Il Mondo post globale attuale deve scegliere tra benessere diffuso o catastrofe totale
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di Michele Blanco*
Il cambiamento climatico, nuovi conflitti bellici, migrazioni di massa e disinformazione sono i maggiori rischi dell’attualità che viviamo e ogni volta che uno di questi eventi si aggrava influisce molto negativamente sugli altri. È questa la pericolosa dinamica delle quattro principali problematiche che minacciano il mondo contemporaneo.
Uno studio serio serio e scientifico ad affermarlo nel suo rapporto conclusivo: 19esima edizione del Global Risks Report 2024, lo studio a cura del World Economic Forum che si pone l’obiettivo di stilare la classifica della percezione dei rischi globali. Ogni anno questo report viene presentato dal palco del congresso di Davos: il nome dell’edizione di è molto evocativo: ricostruire la fiducia.
La Fondazione per l’innovazione politico-economica raccoglie ogni anno le previsioni sui rischi globali intervistando 1.490 esperti tra accademici, imprenditori, capi di governo, esponenti apicali della comunità internazionale e della società civile. Le risposte per il report 2024 sono state raccolte dal 4 settembre al 9 ottobre 2023 e confluiscono in due modelli: uno con orizzonte a due anni e uno a dieci anni. Per la prima volta al primo posto nella graduatoria dei principali problemi che il mondo dovrà fronteggiare entro due anni troviamo, giustamente, la disinformazione. Infatti tra i rischi legati all’intelligenza artificiale e alla facilità con cui si possono, e vengono quotidianamente, diffuse fake news non potevano essere diverse le conclusioni dello studio.
A convincere gli esperti del World Economic Forum che questo è il problema principale c’è l’importante dato di fatto che nel corso del 2024 saranno chiamate al voto oltre 4 miliardi di persone: dagli Stati Uniti alla Russia e Taiwan, come già avvenuto, passando per Regno Unito, Turchia, India e poi Bielorussia, Indonesia, Brasile. L’elenco è lungo e coinvolge anche i 400 milioni di cittadini europei per l’elezione del nuovo Parlamento.
Tuttavia questa grande tornata elettorale si infrange contro uno scoglio che si chiama democracy index, che calcola come su 73 Paesi solo 43 avranno elezioni forse pienamente libere e democratiche, al netto della propaganda dei mass media sempre più nelle mani di un gruppo ristretto di persone che anche nelle democrazie più certificate influenzano in modo parziale le opinioni pubbliche. Diventa chiaro che gli effetti collaterali della negazione della democrazia non sono circoscritti al Paese che li subisce ma hanno un impatto devastante su tutta la comunità internazionale: perché accendono focolai che innescano la guerra civile e, a seconda dell’importanza di un’economia, rappresentano un rischio critico per il commercio globale e i mercati finanziari.
Se lo scenario al 2026 è cupo, quello al 2036 è apocalittico. Nel prossimo decennio, per il 63% dei partecipanti al modello di previsione del rischio globale, si manifesteranno cambiamenti climatici e geopolitici cosi significativi, incontrollabili e improvvisi che la nostra capacità di adattamento sarà spinta al limite, mentre i rischi ambientali potrebbero raggiungere il temuto punto di non ritorno.
Nella graduatoria dei rischi del prossimo decennio incombono al primo posto gli eventi meteorologici estremi a cui seguono, nelle tre posizioni successive, gli effetti più “silenziosi” del cambiamento climatico: dai cambiamenti critici del “sistema Terra” (scioglimento delle calotte glaciali, riscaldamento degli oceani); alla distruzione di interi ecosistemi e, al quarto posto troviamo infine la carenza di risorse naturali, prima ragione di gravi carestie. I pericoli della disinformazione, nel panorama di rischio al 2036, scendono alla quinta posizione.
Mai prima d’ora gli effetti del cambiamento climatico sul nostro pianeta, come quelli che sfuggono all’esperienza quotidiana come ad esempio l’erosione delle barriere coralline, erano entrati nella decina finale del rischio. Soprattutto, non era mai successo che a questo proposito venisse a crearsi una condizione di unanimità tra i differenti gruppi di opinione: tutti i gruppi degli esperti intervistati (dalla società civile al settore privato) incredibilmente concordano sul fatto che le traiettorie del cambiamento climatico ormai già in atto rappresenteranno un forte rischio critico nel prossimo futuro. Una visione di insieme che deriva dallo studio e ricerche condotte dalla comunità scientifica e dalle Nazioni Unite le quali, attraverso il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC), hanno certificato la gravità della situazione attuale.
Nelle considerazioni finali del Global Risks Report 2024 si sottolinea l’importanza che riveste l’ipotesi della formazione di un nuovo organismo internazionale controllato da tutti gli stati del mondo per provare a controllare democraticamente i rischi dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale senza controllo, per coordinare i progressi scientifici indispensabili alla riduzione degli impatti del climate change. Gli autori nelle conclusioni del report sottolineano quanto sia necessaria una spinta che inverta e limiti l’attuale frammentazione delle iniziative nazionali di ricerca e sviluppo.
Il World Economic Forum prova a richiamare alla responsabilità soprattutto il settore privato: «poiché la tecnologia evolve più velocemente della regolamentazione». Lo scenario più critico è che la corsa incontrollata per conquistare il primato nelle tecnologie di intelligenza artificiale alimenti un isolazionismo politico volto a salvaguardare i progressi tecnologici che, invece, è fondamentale condividere per moltiplicare l’innovazione, il progresso, e il benessere collettivo.
Uno strumento che, insieme alle coalizioni di Paesi che si impegnano per obiettivi climatici ambiziosi e adottano misure concrete di limitazione del proprio impatto ambientale, ci renda in grado di affrontare le sfide attuali e quelle del futuro che evolveranno in modo sempre più complesso e non facile da capire. Gli attuali e innegabili cambiamenti climatici dimostrano, con sempre maggiore evidenza, l’esistenza di un legame tra sfruttamento esagerato e irrazionale delle risorse ambientali da parte dell’uomo e le conseguenze che queste azioni hanno sul clima, sulla natura, sugli animali e sulla stessa salute dell’uomo, con impatti negativi di tipo economico e sociale, su scala mondiale.
La finanza dovrebbe avere più eticità perché essa ha un ruolo cruciale per consentire un cambio di paradigma e promuovere investimenti volti a favorire i processi di transizione energetica, sostenendo l’espansione di un’economia solidale e sempre più green. Importante è capire cole la scelta di investire i propri risparmi in modo etico permette di massimizzare i benefici e gli impatti positivi sulle persone e sul Pianeta per perseguire questi obiettivi nel lungo periodo, come maggiore benessere diffuso a tutte le persone, animali e piante, che popolano inl nostro pianeta. L’alternativa a queste conclusioni che potrebbero sembrare utopiche non esiste perché sarebbe solo la catastrofe totale.
*Già pubblicato su "UGUAGLIANZA.IT"