Francia e Italia potrebbero essere le prossime economie a crollare

Francia e Italia potrebbero essere le prossime economie a crollare

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Francia e Italia potrebbero essere le prossime economie a crollare, scrive Satyajit Das, editorialista del quotidiano britannico "The Independent".

Rispettivamente la tredicesima e la nona potenza economica mondiale, con redditi pro capite di 34.500 e 40.400 dollari, i due paesi hanno una forza lavoro istruita e produttiva, infrastrutture sviluppate e un notevole capitale economico e sociale. Entrambi i paesi sono potenze agricole e industriali, con posizioni di forza nei prodotti tecnologici, di lusso, nell'alimentazione e nella moda; sono importanti esportatori e mete turistiche.
 
La Francia ha anche una prospettiva demografica favorevole, con un tasso di natalità appena sopra il livello di sostituzione soprattutto tra la popolazione immigrata. 

Tuttavia, i due paesi condividono una crescita lenta, disoccupazione, scarse finanze pubbliche e problemi strutturali. Hanno avuto difficoltà a riformarsi e sono alle prese con un ambiente politico sempre più ostile.
 
Il debito reale italiano  ammonta al 259 per cento del prodotto interno lordo, il 55 per cento in più rispetto al 2007; quello francese al 280 per cento del Pil, il 66 per cento in più dal 2007.

In un contesto di bassa crescita e bassa inflazione, col debito che aumenta, Francia e Italia non possono evitare una crisi finanziaria.
 
Il vero problema è la mancanza di competitività, e fattore comune a molti di questi problemi è la moneta unica. 

All'inizio dell'anno scorso, Yanis Varoufakis, all'epoca ministro greco delle Finanze, dichiarò che l'euro era fragile come un castello di carte e che alti funzionari italiani la pensavano allo stesso modo ma non potevano dirlo perché anche l'Italia è a rischio di bancarotta. Immediata fu la replica del ministro dell'Economia Padoan che parlò di "sostenibilità" del debito italiano: un atteggiamento, secondo l'autore dell'articolo, indicativo della negazione italiana e francese della precarietà della loro situazione.

Manca, conclude l'autore, la volontà di affrontare i problemi dell'euro e dell'incompatibilità tra moneta unica e sovranità nazionale dei membri della zona euro

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