La caccia alle streghe negli Stati Uniti del secondo dopoguerra: il Maccartismo

La caccia alle streghe negli Stati Uniti del secondo dopoguerra: il Maccartismo

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di Paolo Arigotti

Il senatore statunitense Joseph McCarthy (1908-1957), eletto nelle fila del partito repubblicano, ha dato il suo nome a quel clima politico di sospetto e intimidazione che caratterizzò gli Stati Uniti d’America dei primi anni Cinquanta. Il termine maccartismo fu ideato dal disegnatore satirico Herbert Lock (Herblock), fortemente critico verso il senatore del Wisconsin; per la cronaca sarà sempre lui, negli anni Settanta, a scagliarsi contro il presidente Richard Nixon, per l’affare Watergate.

Tutto iniziò con un discorso tenuto da McCarthy nel 1950, a Wheeling (West Virginia) al club delle donne repubblicane, quando dichiarò di essere entrato in possesso di un elenco di comunisti che lavoravano presso il Dipartimento di Stato degli USA (il ministero degli Esteri federale): con questa “sparata” il senatore riuscì a suscitare l’interesse della stampa in una fase molto critica delle relazioni internazionali, in piena guerra fredda.

L’anticomunismo non fu certo un’invenzione di McCarthy: già a partire dagli anni Venti si era diffuso in America un sentimento antimarxista, ma fino a quel momento non si era mai trattato di un vero e proprio movimento di opinione. Una sorta di fase di “pacificazione” si verificò durante il secondo conflitto mondiale quando, grazie all’alleanza strategica con l’URSS in funzione antinazista, persino all’interno di alcune fasce dei ceti medi e dei circoli finanziari si erano fatte strada delle correnti filosovietiche. Tuttavia, conclusa la guerra e iniziata la nuova fase politica, già nel 1948 diversi esponenti del partito comunista americano (Communist Party of the United States of America – CPUSA), una formazione del tutto minoritaria, subirono condanne per reati minori, a dimostrazione del clima di progressiva diffidenza verso l’ideologia politica marxista. Si trattava, con ogni probabilità, di timori ingiustificati: il consenso per i partiti della sinistra negli Stati Uniti è sempre stato assai limitato: il miglior risultato politico fu quello ottenuto nel 1948 dal candidato della sinistra progressista (e comunista), Henry Wallace, già vicepresidente con Roosevelt, che raccolse poco più di un milione di voti.

Siamo nella fase storica che seguì la presa del potere in Europa orientale di una serie di regimi filosovietici, intervenuta tra il ’46 e il ’48, con tutte le critiche che investirono la figura del defunto presidente Franklin Delano Roosevelt, accusato di troppe concessioni in occasione della conferenza di Yalta. Inoltre, sempre in quegli anni, si era verificata un’ondata di scioperi che coinvolse milioni di lavoratori, l’esplosione della prima atomica sovietica, il blocco di Berlino e la conquista del potere da parte dei comunisti cinesi di Mao Tse-tung, seguita dalla guerra di Corea. Tutti questi eventi favorirono il crescere del timore – fondato o meno che fosse – della presenza di infiltrati appartenenti a potenze nemiche, diffusosi rapidamente a tutti a livelli politici ed amministrativi, come all’interno della stessa opinione pubblica.

La questione non era solo ideologica. La caduta di Chiang Kai-shek, il leader nazionalista cinese che riparò nell’isola di Formosa, colpì la lobby finanziaria della West Coast, che aveva importanti interessi in Cina; questo gruppo di pressione (etichettato come quello dei “nuovi ricchi”) divenne così uno dei principali finanziatori della campagna anticomunista statunitense, al contrario della tradizionale oligarchia, che preferiva tenersi in disparte rispetto alla nuova “crociata”. A finire sul banco degli “imputati”, tra gli altri, George Marshall, segretario di Stato USA, che aveva dato il suo nome al famoso piano di aiuti per la ricostruzione europea, sospettato di essere un agente al soldo di Mosca; le accuse rivolte contro di lui caddero immediatamente, grazie alla strenua difesa del presidente Harry Truman, ma il fatto in sé resta emblematico.

Sarà proprio Truman a parlare per la prima volta (1947) di una strategia di contenimento del comunismo, che da lui prese il nome; lo stesso Truman firmò a marzo 1947 l’ordine esecutivo numero 9835, col quale veniva approvato il cosiddetto programma per la lealtà dei dipendenti federali, che in pratica consentiva l’epurazione dei funzionari pubblici sospettati di simpatie comuniste. Nel 1950 la legge McCarran previde, in caso di guerra o di grave crisi internazionale, arresti o deportazioni di massa per cittadini considerati “di dubbia lealtà”.

A questo punto, possiamo comprendere come le famose dichiarazioni di McCarthy circa l’esistenza di una presunta rete di spie (che in realtà non c’era) non meravigliasse più di tanto: per quanto egli divenisse col tempo il simbolo stesso del nuovo clima da “caccia alle streghe”, non si può dire che fu lui il vero artefice.

Se dovessimo ricorrere ad un’espressione oggi molto in voga, diremmo che McCarthy fosse uno specialista in “fake news”. E non era cosa nuova per lui: per favorire la sua carriera politica (fu eletto al Senato nel 1946), aveva millantato una partecipazione a diverse operazioni militari nel corso della Seconda guerra mondiale, cucendosi addosso la fama di eroe, inventandosi di sana pianta missioni o fantomatiche ferite. Nonostante tutti i suoi sforzi, al giorno d’oggi McCarthy viene ricordato soprattutto per quel movimento d’opinione, ribattezzato in suo “onore” Maccartismo, caratterizzato da un atteggiamento politico radicale e preconcetto, all’origine di una sorta di isteria di massa, che colpisce determinati filoni di pensiero, di solito minoritari.

Dicevamo dello speciale organismo parlamentare d’indagine, costituito nel 1951, chiamato commissione per la sicurezza interna e la repressione delle attività antiamericane (il nome esatto era Permanent Subcommittee on Investigations, istituita nell’ambito del Government Operations Committee).

McCarthy ne divenne presidente nel 1952, prendendo il posto del collega John Parnell Thomas, e sotto la sua guida la commissione avrebbe acquisito grande risalto e visibilità, avviando una serie di indagini, che si tradussero in una lunga serie di attacchi personali, che investirono politici, funzionari pubblici, uomini di spettacolo e di scienza e/o cultura, spesso esposti al pubblico ludibrio e chiamati con disprezzo nemici della società americana. Poco prima dell’insediamento di McCarthy alla presidenza, si era verificato il cosiddetto caso dei coniugi Julius ed Ethel Rosenberg, membri di organizzazioni comuniste americane, processati (1951) e condannati a morte (1953) come spie per aver – secondo le tesi dell’accusa – rivelato segreti sulla bomba atomica all'Unione Sovietica; si trattò dell’unica condanna alla pena capitale della storia americana che colpì due cittadini statunitensi nel periodo della guerra fredda, con un impianto accusatorio giudicato molto discutibile. McCarthy, ad ogni modo, non ebbe alcun ruolo nella vicenda

Furono molte le “vittime”, anche eccellenti, della caccia alle streghe promossa dal senatore: numerosi impiegati statali, furono licenziati per “ragionevoli motivi” (che poi divennero “ragionevoli dubbi”), a causa delle presunte simpatie marxiste. Per alimentare sospetti e accuse erano sufficienti talvolta gesti o condotte assai banali, come aver acquistato determinati libri, preso parte a spettacoli o incontri organizzati da legazioni straniere, avere parenti iscritti a partiti o associazioni marxiste. Il lavoro degli inquirenti – ma forse sarebbe più corretto parlare di veri e propri inquisitori - venne agevolato dall’FBI (la polizia federale), guidata da J. Edgar Hoover, che favorì lo sviluppo di una rete di delatori, l’identità dei quali restava quasi sempre sconosciuta, circostanza che finiva per promuovere denunce del tutto infondate, se non peggio frutto di livori personali o sciacallaggio. Ammesso e non concesso che alle accuse seguisse una fase giudiziaria (e nella maggior parte dei casi questo non accadeva), per il malcapitato di turno restava la gogna mediatica, che nuoceva al suo nome e alla sua reputazione molto più di qualunque causa legale.

Una delle personalità più conosciute a finire nel tritacarne fu Charlie Chaplin, il quale – accusato nel 1952 di attività antiamericane – non poté fare ritorno negli USA, dove abitava da diversi anni, a causa della cancellazione del suo visto; per la cronaca nessuna delle accuse nei suoi confronti venne mai provata, ma l’episodio mise comunque fine alla sua carriera cinematografica negli Stati Uniti, dove non sarebbe mai più tornato a vivere.

Nel 1959 dedicò uno dei suoi ultimi film – Un re a New York – proprio al maccartismo, ma la distribuzione della pellicola negli USA, nonostante il fenomeno politico fosse oramai tramontato, venne ostacolata dalla distribuzione statunitense. Furono coinvolti anche molti di coloro che avevano trovato rifugio negli USA dopo la presa del potere da parte dei nazisti, come il poeta e commediografo Bertold Brecht o lo storico Ernst Kantorowicz.

Un altro famosissimo uomo di spettacolo chiamato a deporre dinanzi alla commissione di McCarthy fu Walt Disney: inizialmente fu ascoltato solo come persona informata dei fatti per via di alcuni scioperi verificatisi durante la lavorazione del suo film di animazione Dumbo (1947), a sua volta venne colpito da accuse di simpatie marxiste. Per restare al mondo di Hollywood, citiamo tra gli altri nomi di personaggi coinvolti dalle inchieste: Robert Taylor, Louis B. Mayer, Adolphe Menjou, mentre personaggi come il regista Elia Kazan, l’attore Gary Cooper e il giovane cantante Elvis Presley ebbero il ruolo del solerte delatore a danno dei colleghi.

Non mancarono, naturalmente, i critici: contro il clima da caccia alle streghe si schierò il cosiddetto gruppo dei dieci di Hollywood (Alvah Bessie, Herbert Biberman, Lester Cole, John Howard Lawson, Ring Lardner, Albert Maltz, Samuel Ornitz, Adrian Scott e Dalton Trumbo), personaggi per la verità di non primissimo piano, che pagarono con la disoccupazione e anni di esilio dalle scene la loro opposizione. Per restare al mondo della cultura, furono coinvolti anche lo scrittore Arthur Miller e sua moglie Marilyn Monroe, che pare chiese aiuto alla famiglia Kennedy, o il compositore Elmer Bernstein, che perse così i contratti più importanti. In molte biblioteche e università si arrivò a portare via i libri degli autori sospettati di simpatie comuniste. Persino scienziati del calibro di Albert Einstein e Linus Pauling (futuro premio Nobel per la chimica) finirono sotto indagine. Quel che preme, però, dire è che la gran parte di queste indagini non sfociarono mai in veri e propri processi.

La commissione guidata da McCarthy si era così trasformata in una sorta di tribunale speciale: per via delle sue “inchieste”, il senatore conobbe nei primi anni Cinquanta una certa fama, con frequenti interventi sui mass media, che ribattezzarono Red Scare (paura rossa) la crociata antimarxista. Un suo ritratto, tutt’altro che lusinghiero, venne fatto dallo scrittore David Caute: “Le sue vanterie pugilistiche, il suo confessato amore per il denaro e il potere, per le donne e per tutto ciò che è carnale e grossolano, le sue avventure di guerra tra l'eroico e grottesco e il suo mitico ed aggressivo machismo, affascinano una nazione che vive ancora dei miti della frontiera.”, disegnando così uno spaccato non molto positivo della società statunitense.

Ci sembrano altrettanto forti nella loro lucidità le parole dello storico prof. Aldo Giannuli, il quale scrisse: “Il maccartismo fu soprattutto ma non solo anticomunismo, esso fu anche altro: fu il manifestarsi del pregiudizio antintellettuale da sempre latente, fu la rivalsa populista verso le classi più elevate, fu il materializzarsi di antiche fobie e nuove ossessioni. Ebbe certamente il consenso di vaste fasce popolari, ma non sempre questo è garanzia di qualità democratica.

Quando l’aspirazione delle classi popolari ad un miglioramento della propria condizione non imbocca la strada del conflitto di classe […] ma individua come suo bersaglio il singolo finanziere di cui si invidiano i privilegi, si liberano gli umori plebei del ventre guasto di un paese, che assumono la forma di una ondata populista ed oclocratica che è l'esatto contrario della democrazia. E, infatti, il maccartismo rappresentò il punto più basso della democrazia americana.”. Un’ondata di fascismo che aveva colpito il paese la definirà senza mezzi termini l’ex first lady Eleonor Roosevelt. In una pubblicazione del 1996, intitolata significativamente “Come si manipola l’informazione. Il maccartismo e il ruolo dei media”, il giornalista Andrea Barbato chiedendosi: “Perché il paese (gli USA) che ha fatto della libertà di stampa un mito si è fatto catturare, proprio attraverso i giornali, da un cinico propagandista, da un brutale mentitore? (riferendosi a McCarthy)”.

La spiegazione, secondo Barbato, era che: “L’America soffre di quello che Dwight McDonald (scrittore e filosofo americano) ha battezzato il feticismo dei fatti, e i giornali ne sono gli interpreti autorizzati… E le dichiarazioni, i gesti, le accuse, gli insulti di un senatore, uno dei cento uomini (allora erano 96) che hanno in mano il destino dell’America, sono eventi. Forse negativi, ma eventi”.

McCarthy non fu l’unico esponente politico – probabilmente neanche il più importante – del movimento anticomunista di quegli anni. Negli Stati Uniti esistevano, difatti numerose organizzazioni che si collocavano su questo filone, operanti sia in campo economico (come la National Association of Manufactures of the United States of America -Nam – o la Chamber of Commerce of the Us, che fu molto attiva nella distribuzione di volantini anti comunisti già durante la presidenza Roosevelt), gli industriali operanti nel settore della produzione delle armi, diversi alti ufficiali delle Forze armate, a cominciare dalla US Navy, per la maggioranza schierata su posizioni politiche di destra.

Le fortune del senatore non durarono a lungo. Già a partire dal 1954 l’opinione pubblica e la stampa cominciarono a dubitare dell’operato di McCarthy, giudicato troppo parziale e avventato, visto e considerato che molte delle accuse da lui promosse si erano rivelate nel tempo del tutto infondate.

Quando i suoi strali si indirizzarono verso i nuovi ed ipotetici colpevoli presenti (a suo dire) tra gli alti gradi delle forze armate, il suo prestigio subì il colpo finale. Lo stesso presidente Dwight Eisenhower, un ex militare e comandante supremo delle forze alleate durante la guerra mondiale, prese le distanze dall’alfiere della crociata anticomunista, cominciando a criticarlo apertamente; la strategia del contenimento dell’espansionismo sovietico, messa in atto dalla sua amministrazione nell’Europa orientale, si rivelò assai più efficace di tutte le “inchieste” di McCarthy. Fu lo stesso Senato, il 2 dicembre 1954, a votare contro di lui una mozione di censura, costringendolo a dimettersi dalla presidenza della sottocommissione speciale. L’organismo avrebbe proseguito i suoi lavori con molta minore enfasi, mentre McCarthy, che pure conservò, il seggio senatoriale, assistette alla fine della sua carriera politica, seguita di lì a poco dalla morte, avvenuta nel 1957, a soli 48 anni, pare dovuta all’abuso di alcool.

La scomparsa dalle scene di McCarthy non significò la fine dell’anticomunismo in America. Numerose organizzazioni politiche ne fecero la loro bandiera, come il Communist Commitee di Bellflower (California), il Communist Information Center di Los Angeles, il Communist International di New York, il Communist Center 26 di Garden Grove (California), l' Help Fight Communism di Chicago, il Research Insistute on Communist Strategy,  la Propaganda della University of Southern California di Los Angeles, l' Anti-Subversive League of South Dakota, la Wide Awake Anti-Communist Crusade dello Iowa,l' Anti-Communist League of America dell'Illinois, e tante altre. Nel 1959 l’imprenditore Robert Welch fondò la John Birch Society (Jbs), con l’obiettivo non riuscito di unificare tutte le organizzazioni anticomuniste del paese.

Si parlò, inoltre, di appoggi alla causa antimarxista promossa da Welch da parte dell’organizzazione supremazia e razzista del Ku Klux Klan, accuse mai dimostrate, mentre legami furono instaurati con la Anticommunist League di Hollywood, che vantava tra i suoi membri attori del calibro (è il caso di dirlo) di John Wayne, Ronald Reagan, Adolphe Manjou e Charles Coburn. Campagne di stampa furono organizzate per segnalare o boicottare pellicole che fossero considerate filocomuniste (ad esempio quelle con Humphrey Bogart). Tra le organizzazioni post-maccartiste segnaliamo l'American Security Council, costituita a Chicago nel 1955 per iniziativa di alcuni ex agenti dell’FBI, che in passato avevano aderito ad associazioni d’ispirazione antisemita e sostenuto l’operato di McCarthy; l’ASC si occupò di organizzare incontri e conferenze su temi politici e militari, cooperando con finanzieri, ambienti accademici e organizzazioni di destra (pare lo stesso KKK), pur senza acquisire mai grande visibilità e operando spesso dietro le quinte. Il maggior referente politico di queste organizzazioni fu il partito repubblicano, difatti diverse anime di questi movimenti sosterranno la candidatura e l’elezione di Richard Nixon (già vice di Eisenhower) alla Casa Bianca.

L’inconsistenza di molte delle accuse del senatore ha fatto ritenere agli storici che se ne sono occupati che a muovere tutta la sua azione politica fosse stato non tanto un (vero o presunto) anticomunismo, quanto la volontà di sfruttare la “battaglia” per favorire la sua carriera politica. Il fatto che McCarthy avesse volutamente e proditoriamente “esagerato” non significa che in America non esistesse sul serio una rete di spie sovietiche. Pensiamo al cosiddetto Progetto Venona, una rete di collaborazione tra i servizi segreti americani e britannici proseguita fino ai primi anni Ottanta, la quale permise di decodificare le comunicazioni degli agenti segreti di Mosca negli USA, facendo emergere la loro consistenza e rilevanza: si trattava di circa 350 persone, ivi compresi molti funzionari governativi. Con questi ultimi, però, McCarthy non ebbe nulla a che vedere, visto che tali nominativi non figurano nei fascicoli d’indagine della sua commissione. A dimostrazione della rilevanza sociale del fenomeno, varie opere teatrali e cinematografiche e diversi romanzi, si sono occupati del maccartismo: ricordiamo Il crogiuolo di Arthur Miller (1953), lui stesso coinvolto nelle inchieste, che utilizzò il processo alle streghe di Salem come una metafora politica (contribuendo all’etichetta di “caccia alle streghe” successivamente attribuita al maccartismo), il romanzo distopico Fahrenheit 451, di Ray Bradbury (1953) o il film franco-statunitense Indiziato di reato di Irwin Winkler (1991), con Robert De Niro e Annette Bening.

Ma il maccartismo, a dispetto di tutto, non sembra un fenomeno o un’etichetta del tutto consegnata alla storia. In occasione della guerra in Iraq (2003) l’accusa di antiamericanismo è stata rivolta contro il giornalista Peter Arnett o il produttore Ed Gernon - che furono poi risarciti per la perdita del lavoro - per aver criticato l’operato del governo nelle operazioni militari. Il pericolo comunista – rinvigoritosi durante la presidenza Reagan, che definì l’URSS “impero del male” - pareva essere stato definitivamente archiviato con la fine della guerra fredda e la dissoluzione dell’URSS (1991), ma a quanto pare lo stesso non può dirsi per il clima di sospetto e caccia alle streghe contro il nemico ideologico (vero o presunto), pronto a scatenare la macchina del fango, oggi col supporto delle più moderne tecnologie. Quando la competizione politica o ideologica, a livello interno o internazionale, travalica i confini di un confronto acceso, ma leale, nel rispetto delle regole (e dell’avversario) si rischia ancora oggi di ricadere nel copione del maccartismo, termine che non caso torna spesso in auge.

Così se sul versante internazionale, per lo meno fino allo scoppio del conflitto in Ucraina, il maggior nemico (economico) degli americani era rappresentato dai cinesi, con lo spettro del nuovo pericolo rosso - per quanto di autenticamente comunista nella Repubblica Popolare oggi resti ben poco - anche sul fronte interno si è assistito al rinfocolarsi di certe tendenze. Nel 2020, durante l’Amministrazione Trump, furono approvate le nuove linee guida sull’immigrazione e cittadinanza (U.S. Citizenship and Immigration Services - USCIS): si tratta di disposizioni che, nei fatti, limitano l’ingresso e il soggiorno negli Stati Uniti per tutti gli iscritti a partiti di ispirazione comunista, una misura letta da molti analisti in funzione anticinese. Nel 2017, nel corso della campagna elettorale, fu lo stesso Donald Trump ad accusare di maccartismo (inteso in senso di condotta sleale) i suoi avversari per presunte intercettazioni telefoniche ai suoi danni. È lo stesso copione si è riproposto – con la Russia sul banco degli imputati – in occasione delle ultime presidenziali, circa le presunte interferenze di Mosca nelle consultazioni elettorali (cd. Russia Gate), quasi una riedizione della guerra fredda, poi rivelatesi infondate.

Nel 2016 il giornalista Roberto Quaglia, riferendosi ai fatti di casa nostra, parlava di “Maccartismo 2.0” circa la tendenza del cosiddetto mainstream occidentale a squalificare l’informazione “non allineata”, etichettandola come Fake news o “complottismo”. La questione è tornata alla ribalta con la pandemia e con la crisi ucraina, creando un clima di contrapposizione, rispettivamente, tra favorevoli e contrari alla campagna vaccinale e nei confronti di coloro che siano ritenuti portatori di posizioni vicine alla Russia di Vladimir Putin. Non staremo qui a sindacare le ragioni dell’una o dell’altra parte, il problema resta casomai la “messa al bando” del pensiero differente, circa la quale è del tutto lecito esprimere molte riserve. La tolleranza il rispetto e il confronto restano l’unico antidoto contro qualunque forma di maccartismo, chissà se prima o poi apprenderemo questa importante lezione che la storia ci offre.

 

FONTI

www.treccani.it/vocabolario/maccartismo/

biografieonline.it/biografia-joseph-mccarthy

www.ilpost.it/2013/06/19/rosenberg-bomba-atomica

Aldo Giannuli, Le internazionali anticomuniste (vol. 1), Roma, 2005

it.wikipedia.org/wiki/Partito_Comunista_degli_Stati_Uniti_d%27America

www.storiologia.it/statiuniti/maccartismo.htm

www.sitocomunista.it/internazionale/usa/maccartismo.html

www.storiauniversale.it/5-IL-MACCARTISMO-LE-PURGHE-DEGLI-USA.htm

www.raicultura.it/storia/accadde-oggi/Il-maccartismo-colpisce-Charlie-Chaplin-59f803cf-a284-4c8f-ae08-9f210c7729ed.html

www.me-dia-re.it/fine-caccia-streghe-chiamata-maccartismo/

www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=10911

www.limesonline.com/cartaceo/cera-una-volta-il-fronte-occidentale

www.ispionline.it/it/pubblicazione/cera-una-volta-lamerica-26178

www.limesonline.com/cartaceo/come-fini-la-guerra-che-non-comincio-mai

www.avvenire.it/mondo/pagine/trump-accusa-obama-intercettazioni-telefoniche

www.ilriformista.it/il-maccartismo-e-in-mezzo-a-noi-stop-al-politicamente-corretto-131115/

it.insideover.com/politica/russia-e-stati-uniti-una-guerra-fredda-infinita.html

it.insideover.com/politica/gli-usa-contro-i-comunisti-limitato-lingresso-a-membri-e-affiliati-del-partito.html

pandoratv.it/roberto-quaglia-maccartismo-2-0-ma-mccarthy-e-mister-bean/

www.ansa.it/sito/notizie/flash/2023/05/15/-procuratore-speciale-fbi-non-doveva-avviare-il-russiagate-_ea4f23b6-32bf-4b11-9053-ae12700d6ec5.html

www.analisidifesa.it/2022/01/tra-maccartismo-vaccinale-e-deriva-illiberale-chi-valuta-il-rischio-strategico/

www.huffingtonpost.it/entry/beppe-grillo-da-biden-e-blinken-maccartismo-disastroso-contro-russia-e-cina_it_6064a129c5b6b6bedaf464a3/

 

 

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