Israele abolisce di fatto il "Green Pass"

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La commissione israeliana istituita dal governo per contrastare la pandemia “ha deciso di restringere l’applicazione del certificato di vaccinazione ‘Green Pass’, stabilendo che sarà richiesto solo in occasione di eventi ‘ad alto rischio'”.

“Secondo le nuove linee guida, che entreranno in vigore a partire dalla mezzanotte di domenica, la prova della vaccinazione sarà richiesta solo in occasione di matrimoni e altre celebrazioni simili, nonché nei club e alle grandi feste”.

“Il governo ha affermato che l’elenco completo dei nuovi requisiti del Green Pass sarà distribuito nei prossimi giorni. L’obbligo di mostrare il pass dovrebbe essere revocato per eventi ricreativi e siti culturali, inclusi spettacoli teatrali, concerti e musei, nonché nei ristoranti”.

Il motivo di tale abolizione l’abbiamo riferito in un’altra nota, riportando le conclusioni dei consulenti scientifici di cui si avvale il ministero della Sanità israeliano, e cioè che la variante omicron rende il green pass del tutto inutile per quanto riguarda la tutela della salute pubblica.

Tale variante, hanno constatato gli scienziati israeliani, si trasmette allo stesso modo sia tra vaccinati che non vaccinati, per cui il green pass è del tutto inutile come presidio per ridurre  contagi e limitare così il dilagare della pandemia e delle patologie conseguenti.

Anzi, rischia di essere dannoso, creando false certezze sui vaccinati così da  favorire la diffusione del virus.

Si noti, peraltro, che la diffusione del virus tra la popolazione israeliana è analoga a quella italiana; da noi come nel Paese mediorientale, infatti, l’ondata omicron sta registrando un primo riflusso, avendo appena superato il picco della curva.

Si potrebbe reputare che a influenzare tale decisione sia il fatto che la popolazione israeliana sia ormai totalmente vaccinata. Non è così, dato che la percentuale dei vaccinati non ha influito sulla scelta e che al momento solo il 66% della popolazione è vaccinata con ciclo completo (da noi il 57%), percentuale al di sotto della soglia reputata come minima per ottenere un’immunità di gregge (prima del coronavirus, dopo tutto si è fatto più confuso e controverso, provocando diatribe vane, dato che metà di questo mondo ormai globalizzato non è vaccinato…).

A meno di non reputare che gli scienziati israeliani siano dei cialtroni, e si immagina che non lo pensi nessuno dei viroimmunologipandemici televisivi italiani, la domanda sorge spontanea: perché in Italia il green pass resta una misura, ancorché odiosa, che non può neanche essere messa in discussione?

Ci permettiamo di segnalare, come nota a margine, uno studio prodotto dagli scienziati della prestigiosa Johns Hopkins University che, analizzando i meta-dati relativi alla pandemia di Stati Uniti e America, conclude che  “i lockdown in Europa e negli Stati Uniti hanno ridotto la mortalità da COVID-19 in media solo dello 0,2%”.

“Ancorché questa meta-analisi concluda che i lockdowns hanno avuto effetti minimi o nulli sulla salute pubblica, hanno però imposto enormi costi economici e sociali laddove sono stati adottati. Di conseguenza, le politiche diretta a contrastare la pandemia attraverso l’uso dei lockdowns sono infondate”.

Si potrebbe obiettare che anche quello 0.2% non è un numero ma sono persone, cosa indubbia, e che anche quella minima percentuale potrebbe giustificare ila limitazione imposta.

Ma occorre considerare quanto è costato in termini di morti anche l’impoverimento delle moltitudini causato dalla pandemia. Un recente studio Oxfam ha calcolato che a causa di tale depauperamento globale, che ha reso ancor più multimiliardari pochi, si registra un morto “ogni 4 secondi”…

Altri scienziati quelli della JHU, stavolta non israeliani. O anche questi sono dei cialtroni oppure dovrebbero spiegarci perché, quando al tempo dei lockdown qualcuno osava metterne in dubbio l’efficacia, veniva etichettato come malvagio propalatore di Fake news e, come tale, censurato.

 

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