dicembre del 2018, è rimasta talmente entusiasta da dichiarare in un’intervista rilasciata a Eritrea Profile: “Vorrei portare i miei figli qui in Eritrea, quindi la prossima visita sarà una visita di famiglia” promettendo addirittura l’ampliamento del percorso formativo con il liceo linguistico[2].
Dove sono finite quelle promesse? Che cosa è cambiato in così poco tempo?
Si sa che il Governo eritreo non è il solito governo africano che si fa zerbino di fronte agli interlocutori occidentali, lo ha dimostrato negli ultimi vent’anni. Infatti, pur di non volersi inginocchiare come fanno altri, ha subito due sanzioni degli USA, diversi tentativi di regime change e la terribile guerra dei migranti nella quale l’Europa, l’Italia in primis, si è trasformata in una “fabbrica di rifugiati” per svuotare l’Eritrea dei suoi giovani ed indebolirla per poi ricattarla. Ma l’Eritrea, come la Fenice, si è risollevata dalle proprie ceneri vincendo anche tutte queste battaglie. Il suo messaggio al mondo, che gli “esperti” italiani non riescono a cogliere, è stato: “Non siamo più i vostri ascari!”
Oggi il fallimento diplomatico italiano è più plateale, poiché le vecchie guardie alla Farnesina non colgono la realtà dei fatti. Non vogliono comprendere che i tempi nefasti del colonialismo sono oramai tramontati. Dovrebbero mostrare un po’ di umiltà per poter costruire un rapporto egualitario fra i due Paesi che si basi sul reciproco rispetto e farla finita con quell’atteggiamento paternalistico davvero seccante. E se dovessero scegliere di cancellare tutti i rapporti diplomatici con l’Eritrea, questa troverà altri partner europei con i quali fare affari ma l’Italia perderebbe un altro posto strategico in Africa dopo che è stata estromessa dalla Libia a vantaggio della Francia e della Turchia. Sarebbe comunque l’ennesimo fallimento della politica estera italiana come ben riportato dall’Huffingtonpost[1], soprattutto oggi che l’Eritrea è diventata l’ombelico del Corno d’Africa per i nuovi accordi di cooperazione con Etiopia, Somalia e Sudan. Per cui l’Italia rischia di essere allontanata e rimanere con un pugno di mosche in mano per la stessa regola che dice: “il nemico del mio amico è anche il mio nemico”.
La poca lungimiranza della politica estera italiana nel Continente Africano è anche figlia dei consigli di sedicenti “esperti di geopolitica” la maggior parte formati alla Bocconi ma i cui studi e preparazione lasciano molto a desiderare. Di sicuro non aiutano i giovani ministri a farsi un’idea della realtà. Solo per citarne uno, che si vanta di essere al 1° posto nel mondo “Think Tank to Watch” e al 15° posto tra i migliori 141 Think Tank europei, l’ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) scrive nel suo sito: “L’attività di ricerca dell’ISPI è volta all’analisi rigorosa e imparziale delle dinamiche geopolitiche, strategiche ed economiche del sistema internazionale, anche con l’obiettivo di avanzare proposte di policy”. Ed è su questa “analisi rigorosa ed imparziale” che nutro dei seri dubbi
Dopo aver letto tutti i loro studi farlocchi sull’Eritrea mi è sorto più di qualche dubbio anche su tutto il resto. Il lettore medio italiano non avrebbe gli strumenti per smentirli e questi sedicenti esperti non lo aiutano di certo a leggere bene la realtà di quel che succede in quell’angolo di mondo, essendo focalizzati sulla lente conta-immigrati. Invece di valutare i vantaggi che la pace nel Corno d’Africa porterà in termini di sviluppo economico e lavoro per i giovani, sono preoccupati che la pace possa bloccare ed ostacolare l’immigrazione. Oltre a decine di articoli recentemente hanno prodotto anche un video in cui esprimono la loro preoccupazione che l’esodo finisca.
Un titolo ISPI sulla pace recita così: “Tra Etiopia ed Eritrea è 'scoppiata' la pace. E adesso?”[1] avendo scelto un aggettivo del genere già nel titolo (perché a scoppiare sono sempre le guerre o le bombe) vi potete immaginare il contenuto. La stessa analista ISPI cinque mesi dopo in un altro articolo[2] scrive “…molti sospettano che, ora che i rapporti sono cambiati in modo significativo, il governo etiopico possa ripensare la propria politica verso i rifugiati eritrei, anche in vista della programmata chiusura di diversi campi profughi. L’apprensione è condivisa anche da coloro che erano arrivati precedentemente, timorosi che la pace possa tradursi in un mancato accesso allo status di rifugiato e, di conseguenza, ostacolare il processo di reinsediamento presso paesi terzi o interferire con il loro progetto migratorio”
Un giornalista analista ISPI, Enrico Casale, su Africa Rivista ad ottobre 2017 ha dato una falsa notizia “28 morti negli scontri tra i giovani e le forze di sicurezza, sarebbero morte almeno 28 persone, e un centinaio sarebbero rimaste ferite (il numero delle vittime e dei feriti non è mai stato comunicato ufficialmente)”[3]. La notizia fu subito smentita, ovviamente non ci fu alcun morto. Diecimila eritrei residenti in Italia hanno comunque qualcuno in Eritrea, a casa tutti hanno il telefono, ci sono Internet Cafè, wi-fi, messenger, Whatsapp, Zoom, Viber, Youtube, Paltalk. Noi eritrei della diaspora sappiamo tutto ciò che succede nel nostro Paese prima e meglio degli altri sedicenti “africanisti”, “analisti” ed “esperti di geopolitica” occidentali. Lo zelante giornalista è stato quindi costretto a rettificare dalla Comunità Eritrea in Italia e due anni dopo ripubblica la stessa falsa notizia sulla pagina di ISPI. Tanto chi vuoi che se ne accorga!
Ma la “crème de la crème” degli analisti ISPI del Corno d’Africa è Lia Quartapelle, Deputata Pd, Commissione Esteri. La stessa che in occasione della festa dei primi 25 anni dell’Eritrea è stata così tanto poco diplomatica da scrivere un articolo[4] guastafeste. La stessa che in un’interrogazione[5] parlamentare di ottobre 2017 auspicava: “…il rinnovo del regime sanzionatorio nei confronti dell'Eritrea, che avrà luogo nel corso della presidenza italiana del Consiglio di Sicurezza dell'ONU…”.
A gennaio 2019, in un’altra interrogazione[6] sottolineava “la necessità di garantire il riconoscimento del diritto di asilo in Italia ai cittadini eritrei che ne fanno richiesta fintanto che non vengano garantite le libertà civili e non venga abolita la coscrizione militare obbligatoria nel Paese di origine”.
Passata l’euforia del nuovo percorso diplomatico tra Italia ed Eritrea la situazione fra i due Paesi sembra essersi nuovamente arenata fino a portare alla chiusura della scuola italiana.
Facendo il gioco “trova l’intruso” si viene a scoprire che dietro le quinte c’è il cambio dell’Esecutivo avvenuto con la caduta del governo gialloverde (20 agosto 2019) e la nascita del governo giallorosso, ossia il Governo Conte II (5 settembre 2019).
In Italia, famosa nel mondo per i suoi governi che ogni sei mesi o al massimo un anno cadono come i birilli del bowling, la Lega è stata sostituita con il Partito Democratico, che si è subito impossessato del Ministero dell’Interno e ha immediatamente riaperto i porti. Secondo la mia ben documentata esperienza in materia di immigrazione posso affermare, senza il timore di essere smentito, che il PD sia stato il partito che negli ultimi dieci anni più di qualsiasi altro ha sfruttato il fenomeno della migrazione dall’Africa, soprattutto quella dal mio Paese. Gran parte dei professionisti, istituzioni, Ong, volontariati, che si occupano di immigrazione sono legati al PD che ha piazzato i suoi iscritti e simpatizzanti in tutti i campi d’accoglienza ricevendo in cambio un notevole consenso politico.
L’inesperienza dei giovani politici del M5S non poteva che soccombere davanti all’astuzia di chi da decenni è abile a navigare in acque torbide (avremo conferme di ciò alle prossime elezioni regionali). Questo nuovo accordo di governo, inevitabilmente, non poteva che impattare negativamente sul percorso di pace nel Corno d’Africa.
Del resto come si può pretendere di costruire un rapporto di amicizia fra due Stati se uno dei due (l’Italia del PD) sottobanco vuole trasformare i giovani cittadini dell’altro in rifugiati favorendo l’immigrazione clandestina per fare business economico e politico? Quale Paese si può fidare di un partner del genere? Il PD vede l’Eritrea come il semenzaio dell’immigrazione e, per continuare ad esistere politicamente, ha bisogno di continui sbarchi per impegnare il suo elettorato, con l’aureola in testa, nell’accoglienza. Versano lacrime di coccodrillo, con i media complici, e accusano il Governo africano di brutalità di ogni genere per impedirgli di combattere il fenomeno dell’immigrazione. Questa è l’ennesima forma di ingratitudine perché, invece di essere trasformati in “rifugiati”, i nipoti degli ascari dovrebbero poter entrare in Italia legalmente con tutti gli onori e senza il bisogno di alcun visto. Gli eritrei dovrebbero sentirsi in Italia come in una seconda Patria. Invece, chiedetelo alla vostra ambasciata di Asmara quanti visti vengono negati agli eritrei che per venire in Italia avrebbero anche validissimi motivi di ricongiungimento familiare. Ma no, i democratici, a quanto pare, vogliono che continuino ad arrivare qui con i barconi della morte.
Il Partito Democratico, così come qualche personaggio estremista che in passato ha proposto di abbattere i monumenti dell’era fascista, ha mal digerito la dichiarazione di Asmara patrimonio UNESCO 2017 credendo fosse costruita dai fascisti e dimostrando ancora una volta l’ingratitudine verso il Governo Eritreo che silenziosamente ha lavorato per oltre 16 anni per far sì che Asmara diventasse patrimonio dell’Umanità. Ora vogliono chiudere la scuola italiana credendo di riuscire a cancellare il passato ma si illudono perché la Storia rimane con tutte i suoi obbrobri e non potrà essere dimenticata, al massimo ci si potrà convivere.
Alla fine, così come si dice che tutte le strade portino a Roma, si potrebbe dire che oramai qualsiasi argomento in Italia porti all’Immigrazione perciò mi chiedo: il Governo Conte ha pensato cosa significhi la chiusura della scuola italiana di Asmara per quelle migliaia di ragazzi che hanno investito anni dei loro studi per poter legittimamente ambire al diploma?
Il Governo Conte ha previsto le conseguenze se volessero a tutti i costi volere quel diploma?
Cosa saranno disposti a fare quei ragazzi?
Chi avrà le possibilità economiche potrà trasferirsi ad Addis Abeba dove c’è un'altra scuola italiana ma gli altri?
Il Governo Conte non teme di aver reso migliaia di ragazzi dei potenziali “rifugiati” che potrebbero pensare di indirizzarsi via deserto e mare per venire in Italia con la speranza o la testardaggine di completare i propri studi?
Suona quanto mai strano l’atteggiamento del Ministero Affari Esteri che, dimostrandosi indifferente alle varie lettere, appelli ed interrogazioni parlamentari a favore della riapertura della scuola, invece firmi un accordo con la Caritas, l’UNHCR e con 11 università tra cui quella di Bologna e la Luiss di Roma per offrire a sedicenti rifugiati eritrei presenti in Etiopia, persone che non parlano nemmeno l’italiano, un programma di laurea magistrale trasformando i “corridoi umanitari” in “corridoi universitari”. Invece ai ragazzi eritrei che hanno frequentato il liceo anche con ottimi voti non concede nemmeno una borsa di studio.
Qual è il messaggio del Governo Conte agli studenti della scuola italiana di Asmara? Tentate la fortuna in Etiopia, diventate “rifugiati” che poi vi veniamo a prendere con l’aereo della Caritas?
[1] Chiude la scuola italiana di Asmara. La débâcle del soft power nazionale https://www.huffingtonpost.it/entry/chiude-la-scuola-italiana-di-asmara-la-debacle-del-soft-power-nazionale_it_5f4cd911c5b6cf66b2baa582
Daniel Wedi Korbaria scrittore eritreo, ha pubblicato numerosi articoli in italiano poi tradotti in diverse lingue. Ad aprile 2018 ha pubblicato il suo primo romanzo “Mother Eritrea”.